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Deborah Fait
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L'arte dell'inganno di Hamas conquista anche chi non era nemico di Israele 02/03/2024

L'arte dell'inganno di Hamas conquista anche chi non era nemico di Israele
Diario di guerra di Deborah Fait

I punti certi della strage di civili a Gaza: gli spari israeliani e la  calca attorno ai tir di aiuti

Immagini di una strage. Palestinesi si accalcano attorno ai tir che portano loro aiuti alimentari. Resteranno sul terreno molti morti. I media, come sempre, prendono per buona solo la versione dei terroristi di Hamas.

È successo un’altra volta. Ricordate l’ospedale che, secondo i palestinesi, era stato distrutto da un bomba israeliana con dentro 500 morti? Non era vero niente, l’ospedale era là, tutto intero, e i morti erano resuscitati come per incanto. Una bomba palestinese, precisamente della Jihad islamica, ne aveva uccisi qualche decina nel parcheggio adiacente. La stessa cosa è avvenuta giovedì mattina alle 4,30 a Gaza. Una colonna di 30 Tir colmi di viveri è entrata nella Striscia, da Israele. Una folla di migliaia di palestinesi affamati si è lanciata all’assalto, calpestandosi, schiacciandosi, facendosi investire dai camion cui tentavano addirittura di tagliare le gomme per farli fermare, assalirli e saccheggiarne il contenuto. Risultato più di 100 morti, secondo Hamas. Chi ha avuto modo di guardare i filmati, ha visto immagini impressionanti di una quantità enorme di esseri umani che si aggrappavano ai Tir, che correvano da tutte le parti, che saltavano di camion in camion, talmente appiccicati da sembrare un unico corpo nero che improvvisamente si divideva in migliaia di puntini.
Naturalmente Hamas, immediatamente, si è messo a urlare al “massacro”. Cosa interessa loro della verità? E ricordiamoci che, da quando è incominciata questa guerra, i terroristi palestinesi hanno sempre sparato sulla loro gente affamata per rubare i viveri. Dopo molte ore, perché Israele è un paese che prima di dare una notizia fa un’inchiesta, il portavoce di Zahal, Hariri, ha dichiarato che Israele non aveva sparato un solo colpo contro la folla, che i soldati avevano sparato in aria per disperderla in modo che non si schiacciassero gli uni con gli altri. Naturalmente nella mente dell’opinione pubblica è rimasta la parola “massacro”, e naturalmente non poteva essere che israeliano perché i palestinesi sono buoni e cari. Durante tutta la giornata, Biden, la Meloni, Macron, e chi più ne ha più ne metta, hanno urlato contro Israele, chiedendo a “Tel Aviv” (quando impareranno il nome della capitale di Israele?) di dare spiegazioni. Mai che chiedessero la stessa cosa a Hamas. Contro Israele è stato detto e scritto tutto il male possibile, i social sono stati invasi da una caterva di insulti e maledizioni contro gli ebrei, qualcuno ha esposto un cartello con la scritta “Gli ebrei avvelenano il mondo”. Gli amici italiani non parlano più con i loro amici israeliani, colpevoli automaticamente, colpevoli perché è Hamas a dirlo e questo dannatissimo mondo crede ciecamente a un’organizzazione terroristica e sadica scagliandosi contro uno stato sovrano e democratico. Mi sembra di stare dentro una bolla di odio, io con tutti i miei fratelli israeliani, un odio che ci avvolge e non permette repliche. Dobbiamo sempre scusarci, spiegare sempre, sentirci spaventati, incazzati, accusati di colpe non nostre mentre gli altri, gli assassini, i barbari, sono rispettati e creduti senza nessun problema al mondo. Giovedì sera, dopo aver sentito le ultime accuse contro Israele da parte di Bianca Berlinguer e la sua corte, che diffondono il loro odio dalle reti di Piersilvio Berlusconi, avevo il cuore gonfio di amarezza e di rabbia. Cosa possiamo fare perché il mondo capisca? Cosa possiamo fare per non farci odiare così tanto, per evitare di essere sempre il capro espiatorio? Persino chi si è sempre dichiarato amico di Israele, persino uno come Sgarbi che non si allinea mai, è caduto nella trappola antisemita e ha creduto a quella parola urlata apposta dai terroristi, furbi come il demonio, certi di essere creduti: “Massacro”.  Ho ascoltato con la gola chiusa una canzone dal titolo “Machar ze igamer- domani finirà”. https://www.youtube.com/watch?v=Q9nzqdKHGCQ, da ascoltare anche se è molto triste. Queste sono le parole in italiano:

Domani finirà
1990, la Guerra del Golfo
Sono un bambino di sette anni che corre...
Dalla camera al rifugio con tutta la famiglia
Quando papà allunga gli elastici della maschera (antigas)
E alla radio i commentatori parlano come al solito
La folla per strada canta "Stupid Saddam"
E la mamma sussurra con gli occhi di tigre
"Domani sarà finita, domani sarà finita"
1994, esplode un autobus
Si sente il boom anche senza fare alcuno sforzo
La TV si sta già spostando nello studio del telegiornale
Poi alla slide: "Attenzione, immagini difficili"
Il vicino entra con un vassoio di dolci
E una triste Afula (città a nord), le strade fuori sono vuote
Solo mia madre ripete: "Deve funzionare,
Domani sarà finita, domani sarà finita"
2006, la seconda guerra del Libano
Sono in macchina e cerco parcheggio
Una marea di messaggi, parole in automatico
"Richiamati anche noi, vi faremo sapere presto"
E i nomi scorrono lenti, fiori che si colgono
La radio trasmette le canzoni più belle
E la mamma chiama un po' per piangere e parlare:
"Domani sarà finita, domani sarà finita"
2014, “una solida scogliera”
Tre soldati saltano su di una mina
La gente va in giro con la paura negli occhi
Ancora una volta un fiume di preghiere sul sentiero del cielo
Quanto ci costerà stare zitti e poi sparare?
trattano le persone come se fossero fatture
E mamma manda un whatsapp senza spiegazione
"Domani sarà finita, domani sarà finita"
E ultimamente - un punto interrogativo
C'è una situazione in cui ricominci da capo
speculazioni ovunque, il Paese è in delirio
Mio fratello tira fuori l'uniforme dall'armadio
E queste sono le nostre vite, ferite e consolazioni
Una cronaca di guerre
Una raffica in onore del sergente
Disegni dei bambini sui muri dei bunker
Solo mamma si rifiuta di arrendersi
"Domani sarà finita, domani sarà finita."

È dal 1948 che, generazione dopo generazione, speriamo che “domani finirà”, che ci lasceranno vivere in pace, che non ci ammazzeranno più, che non ci odieranno più, che non vorranno più farci saltare per aria e distruggere il nostro paese. Invece, generazione dopo generazione, i nostri figli e figlie, a diciotto anni, nel fiore della loro gioventù, devono andare a fare i soldati e a morire per difendere il paese. Quando finirà? Mai! È il solito vecchio antisemitismo che, come una spaventosa araba fenice, rinasce ogni volta da sé stesso.

Deborah Fait
Deborah Fait


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