Il nuovo maccartismo di Biden
Commento di David Elber
Controllo doganale negli Usa: per i cittadini israeliani è diventato un calvario, per l'interrogatorio che è stato introdotto, come regola, per chiunque arrivi da Israele. Un caso unico per i paesi alleati degli Usa.
Da diverse settimane ottenere un visto di ingresso, per gli israeliani che vogliono recarsi negli Stati Uniti, è diventato un calvario. È questo atteggiamento non è certo degno di un paese che si professa “amico” o il “miglior alleato” dello Stato ebraico.
Stanno emergendo, infatti, sempre più numerose testimonianze di casi di veri e propri interrogatori presso gli aeroporti o gli uffici consolari americani, nei confronti di cittadini israeliani che vogliono entrare negli USA: un vero e proprio terzo grado che indaga sul loro ruolo avuto nelle IDF, sia in passato che nel presente. Le autorità americane stanno cercando di fare una autentica mappatura degli incarichi avuti nell’esercito dal soggetto interrogato. Se ha mai utilizzato esplosivi, se ha combattuto a Gaza o in altro fronte oppure se ha prestato servizio in Giudea o Samaria in qualità di soldato o di poliziotto. È quasi inutile sottolineare che tali richieste non sono mai state fatte a nessun Stato alleato degli USA. Tale format di raccolta informazioni sullo stato di servizio, appare uscito dall’ufficio del procuratore capo Khan del Tribunale Penale Internazionale. È importante sapere che l’esercito di Israele, come tutti gli eserciti del mondo, vieta la diffusione di notizie sensibili sull’addestramento o sugli incarichi operativi dei soldati, perciò le richieste americane obbligherebbero i cittadini israeliani a commettere un grave reato: la diffusione illegale di informazioni riservate. Perfino le convenzioni internazionali vietano un trattamento di questo tipo a meno che non ci siano delle circostanziate accuse di crimini di guerra.
La raccolta di informazioni pretesa dal Dipartimento dell’Immigrazione USA, riguarda sia l’attuale stato di servizio che quello passato coinvolgendo così tutti i cittadini israeliani. In questo modo gli USA vogliono ottenere una mappatura completa e dettagliata di tutte le unità dell’esercito, dei periodi di dislocamento in determinate aree, le armi utilizzate, le operazioni svolte ecc. Una cosa mai vista che potrebbe portare ad incriminazioni arbitrarie con il solo intento di criminalizzare lo Stato di Israele tramite i politicizzati tribunali internazionali. Un cittadino israeliano ha anche mostrato al quotidiano Ynet l’elenco delle domande scritte che gli sono state sottoposte per la pratica del visto, tra le quali si legge: «Come parte di questa dichiarazione giurata, devono essere poste le seguenti domande: “Hai partecipato come combattente a battaglie durante il servizio militare? Se sì, descrivi la tua attività/ruolo in queste battaglie; Hai comandato i soldati nell'esercito? Se sì, descrivi gli aspetti del tuo comando; Hai mai sorvegliato (o comandato ad altri di sorvegliare) dei detenuti? Hai usato esplosivi durante il servizio militare? In tal caso, dettaglia i tipi di armi o esplosivi su cui sei stato addestrato”. Semplicemente imbarazzante per una amministrazione che si dichiara “amica” di Israele. Infatti, nulla di tutto questo è chiesto o è mai stato chiesto, ad esempio, a nessun membro delle forze di sicurezza dall’Autorità Palestinese, anche se molti loro membri si sono macchiati di attacchi terroristici contro civili israeliani e per questo, loro o i loro famigliari, vengono pagati con i soldi dei contribuenti americani. Questo “trattamento” non è mai stato applicato neanche ai cittadini sauditi o degli Emirati (o di altri paesi della coalizione) che hanno condotto operazioni militari indiscriminate nello Yemen che hanno causato la morte di oltre 150.000 persone (la stragrande maggioranza civili) nell’indifferenza di tutto il mondo. Perché questo doppio standard unicamente nei riguardi di Israele?
Ma gli americani non sono gli unici ad applicare dei “trattamenti di favore” nei riguardi dei cittadini israeliani. Ormai sono settimane che si leggono o si sentono di cittadini israeliani che vengono regolarmente bullizzati negli aeroporti di Gran Bretagna e di altri paesi europei dagli addetti alla sicurezza degli aeroporti. È sufficiente mostrare il passaporto di Israele e si ha un trattamento degno dei peggiori terroristi.
Sud Africa e Australia si distinguono, invece, per aver minacciato di arresto i loro cittadini ebrei che vogliono arruolarsi nell’IDF (cosa non vietata dalle leggi locali) o che lo hanno fatto in passato. Questo per presunti crimini che hanno commesso o possono commettere a partire dal 7 ottobre. Mentre per il Sud Africa, questa politica è perfettamente in linea con la sua posizione fortemente anti-israeliana, la linea assunta dal governo australiano lascia senza parole. Anche se da quando ha preso il potere il premier socialista Anthony Albanese (nomen omen) l’ostilità dell’Australia si è fatta sempre più concreta a livello internazionale.
Purtroppo mancano ancora molti mesi alle elezioni di novembre e altre sorprese non mancheranno, soprattutto se l’amministrazione Biden non riuscirà a sbarazzarsi di Netanyahu prima del voto.
David Elber