Cresce di ora in ora il rischio di un conflitto in Europa. La Russia di Vladimir Putin sta ammassando un numero senza precedenti di uomini e mezzi militari in Bielorussia e ai confini dell’Ucraina minacciando un’operazione militare dagli esiti imprevedibili. Molti paesi occidentali stanno inviando armamenti a Kiev affinché possa difendersi meglio dalla ingiustificata aggressione russa e i venti di guerra hanno raggiunto il Mar Mediterraneo e il Mar Nero. La colpa dell’Ucraina? Voler diventare membro dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. Il 2022 era iniziato con grandi manifestazioni popolari in Kazakhstan contro il caro prezzi di gas e petrolio e presto dilagate in una vera e propria rivolta contro il satrapo Kassim-Jomart Tokayev, soffocata nel sangue dalle truppe di Mosca. La Cina di Xi-Jinping, dopo avere occupato illegalmente una grande porzione del Mar Cinese Meridionale, continua ad inviare ogni giorno decine di aerei militari nello spazio aereo della piccola e democratica Taiwan, per ricordarle che la riunificazione con la madrepatria è inevitabile e sarà realizzata con ogni mezzo possibile.
L’Iran dell’ultraconservatore Ebrahim Raisi è sempre più vicino a raggiungere capacità di arricchimento dell’uranio tali da poter avviare un programma nucleare militare, che rappresenterebbe una minaccia esistenziale per Israele, per i paesi arabi firmatari degli Accordi di Abramo e per tutto il Medio Oriente. Il 21 gennaio del 2022, Cina, Russia e Iran hanno promosso delle esercitazioni militari congiunte nell’Oceano Indiano confermando un’asse politico e militare sempre più coeso fra le autocrazie. Se c’era ancora bisogno di una conferma, i regimi dittatoriali e le autocrazie non solo rappresentano un vulnus costante per i milioni di esseri umani costretti a vivere senza libertà nei regimi stessi, ma la loro accresciuta assertività rappresenta sempre più un pericoloso fattore di instabilità globale. Per troppo la tempo la comunità delle democrazie si è illusa che la globalizzazione delle economie sarebbe stata una condizione sufficiente per diffondere pacificamente democrazia, libertà e diritti e che lo status quo dei regimi autoritari fosse immutabile e persino una garanzia di stabilità nelle relazioni internazionali. Così non è stato. E a poco sono serviti decenni di appeasment, realpolitik e relativismo culturale nei confronti dei regimi. Le voci libere che abbiamo ascoltato fin qui sono state chiare su questo punto. Lo ha ricordato bene il dissidente russo Nathan Sharanky: «Oltre trent’anni dopo la carta del Muro di Berlino il mondo libero continua a sottovalutare il fascino universale dei suoi ideali: anziché riporre la propria fede nel potere della libertà di trasformare rapidamente gli Stati autoritari, è troppo spesso ansioso di instaurare una coesistenza pacifica ed una distensione nei confronti dei regimi dittatoriali». La storia si è dunque rimessa rapidamente in moto e l’Occidente ha una sola possibilità: tornare ad essere se stesso, abbandonando la comfort zone della «fine della» storia” e accettando la sfida della competizione fra “democrazie” e autocrazie. Per fare ciò occorre, avviare un nuovo e più ambizioso progetto, che veda l’articolato sistema delle democrazie, con i propri valori e le proprie organizzazioni, protagonista di una nuova stagione globale, nella consapevolezza che i regimi e le dittature possono anche cadere: il cambio di regime delle ultime satrapie del pianeta, dipende anche da noi, dal mondo libero. Serve, dunque una nuova agenda delle democrazie, in grado di globalizzazione i diritti; promuovere e diffondere democrazia e stato di diritto; sostenere la dissidenza nei regimi non democratici; rafforzare le “infrastrutture della democrazia” nei paesi in transizione; sostenere con più convinzione stampa libera, multipartitismo, università, sindacati, organizzazioni della società civile. La globalizzazione dei diritti può diventare l’asse lungo il quale costruire una politica estera innovativa per l’intero Occidente. Soltanto cosi sarà possibile porre fine alla stagione della recessione democratica ed ai rischi di ulteriore diffusione del virus del totalitarismo. Un mondo senza dittature è possibile.