E se Israele attaccasse l'Iran?
Commento di Antonio Donno
Missili balistici iraniani. Teheran non fa mistero di voler distruggere Israele. Attraverso i suoi terroristi mediorientali (Hezbollah, Houti e gli alleati di Hamas) sta già attaccando Israele. Un attacco preventivo israeliano contro l'Iran sarebbe dunque legittimo. Ma sarebbe molto pericoloso, per le sue conseguenze politiche e militari.
Nell’articolo pubblicato ieri su “Informazione corretta”, David Elber afferma che la situazione di stallo militare di Israele sia a nord, sia a sud (ma anche in Cisgiordania), impone un mutamento radicale di strategia da parte di Gerusalemme. Poiché è l’Iran, attraverso le sue organizzazioni subalterne (Hezbollah, Hamas, Jihad islamica), a manovrare l’offensiva contro Gerusalemme – nonostante la grave crisi di Hamas nella Striscia di Gaza –, occorre affrontare il nemico alla sua base politica e militare, iniziando un’offensiva diretta contro Teheran. Da un punto di vista puramente progettuale, il punto di vista di Elber è incontestabile, ma non sul piano delle conseguenze politiche e militari che ne deriverebbero per il Medio Oriente e, ancor più, a livello internazionale.
Innanzitutto, quale sarebbe la posizione degli Stati Uniti nel caso di un confronto militare aperto di Israele contro l’Iran? Washington si sentirebbe costretta a prendere parte, seppur non direttamente, al conflitto a favore di Israele? Si tratta di un interrogativo di grande complessità che pone in crisi alla base l’idea stessa che Israele possa contare sul sostegno americano, in un momento in cui sono prossime le elezioni statunitensi e lo stesso Biden appare fuori campo in un’eventuale situazione di questo tipo.
È indubbio che la potenza militare di Israele sia decisamente superiore a quella iraniana e che, ipoteticamente, il confronto avrebbe un esito favorevole allo Stato ebraico, ma il contesto internazionale potrebbe volgersi a danno di Gerusalemme. È noto che alle spalle dell’Iran sono presenti la Russia e la Cina, sulle quali da tempo il regime degli ayatollah fa affidamento sia sul piano economico, sia su quello militare. L’Iran è in una grave crisi economica e l’opposizione interna sarebbe pronta a scendere in piazza in caso di crollo economico del regime; nonostante questa drammatica realtà interna, la forza di Teheran consiste proprio nel sostegno politico, economico e militare del duo russo-cinese (in particolare su quello cinese, in ragione del fatto che Mosca non se la passa bene economicamente), il cui interesse è di radicarsi nel Mediterraneo Orientale e porsi in contrapposizione alla Nato.
In sostanza, una guerra di Israele contro l’Iran acquisirebbe dimensioni non solo mediorientali, ma internazionali. La realtà odierna vede Israele al centro di roventi critiche a causa del suo intervento nella Striscia di Gaza, intervento peraltro del tutto opportuno dopo gli orrendi fatti del 7 ottobre dello scorso anno. In caso di guerra israelo-iraniana, tali critiche costituirebbero la base ideologica e politica di un massiccio schieramento internazionale a favore di Teheran, cioè di un regime sanguinario che elimina brutalmente gli oppositori interni, comprese le donne che osano infrangere le regole islamiche cui sono sottoposte. La reazione internazionale isolerebbe ancor più Israele e si presterebbe a un intervento, ora di imprecisabile natura, di Russia e Cina a favore di Teheran. Solo in questo caso di drammatica entità globale Washington potrebbe sentirsi impegnata nella questione.
Nonostante la sua debolezza militare, che si è palesata nelle vicende recenti, l’Iran è protetto dal punto di vista politico e militare da Mosca e Pechino. Israele non è protetto dagli Stati Uniti, almeno da un punto di vista strettamente politico. Il quadro è pesante per Gerusalemme e l’apertura di un conflitto con l’Iran potrebbe aggravarlo, come si è detto. Insomma, la situazione di Israele è all’origine di una sorta di bipolarismo imperfetto, nel quale una delle due parti sembra porsi in vantaggio rispetto all’altra. Il trio Iran-Russia-Cina è in movimento e la recente visita di Putin a Pechino ha confermato la vicinanza tra le due potenze e l’impegno comune di creare un nuovo ordine internazionale. Teheran è lo sparring partner di questo progetto che tende a rovesciare l’assetto globale filo-occidentale che nacque dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Ecco perché è lecito domandarsi: dove sono gli Stati Uniti? E senza gli Stati Uniti, in questo contesto che si va delineando, Israele che cosa farà? La prospettiva non è rosea: i risultati delle elezioni americane ci diranno qualcosa in merito.
Antonio Donno