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Deborah Fait
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Israele, dove sta l'apartheid? 03/09/2023
Israele, dove sta l'apartheid?
Diario estivo israeliano di Deborah Fait

L’ostilità e le menzogne che riguardano Israele hanno superato da anni i limiti della decenza. Le accuse fasulle dei media, le informazioni sapientemente inesatte che danno, l’antisemitismo che si legge nei social fanno sì che l’opinione pubblica sia continuamente bombardata da negatività nei confronti di questo paese che in 75 anni non ha mai potuto vivere un solo giorno di pace e serenità. Vorrei affrontare il tema che più affascina i commentatori politici, i media e il pubblico quando l’argomento è Israele: l’apartheid. Chi non ne ha sentito parlare? Chi non ha letto come Israele venga paragonato al Sud Africa? Chi non si è scandalizzato venendo a sapere che i poveri palestinesi sono limitati nei loro spostamenti in Giudea e Samaria e sono sottoposti a continui controlli? Bene, vediamo quale è la realtà. Yigal Dilmoni, amministratore delegato (CEO) dello Yesha Council che sarebbe un’organizzazione che fa da ombrello alle varie municipalità di Giudea e Samaria, spiega molto bene la situazione. Tutti sanno, perché lo scriviamo da anni, che quell’area è stata divisa, dagli accordi di Oslo, in A, B e C. L’area A è per solo palestinesi, l’area B dovrebbe essere in comune e l’area C dovrebbe essere solo israeliana. Gli arabi che vivono in Giudea e Samaria (Cisgiordania) possono usare tutte le strade ed entrare tranquillamente nei territori che non sarebbero i loro. Per gli ebrei entrare nell’area A diventa invece, secondo l’Autorità palestinese, un reato penale oltre al pericolo di venire ammazzati sul posto come purtroppo è accaduto varie volte, anche recentemente. Ne risulta che per i cittadini israeliani sono precluse un’infinità di strade, più del 40% del totale. 

Questa non è apartheid? Nei confronti degli ebrei però! Voi direte “ma i posti di blocco che impediscono lo scorrere del traffico da e per i “territori”? Certo! Vorrei ben vedere che non si possano controllare i possibili terroristi che ogni giorno tentano di entrare in territorio israeliano per ammazzare qualche ebreo. Ogni arabo palestinese può essere un possibile terrorista, il ragazzino, la donna (finta) incinta, il vecchietto apparentemente innocuo, il lavoratore con tanto di permesso di lavoro. Tutti possono avere bombe o armi nascoste addosso o dentro le automobili. Decenni di terrorismo li hanno fatti diventare dei veri maestri dell’assassinio. Allora, se i palestinesi possono avere a disposizione tutta l’area e gli ebrei solo il 35/49% dove sta l’apartheid? E cosa dire del Monte del Tempio che si trova a Gerusalemme, perciò in Israele? Chi ha il diritto di pregare sul Monte? Gli arabi. Solamente gli arabi. Gli ebrei possono salirvi solo in determinati giorni e ore, accompagnati dai soldati per proteggerli, non possono avere nessun libro di preghiera, non possono nemmeno muovere silenziosamente le labbra perché sarebbero accusati di pregare e verrebbero immediatamente assaliti dai poliziotti palestinesi che controllano ogni mossa. Inoltre, quando un gruppetto di ebrei, nei giorni e nelle ore stabilite, sale sul Monte, il luogo più sacro per l’ebraismo, viene regolarmente assalito da orde di donne e ragazzini urlanti, pagati per spaventarli e sputare loro addosso. Questa situazione va avanti dal 1967, è uno scandalo quotidiano di negazione della libertà di culto per gli ebrei. Non ho mai sentito, non ho mai letto, una sola condanna per questo sordido comportamento degli arabi palestinesi nei confronti dei fedeli ebrei, in Israele! Non una parola di critica è mai stata spesa per denunciare questa situazione unica al mondo per ingiustizia e oltraggio della libertà. In definitiva, gli arabi di Giudea e Samaria possono utilizzare tutte le strade che vogliono, gli ebrei no. Gli arabi possono salire sul Monte del Tempio, pregare, riempire le loro moschee di armi, fare picnic lasciando immondizie dappertutto, giocare a pallone sul luogo più sacro del mondo. Gli ebrei NO! Gli ebrei non vi possono nemmeno pregare in silenzio. Forza, parlate ancora di apartheid , se ne avete il coraggio.

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Deborah Fait


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