Gaza, La malvagità in diretta TV
Commento di Deborah Fait

Arbel Yehoud circondata dai terroristi di Hamas e da una folla di palestinesi che inneggiavano "morte agli ebrei". Ieri abbiamo visto che cosa è la vera Gaza. Quando Liri Arbag, liberata nei giorni scorsi, parla di un popolo di "due milioni di terroristi" non sta esagerando.
Liri Albag, il nostro ostaggio liberata una settimana fa, ha detto a suo padre “Papà, a Gaza ci sono 2 milioni di terroristi”. Se l’avesse sentita qualche idiota propal sarebbe rimasto scandalizzato. Come, i suoi adorati palestinesi, terroristi? Secondo gli odiatori i terroristi sono gli israeliani “occupanti invasati, senza Dio”. Non c’è 7 Ottobre che tenga, tutto passato, secondo questi amanti della ferocia palestinese, passato come un’ombra da dimenticare subito, anzi da negare nel modo più assoluto. Oggi, con la liberazione di altri tre ostaggi, abbiamo avuto la continuazione del Sabato Nero di 482 giorni fa e abbiamo assistito, col terrore che accadesse qualcosa di irreparabile, alla malvagità di un intero popolo.
Non è facile descrivere quello che accadeva a Gaza mentre, davanti allo schermo della televisione, con il respiro che usciva a fatica, aspettando di veder comparire gli ostaggi, vedevamo migliaia e migliaia di belve assatanate e urlanti (ma non dovevano essere tutti morti di fame e di freddo?). La prima a comparire è stata Agam Berger, 20 anni, portata sul palco per la solita sceneggiata Pallywoodiana, le è stato ordinato di salutare, di sorridere ed è stata subito portata via. Vedere un addetto della Croce Rossa seduto accanto a un terrorista per firmare la liberazione di Agam è stato come tornare indietro di 80 anni quando la CRI era andata a Theresienstadt e, con i nazisti al fianco, aveva detto al mondo “Tutto a posto”. Si, tutto a posto mentre migliaia di bambini ebrei venivano raccolti per andare nelle camere a gas.
Quando Agam è entrata nell’auto che l’avrebbe riportata a casa, in Israele, la folla si è scatenata mentre aumentava di numero e urlava, urlava sempre più forte Allahu Akhbar, inneggiava a Yahya Sinwar, il loro eroe, il macellaio eliminato mesi fa dall’Idf.
Dopo un tempo che sembrava eterno abbiamo sentito la folla, un’immensità di gente, uno sull’altro, arrampicata sui muri delle case diroccate, sui tetti, urlare in modo disumano sempre più forte e abbiamo capito che stavano uscendo gli altri due ostaggi, Arbel Yehud, 29 anni, e Gadi Moses, 81 anni, unico sopravvissuto del consiglio del suo Kibbutz composto da 70 persone ammazzate il 7 Ottobre. Anche sua moglie era stata uccisa quel maledetto giorno. Mentre Arbel, protetta, loro malgrado, dai terroristi Ninja di Hamas e della Jihad, avanzava, terrorizzata, lentissimamente verso l’auto della CRI che significava la salvezza, le migliaia di palestinesi non avevano più freni inibitori. Abbiamo passato lunghi momenti di panico perché cercavano di colpirla con i pugni, persino con i cellulari, urlando insulti e maledizioni contro gli ebrei. Per fare un breve tratto di strada, saranno stati 20/30 metri hanno impiegato più di un’ora. A un certo punto i giornalisti della Tv israeliana si sono chiesti “e Gadi, dov’è Gadi”. Gadi non usciva, non lo portavano fuori, altre ore di panico. Poi finalmente si è vista, tra la marea ondeggiante di cappucci neri e bandane verdi, la testa bianca che le belve immonde cercavano di colpire a pugni. Sono stati portati anche i cinque lavoratori thailandesi rapiti nei kibbuzim ma, non essendo ebrei, non li hanno nemmeno guardati, le belve erano concentrate sulle macchine della Croce Rossa dentro le quali stavano i due ebrei che avrebbero linciato volentieri se avessero potuto. È stato mostruoso. Questa gente, dopo la carneficina del 7 Ottobre, dopo il rapimento di 250 innocenti quasi tutti morti nei buchi di Gaza, è ancora assetata di sangue. Però, per quasi 16 mesi, il mondo intero si è indignato perché Israele si stava difendendo e tentava di riportare a casa i rapiti. Durante questi lunghi mesi di guerra il mondo vigliacco si è preoccupato delle sofferenze dei rapitori ma mai dei rapiti. La solidarietà è stata tutta per le belve non per le loro vittime innocenti. Ipocriti fino alla nausea. Piano piano vengono alla luce alcuni particolari. Dopo un anno di cure qualcuno dei liberati racconta sebbene i punti neri siano ancora tanti e forse non sapremo mai tutte le nefandezze commesse a Gaza. Nella sua ultima intervista, l'ostaggio Amit Soussana, liberata dopo un mese di torture, ha raccontato come i terroristi l'hanno legata a testa in giù e picchiata con una mazza per poi violentarla. E non poteva mostrarsi che piangeva. Violenze, stupri a non finire. Ha raccontato di essere state obbligate a toccare i carcerieri e ad essere toccate a loro volta con la pistola puntata alla tempia…se non lo fai ti sparo…Per lunghi periodi erano tenuti nei tunnel, poi a fare gli schiavi nelle case dei bravi palestinesi o rinchiusi nelle sedi dell’Urnwa. A lunghi giorni di digiuno seguivano, soprattutto in vista della liberazione, giorni in cui erano supernutriti a base di pitte e riso. A volte li costringevano a bere acqua di mare. Prima della liberazione vengono sottoposti a una riabilitazione veloce e drogati per apparire vivaci e in forma. Malvagità pura non solo dei palestinesi ma anche degli squilibrati che in Occidente li difendono e condannano e maledicono Israele. D’ora in poi tutti noi guarderemo all’Europa con altri occhi, un’Europa che cammina indifferente sulle ceneri della Shoah e che odia i discendenti di quei 6 milioni perché hanno avuto l’adire di costruire, con sudore e sangue, il proprio Paese e di difenderlo disperatamente da altri nazisti. Non ci sono vittime innocenti a Gaza e oggi ne abbiamo avuto la prova. Un anno fa hanno ammazzato, ridendo, 1400 innocenti, hanno rapito 250 persone, adesso stanno dimostrando di non essere ancora sazi di sangue umano.
No, non ci sono vittime innocenti a Gaza, le uniche sono gli ostaggi ancora vivi e quelli morti ammazzati da una ferocia che nulla ha di umano.

Deborah Fait