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Il Messaggero Rassegna Stampa
20.01.2006 Elogi sperticati ad Hamas
Eric Salerno senza ritegno.

Testata: Il Messaggero
Data: 20 gennaio 2006
Pagina: 1
Autore: Eric Salerno
Titolo: ««Tel Aviv, un kamikaze sfida Olmert»»

Pletora di scorrettezze da parte di Salerno (a pag. 16 del Messaggero del 20 gennaio 2006), il cui articolo odierno è una vera e propria sfida al buon senso. I fatti: il terrorismo è tornato ad insanguinare Israele. Nessun morto, per fortuna, ma una ventina di feriti. Panico sociale, terrore, ma per Salerno "un kamikaze sfida Olmert". Ora, qualche settimana fa, in un articolo recensito da IC, il Nostro esprimeva una ferma condanna delle esecuzioni mirate israeliane, colpevoli, a suo avviso, di alimentare la fatidica "spirale della violenza". Apprendiamo quindi che per Salerno il controterrorismo israeliano è una sfida al processo di pace, mentre il terrorismo – quello che ammazza i civili innocenti – è una sfida a Olmert. Si dirà: sottigliezze; in fondo è solo retorica giornalistica. Così sarebbe, se i nostri sospetti sulla correttezza di Salerno non trovassero conferma nell’articolo vero e proprio; si badi che la cronaca dei tragici fatti di ieri occupano a dir tanto un quarto della scrittura; pagato il proprio tributo alla realtà, per il resto ci si abbandona ai sollazzi della retorica. Ecco l’articolo:

GERUSALEMME - Un attentato contro Israele e, in un certo senso, anche contro la direzione palestinese e gli sforzi per andare alle elezioni delle prossime settimane in un clima sereno.
Il terrorista, un residente di Nablus in Cisgiordania, aderente alla Jihad islamica, è riuscito ad arrivare nel cuore di Tel Aviv, accanto alla vecchia stazione degli autobus, ma è morto soltanto lui quando ha fatto esplodere la carica che portava con sé. I feriti sono una ventina, uno solo grave. «E' una risposta agli assassini mirati dei nostri militanti», la giustificazione dei terroristi della Jihad, movimento che non partecipa alle elezioni e che, al contrario di Hamas, non appare interessato a scegliere la via del dialogo con Israele.

Boh! "Via del dialogo con Israele"? Con un immane sforzo di immaginazione, Salerno arriva a dipingere come un docile interlocutore un movimento terrorista come Hamas, che tuttora rifiuta di riconoscere l’esistenza dello Stato ebraico (e il programma elettorale non fa eccezione in tal senso), e i cui leader non si risparmiano periodiche staffilate sulla necessità di buttare gli ebrei a mare.

Il premier pro tempore Olmert, ha riproposto la trattativa tra Israele e l'Autorità palestinese e sembra pronto a parlare anche con il movimento islamico ma soltanto se depone le armi. Olmert, comportandosi ormai da premier si è spinto oltre le posizioni di Sharon, offrendo nuove possibili aperture per la pace e contro i gruppi fanatici tra i coloni che, a loro volta, minacciano di reagire con la forza al progettato sgombero di una ventina d'insediamenti illegali sorti negli ultimi anni.
Per Olmert, dichiarazioni e progetti annunciati fanno parte della campagna elettorale per il rinnovo del parlamento e la nomina del nuovo premier a fine marzo. L'attenzione più immediata, però, è sul voto dei palestinesi. Il protagonista vero delle elezioni è Hamas che ha dimostrato nelle recenti municipali di saper conquistare una fetta considerevole del pubblico, stanco delle promesse mai rispettate e della corruzione che permea l'Autorità palestinese e Fatah, il partito guidato dal presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen). I dirigenti del movimento islamico stanno inviando segnali di moderazione, accompagnano richiami al diritto alla lotta armata con offerte di dialogo «dopo le elezioni», protestano contro le angherie israeliane come la chiusura, ieri, di un loro ufficio a Gerusalemme Est ma hanno deciso di non reagire con azioni armate e con il terrorismo del passato.

Paragrafo veramente incredibile. Vi leggiamo che Hamas si sta moderando perché, mentre rivendica la libertà di far saltar per aria qualcuno ogni tanto, per il momento se ne sta quieto e subisce "le angherie israeliane" senza reagire. Salerno non sembra nemmeno sfiorato dal sospetto che quella di Hamas sia solo una strategia per accreditarsi come legittimo competitore elettorale e, eventualmente, porsi alle redini di un governo palestinese attraverso un "golpe bianco", difficilmente contestabile dalla comunità internazionale.


A giudicare dai sondaggi, Fatah e Hamas conquisteranno la maggioranza dei voti ma nessuno dei due sarà in grado di governare senza la formazione di una coalizione. Fatah potrebbe cercare alleati tra le formazioni di sinistra e laiche che in passato riuscirono a ottenere un quinto dei 132 seggi del Consiglio legislativo. Questo lascerebbe Hamas all'opposizione. I fondamentalisti, a sentire i loro portavoce, sono disponibili alla creazione di un governo d'unità nazionale ma difficilmente Abbas potrebbe legarsi a loro se non si impegnano a riconoscere Israele e non rinunciano alle armi, due condizioni indispensabili per poter riprendere il dialogo sul futuro della Palestina.
Molto dipenderà dai rapporti di forza e Fatah conta sulla capacità del capolista Marwan Barghouti di trascinare la nuova generazione, soprattutto in Cisgiordania dove ha un grande seguito, sia tra le forze militanti, sia tra le persone che vedono in lui una specie di Nelson Mandela. Sta scontando una condanna a cinque ergastoli perché giudicato colpevole da un tribunale israeliano di aver ordinato una serie d'attentati durante la recente Intifada. Ovviamente, gli è impedito di condurre una normale campagna elettorale e il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, per paura di una vittoria di Hamas, ha chiesto alla comunità internazionale di esercitare pressioni su Israele perché consenta a Barghouti di parlare all'elettorato dalla sua cella attraverso la radio e la televisione palestinese. E' necessario «perché le elezioni siano libere e oneste», ha spiegato, che la parola sia concessa anche al leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina Ahmad Saadat, detenuto sotto controllo internazionale nel carcere di Gerico perché accusato di avere ordinato l'uccisione di un ministro israeliano.

Dulcis in fundo. Fatichiamo a comprendere – ma forse lo capiamo fin troppo bene – perché Salerno abbia voluto terminare il suo pezzo dando voce all’appello di Erekat affichè i pluriterroristi Barghouti, novello Mandela, e Saadat possano partecipare alla campagna elettorale.

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