J.D. Vance: da hillbilly alla corsa per la vice-presidenza
Commento di Antonio Donno
JD Vance, candidato vicepresidente repubblicano. Rappresenta gli "hillbilly" ("bifolchi", in italiano) del MidWest: maschi, bianchi, disoccupati, rimasti a terra dopo il processo di de-industrializzazione contemporaneo. Ha narrato la sua vicenda e la sua gente in "Elegia Americana". Ora però aspira alla seconda carica dello Stato assieme a Trump.
Appena pubblicato da Garzanti nel 2017, acquistai e lessi Elegia americana di J.D. Vance, un libro bellissimo che consigliai ai miei amici. Oggi che Vance è candidato alla vice-presidenza per il Partito Repubblicano, sostenendo il “Make Again Great America” di Donald Trump, questo libro conserva un suo pregio. Gli hillbilly degli Appalachi – la gente semplice, gli zotici di una delle zone più povere degli Stati Uniti – sono i protagonisti di Elegia americana, ma ora, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali, sono i protagonisti della probabile vittoria di Trump. Ecco l’immagine degli hillbilly che nel suo libro Vance ci descrive: “Non c’è dunque da sorprendersi se siamo dei gran pessimisti. Anzi, […] i proletari bianchi sono il gruppo sociale più pessimista d’America”. Più dei latino-americani, più dei neri, scrive Vance. Egli era nato in quei posti e di quei posti aveva ereditato il significato della povertà e dell’isolamento. Andò via, ma tornò spesso in quei luoghi natii. In un colloquio con il cugino Rick emerse tutta la disperazione di quella gente: “‘Sono arrivate le droghe – disse Rick – e a nessuno importa più del lavoro’” (p. 25).
Vance ha compiuto un passo fondamentale nella sua esistenza. La pubblicazione di quest’unico libro lo ha portato a condividere posizioni politiche nelle quali gli hillbilly degli Appalachi e di tante altre zone povere d’America avranno un ruolo fondamentale nella vittoria di Trump e nell’ascesa alla vicepresidenza degli Stati Uniti dello stesso Vance. Così, un hillbilly, oggi ai vertici della politica americana, ci porta al di fuori della società del lavoro, a Middletown, Ohio, dove, però, il lavoro è un’aspirazione senza speranza: “Potete girare tutta la nostra cittadina, dove il 30 per cento dei giovani uomini lavorano meno di venti ore alla settimana, senza trovare una sola persona consapevole della sua pigrizia” (p. 60). Eppure, oggi, questa massa di hillbilly credono di trovare in Trump e nel loro conterraneo Vance la soluzione dei loro guai economici e di inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro che ancora non ha scalfito quelle terre, dove “la lealtà, l’onore e la durezza” (p. 68) venivano prima di ogni altra cosa, forse dello stesso denaro che era “l’ultimo dei nostri problemi” (p. 74).
Ora, però, la situazione è cambiata. Gli hillbilly hanno rialzato la testa e coltivano l’illusione che la vittoria di Trump e di Vance possa alleviare la durezza della loro vita, che comprende anche un fattore di importanza vitale: l’unità famigliare, sempre sull’orlo dello sfascio in quelle lande. Vance legge questa realtà da una posizione esterna alla situazione in cui visse la sua giovinezza: “Avevo passato tantissimo tempo solo a cercare di sopravvivere al mio ambiente, ma, adesso che avevo la possibilità di osservarlo da fuori, cominciavo a vedere il mondo in un altro modo. Ero spaventato, confuso, arrabbiato e deluso” (p. 141). Il vecchio mondo era “dominato da un comportamento totalmente irrazionale” (p. 145); ora, però, Vance, alle spalle di Trump, crede di fornire agli hillbilly quella possibilità di riscatto al quale non credevano più da generazioni. Vance si è liberato dalla triste realtà della sua terra in tempo per fornirci un quadro che oggi può portare alla vittoria di Trump e dell’ex hillbilly e a riconsiderare quello che aveva scritto a suo tempo in Elegia americana: “[…] Ho cominciato a capire quant’ero fortunato: ero nato nel paese più ricco del mondo […]” (p. 171) e oggi “[…] provo ancora lo stesso amore per gli Stati Uniti. So che è banale, ma è così” (p. 187).
Vance corre per la vice-presidenza degli Stati Uniti con lo stesso amore di una volta? Di sicuro, “nella mia testa, ero migliore del mio passato” (p. 224), scrive nel libro. La realtà che in questi giorni vive Vance non fa altro che rafforzare l’esito di un percorso di vita che lo ha portato ai vertici di quel mondo cui aveva aspirato dalla sua infanzia di hillbilly. Al di là del giudizio che ognuno di noi può esprimere su Trump e sulla sua seconda corsa alla presidenza, resta il fatto che il libro di Vance, applicato alla realtà americana del 2024, ci conduce per le strade che molti hillbilly hanno percorso dalla miseria ad una vita decorosa per se stessi e per la propria famiglia.
Antonio Donno