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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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L'Opinione - Il Foglio - Il Riformista - La Repubblica Rassegna Stampa
08.04.2009 Frattini in visita in Medio Oriente
La cronaca di Stefano Magni, un editoriale dal Foglio, l'intervista a Hezbollah, una breve da Repubblica

Testata:L'Opinione - Il Foglio - Il Riformista - La Repubblica
Autore: Stefano Magni - La redazione del Foglio - Francesco De Leo .La redazione di Repubblica
Titolo: «Le armi di Hezbollah e le parole di Assad - Ministro Frattini ci pensi bene - Il mondo spiegato da Mr. Diplomazia di Hezbollah - Libano, l´impegno di Frattini 'Pressioni su Israele per la pace'»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 08/04/2009, l'articolo di Stefano Magni dal titolo " Le armi di Hezbollah e le parole di Assad ", dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Ministro Frattini ci pensi bene ", dal RIFORMISTA, a pag. 11, l'intervista di Francesco De Leo a Ali Dagmoush, responsabile per gli Esteri di Hezbollah, dal titolo " Il mondo spiegato da Mr. Diplomazia di Hezbollah " e da La REPUBBLICA, a pag. 16, la breve dal titolo "Libano, l´impegno di Frattini 'Pressioni su Israele per la pace' " preceduti dal nostro commento. Sull'argomento , invitiamo a leggere nella rassegna di oggi, la critica a ANSA.

 Ecco gli articoli:

L'OPINIONE - Stefano Magni : " Le armi di Hezbollah e le parole di Assad "

Libano e Siria sono le due tappe della missione mediorientale del ministro degli Esteri Franco Frattini. Oggi incontrerà il presidente/dittatore siriano Bashar al Assad e il suo omologo di Damasco Walid al Moallem. Libano e Siria sono (volente o nolente) accomunati dal 1975 (dallo scoppio della guerra civile libanese e dal conseguente intervento siriano) e tuttora sono legati da una serie di intrighi politici più o meno oscuri. Non è chiaro quanto Damasco soffi sulle ceneri del conflitto interno, appoggiando l’opposizione interna e il partito islamista Hezbollah, per mantenere la sua egemonia sul vicino. Hezbollah e l’opposizione filo-siriana condizionano il governo da quasi un anno, dopo un vero e proprio golpe contro la maggioranza e gli accordi di Doha. In questo contesto, Frattini ha auspicato che le prossime elezioni, che si terranno in giugno, siano libere. Sulla missione di interposizione Onu Unifil2, al confine fra Israele e Libano, Frattini è più ottimista (o diplomatico) dell’ex ministro della Difesa Antonio Martino (che voleva ritirare il contingente italiano, visto che Hezbollah si riarma comunque) e ritiene che la forza internazionale, guidata dal generale italiano Claudio Graziano, sia “essenziale”, perché “...altrimenti questo territorio cadrebbe sotto il controllo di quelle che Israele, a torto o a ragione, considera organizzazioni pericolose”. Allo Stato ebraico, invece, Frattini ha rivolto l’appello perché si ritiri dal villaggio di Ghajar, controllato dall’Idf dal 2006. Il disimpegno, possibilmente prima delle elezioni libanesi, “sarebbe un segnale importante per la comunità internazionale”. Comunque non è Israele ad aver innescato la miccia del conflitto libanese, ma la Siria, che ha armato e sostenuto politicamente Hezbollah. E’ probabile che oggi, a parole, i siriani si dimostrino concordi su tutto con il ministro italiano. Ma che i loro termini abbiano un significato differente rispetto al nostro. “Siamo d’accordo su tre cose: terrorismo, pace e armi di distruzione di massa. E in disaccordo su altre tre: terrorismo, pace e armi di distruzione di massa”, scriveva l’ex ministro siriano Mahdi Dahlallah dopo l’incontro fra Assad e le delegazioni di Obama. Uno studio approfondito condotto dal Middle East Media Research Institute rivela quante insidie diplomatiche vi siano nei negoziati con Damasco. Ad esempio emerge chiaramente dalla stampa siriana che il regime baathista locale (che ieri festeggiava il suo 62mo anniversario) si considera vincitore sugli Stati Uniti e su Israele, vede questa distensione diplomatica occidentale come la prova della sua vittoria. Mentre l’Occidente cambia politica nei suoi confronti, la Siria ritiene di aver mantenuto fermamente la sua linea di appoggio al terrorismo (che loro chiamano “resistenza”) contro Israele. E’ convinta che occorra stroncare il “terrorismo di Stato” israeliano per avere la pace nella regione. E che occorra eliminare le armi di distruzione di massa: quelle di Israele. Appoggiando contemporaneamente il “pacifico” programma nucleare iraniano. Questo è quel che pensano i vertici del regime di Damasco che oggi Frattini si appresta ad incontrare.

Il FOGLIO : " Ministro Frattini ci pensi bene "

Ai primi di giugno, più o meno contemporaneamente alle elezioni europee, i libanesi andranno alle urne per eleggere il Parlamento, dove oggi siede una maggioranza indipendente dall’influenza siriana, che però è stata decimata dagli attentati che le hanno impedito di eleggere un proprio candidato alla presidenza della Repubblica, costringendola alla fine ad accettare quella del capo delle forze armate. Franco Frattini, in visita al paese dei Cedri esprime la speranza, giustissima, e la convinzione, che lo è assai meno, che la consultazione sarà libera e democratica. Alla competizione parteciperanno candidati di Hezbollah, partito armato che, secondo un recente studio del Pentagono, è passato da una struttura guerrigliera a quella di una forza armata vera e propria. Un partito armato, finanziato dalla teocrazia iraniana, è in grado quantomeno di intimidire elettori e avversari: la sua sola presenza rende assai dubbio il carattere libero della consultazione popolare. Ovviamente non spetta a una diplomazia straniera intervenire nel processo politico di un altro paese, ma questo dovrebbe consigliare un po’ di prudenza. La missione di Frattini in medio oriente, i suoi incontri con esponenti libanesi di tutte le fazioni e con i dirigenti del regime siriano, fanno parte di uno sforzo diplomatico multilaterale che punta a far ripartire con la mediazione turca le trattative tra Siria e Israele. L’obiettivo, per quanto assai arduo, è lodevole, ma finora, nonostante gli sforzi profusi, per esempio, da Nicolas Sarkozy, non ha registrato progressi. Frattini ha ribadito, in ogni occasione e anche nei suoi incontri in Libano, l’amicizia italiana con Israele della quale ha dato prova concretamente denunciando la bozza antiisraeliana della conferenza dell’Onu sul razzismo. Non è lecito nutrire dubbi sulle sue intenzioni, ma queste raramente sono sufficienti a rendere praticabile un terreno disseminato di ostilità preconcette e di fondamantalismi irriducibili che non meritano alcun avallo seppure indiretto.

Il RIFORMISTA - Francesco De Leo : " Il mondo spiegato da Mr. Diplomazia di Hezbollah "

De Leo intervista, ascolta e riporta. Forse se avesse fatto consocere il suo pensiero attraverso qualche domanda che contestava le affermazioni dell'intervistato, rendeva un servizio ai lettori. Peccato che non l'ha fatto. Infatti,  Ali Dagmoush dichiara : " Noi su questo abbiamo una visione assolutamente democratica. Nella terra di Palestina esistono cristiani, ebrei e musulmani. Ci piacerebbe potessero vivere insieme, pensiamo ad uno Stato in cui possano convivere tutte le diverse comunità (...) Israele è nato su terra palestinese, ha violato il diritto di un altro popolo. Come faccio a riconoscere una persona che occupa la mia casa, la mia terra? ".
Dall'intervista emerge chiaramente che l'unico obiettivo di Hezbollah è la distruzione di Israele e non la nascita dello Stato palestinese.
Israele, secondo Dagmoush, è nata su terra palestinese. Questa affermazione non ha alcun fondamento, dal momento che, prima della nascita di Israele, non esisteva in quella zona uno Stato palestinese.
Come citare il Libano come esempio di democrazia e convivenza pacifica fra religioni diverse ci sembra pura illusione. L'unico Stato democratico in Medio Oriente è Israele. Ecco l'articolo:

 Periferia sud di Beirut, pomeriggio afoso, la primavera si è presentata così in Libano. È l'ora del tramonto, tantissimo traffico, il rumore dei clacson delle macchine si confonde con il suono della musica araba proveniente dalle autoradio. Sono appena uscito da un grande suv nero con vetri oscurati, un membro di Hezbollah mi ha portato qui senza che potessi vedere la strada e mi ha affidato alla guardia del corpo di Ali Dagmoush, ulema e responsabile delle relazioni esterne del "Partito di Dio". Questa parte della città è casa loro, grande prevalenza sciita, controllo assoluto del territorio con staffette in motocicletta, ma il livello di attenzione è comunque massimo. Mi perquisiscono all'ingresso di una palazzina anonima tre ragazzi muniti di radiotrasmittente. «Assalamu alaikum», «Benvenuto», e su fino al primo piano. Altri controlli e poi l'ingresso in una piccola stanza, divanetti in pelle nera, la bandiera gialla di Hezbollah accanto a quella libanese con il cedro.
Qualche minuto e Dagmoush fa il suo ingresso, turbante bianco, vestito nero, barba ben curata e grande sorriso. Comincio a chiedergli qualcosa sull'omicidio di Kamal Madanat, numero due dell'Olp, ucciso lo scorso 23 marzo in Libano. Dopo gli accordi di Doha, il Paese sembrava relativamente pacificato e proiettato verso le prossime elezioni politiche del 7 giugno e questo delitto eccellente ha nuovamente agitato le acque. «Teniamo tanto alla stabilità del nostro Paese e vigiliamo anche sulla sicurezza dei campi profughi palestinesi. Qualche volta possono accadere problemi imprevisti. Non credo», mi dice Dagmoush, «che questo delitto sia conseguenza dei conflitti nella comunità palestinese. Credo ci sia la mano sionista. L'obiettivo è quello di creare divisioni…ma non abbiamo prove, solo supposizioni».
Ancora tre mesi e il Libano voterà per le quanto mai attese elezioni politiche. Sondaggi e analisi danno l'opposizione, capeggiata dagli sciiti di Hezbollah e rafforzata dai cristiani, nettamente in vantaggio sul fronte del "14 Marzo", guidato da Saad Hariri, figlio del premier assassinato. «Il nostro obiettivo è ovviamente quello di vincere», dice sorridendo il leader di Hezbollah. «Si partecipa alle elezioni per questo e per questo ci impegneremo. Ma vorrei tranquillizzare tutti, se dovessimo perdere non accadrà nulla. Siamo attesi da un esame importante e se perderemo vorrà dire che i libanesi non ci avranno scelto. Qualsiasi dovesse essere il risultato proporremo comunque un governo di unità nazionale con la partecipazione di tutti i componenti della scena politica libanese. Siamo convinti che il Libano potrà andare avanti solo con un'alleanza tra la sua maggioranza e la sua opposizione».
Hezbollah in questa fase predica moderatismo e si impegna per la stabilità. Convinto della vittoria, il Partito di Dio vorrebbe accreditarsi come affidabile futura classe dirigente. Uno dei punti più controversi della prossima campagna elettorale sarà senz'altro quello del suo armamento. «La questione delle armi di Hezbollah è strettamente legata al tavolo del dialogo, coordinato dal Presidente della Repubblica Siniora e composto da tutti gli esponenti della società libanese», dice Dagmoush. «Oggi in questo tavolo si discute di una strategia di difesa per proteggere il Libano da un'eventuale futura aggressione israeliana. L'opinione di Hezbollah è che una resistenza nel sud del Libano, come forma di sostegno all'esercito libanese e all'unità dei libanesi, sia fondamentale. Tre sono gli elementi basilari per la sicurezza del Paese: l'unità del popolo, l'esercito e la resistenza. Il passato ha dimostrato che senza tutte queste componenti il Libano non è sicuro».
E i razzi partiti verso Israele dopo il conflitto nella Striscia di Gaza? Provenivano dal sud e avete detto di non saperne nulla? «Guardi che non siamo guardiani di frontiera per Israele, non siamo l'esercito libanese che ha il compito di vigilare sui confini, non siamo l'Unifil che ha la responsabilità del sud del Libano». Insomma la comunità internazionale vi teme, non riuscite a tranquillizzarla. Dopo le aperture di Obama, degli inglesi, potrebbe cominciare un nuovo dialogo che abbia come possibile punto di arrivo il riconoscimento dello Stato di Israele o lo esclude a priori? Ali Dagmoush riflette, si aggiusta gli occhiali. «Noi su questo abbiamo una visione assolutamente democratica. Nella terra di Palestina esistono cristiani, ebrei e musulmani. Ci piacerebbe potessero vivere insieme, pensiamo ad uno Stato in cui possano convivere tutte le diverse comunità. Il Libano non è un esempio in questo senso?».
Ma non ha finito: «Israele è nato su terra palestinese, ha violato il diritto di un altro popolo. Come faccio a riconoscere una persona che occupa la mia casa, la mia terra?». I caschi blu da due anni vigilano sulle intenzioni dei due Paesi. «Sino ad ora Unifil ha ben lavorato, non ha violato il suo compito e questo è incoraggiante. Ottimi i rapporti tra i soldati e la popolazione, bisogna proseguire su questa linea. Hezbollah si considera partner di Unifil. C'è una collaborazione quotidiana su tantissime questioni». È ora di andare. Guardo un quadro sulla parete, raffigurati i leader iraniani Khomeini e Khamenei. «La rivoluzione islamica», dice Dagmoush, «è stata la vittoria di un popolo che ha voluto cambiare. Per noi è un modello di Islam moderato e di democrazia». Cosa dobbiamo aspettarci da una vostra vittoria? «Il Libano non potrà mai diventare una Repubblica Islamica…se è questo che intende».

La REPUBBLICA : "  Libano, l´impegno di Frattini 'Pressioni su Israele per la pace'"

La redazione di REPUBBLICA, come al solito, "dimentica" che la capitale di Israele è Gerusalemme e non Tel Aviv.
Le dichiarazioni di Frattini, comunque, non sono riportate correttamente. Il ministro degli Esteri, infatti, ha detto che la soluzione dei due Stati non abbia alternative possibili e che la pace in Medio Oriente si deve basare
sull'iniziativa di pace araba e sull'esistenza di due Stati liberi e indipendenti.
Dalla breve di REPUBBLICA sembra che tutto ciò sia subordinato al volere del governo israeliano, quando è l'opposto. Frattini stesso non ha menzionato il governo israeliano, ma i Paesi arabi auspicando la loro iniziativa di pace.  Sottolineiamo, una pratica che REPUBBLICA applica solo a Israele, il fatto che a Netanyahu fa precedere  " conservatore " e a Lieberman " falco". Ecco la breve:

BEIRUT - Da presidente di turno del G8 l´Italia lavorerà affinché il processo di pace in Medio Oriente riprenda quanto prima con l´obiettivo di portare anche ad uno Stato palestinese «libero e indipendente», che viva in pace e sicurezza accanto a quello israeliano. E´ questo l´impegno formulato ieri a Beirut dal ministro degli esteri Franco Frattini nel corso della prima tappa della missione nella regione all´indomani dell´insediamento dell´esecutivo israeliano guidato dal conservatore Benjamin Netanyahu e dal "falco" Avigdor Lieberman al ministero degli Esteri.
Assieme all´Europa e agli Stati Uniti, ha garantito il responsabile della Farnesina, l´Italia si adopererà per «incoraggiare» il nuovo governo di Tel Aviv a muoversi nuovamente in questa direzione. Frattini, che oggi incontrerà a Damasco Bashar al Assad, ha assicurato quindi le autorità libanesi che «l´Italia continuerà a sostenere la riconciliazione nazionale e la stabilità» del paese.

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