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Antonio Donno
Israele/USA
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Hamas ringrazia Biden 06/05/2024

Hamas ringrazia Biden
Commento di Antonio Donno

Joe Biden con Abu Mazen. La decisione del presidente americano di sospendere gli aiuti militari a Israele, è un favore a Hamas. Se Hamas dovesse restare a Gaza, anche se in una barriera territorialmente limitata, la situazione militare di Israele sarebbe nel tempo insostenibile all’interno della Striscia

Il gruppo terroristico di Hamas, sebbene rinchiuso a Rafah e dintorni, gode di un duplice vantaggio. Innanzitutto, ha nelle sue mani gli ostaggi israeliani – quelli che ancora sono vivi – e, in secondo luogo, è circondato da una massa di più di un milione di cittadini di Gaza che costituiscono un ricatto continuo nei confronti di Israele. Se la morte progressiva degli ostaggi è un fattore numerico sconosciuto, l’uccisione di un grande numero di gente della Striscia – se Israele dovesse attaccare l’ultimo bastione difensivo dei terroristi – sarebbe, al contrario, un fatto eclatante da esporre alla condanna internazionale. L’eccidio del 7 ottobre non ha più alcun significato nella contesa odierna all’interno della Striscia di Gaza.

     Infine, Hamas sfrutta abilmente il terzo, fondamentale vantaggio nella guerra: il ruolo degli Stati Uniti di Biden e del suo Segretario di Stato, Antony Blinken, il viaggiatore della Casa Bianca. Washington non si è inizialmente opposta all’operazione di Israele nella Striscia, ma al momento decisivo, quando Israele doveva assestare l’ultimo colpo alle restanti formazioni terroristiche a Rafah, ha opposto ragioni umanitarie alla definitiva mossa militare di Gerusalemme. L’opposizione di Biden e soci rappresenta un vantaggio inestimabile per Hamas, né tanto meno Washington è in grado di proporre un’alternativa sostanziale all’eliminazione di Hamas da parte dell’esercito israeliano. Così, il passare delle settimane ha incancrenito la situazione nella Striscia, costringendo gli israeliani a restare passivamente concentrati nelle posizioni acquisite con l’operazione militare fin qui condotta.

     Il fatto è che Israele, nonostante l’opposizione degli Stati Uniti, avrebbe forse dovuto concludere al momento opportuno la ripulitura di Gaza dalla presenza di Hamas, una volta che l’esercito di Gerusalemme fosse giunto vicino agli ultimi bastioni difensivi dei terroristi a Rafah. Conclusa l’operazione, è molto probabile che la questione di Gaza sarebbe scivolata in una diversa dimensione, quella della gestione a tutti i livelli della Striscia liberata dai suoi oppressori. Una questione molto complessa, ma all’ordine del giorno della politica internazionale. Al contrario, con il passar del tempo, l’opposizione degli Stati Uniti ha assunto i connotati di una imposizione; e Netanyahu e il suo governo di guerra si sono venuti a trovare in una posizione sempre più difficile, perché l’eventuale perdita del sostegno americano in una regione nella quale il pericolo dell’Iran si va diffondendo sempre più avrebbe complicato i rapporti tra i due Paesi. Qualche settimana fa, gli Stati Uniti hanno assicurato il loro sostegno militare a Israele, quando Teheran ha lanciato i suoi missili e droni con lo Stato ebraico. Netanyahu ha ben presente la situazione.

     Uno sguardo politico alla posizione dei Paesi arabi del Medio Oriente ci rivela una realtà precisa. I Paesi sunniti della regione vedono di buon occhio l’eliminazione definitiva dalla Striscia di Gaza della presenza di Hamas. Hamas è sostenuto politicamente e militarmente dall’Iran, esattamente come gli Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. In particolare, i Paesi arabi che con Israele fanno parte degli “Accordi di Abramo” sono convinti che la definitiva liberazione di Gaza dal dominio di Hamas conferirebbe maggiore sicurezza all’intera regione e, nello stesso tempo, sarebbe un duro colpo ai progetti egemonici di Teheran per la regione, per quanto Russia e Cina rappresentino un sostegno molto efficace per le mire degli ayatollah. La situazione generale del Medio Oriente è in bilico.

     Proprio per questi motivi, Washington dovrebbe astenersi dall’imporre a Netanyahu la rinuncia alla completa liberazione di Gaza dalla presenza di Hamas. La sopravvivenza di Hamas nella barriera di Rafah è un messaggio di resa di Israele – una resa di pesante significato politico – soprattutto per il prestigio di Gerusalemme nell’intera regione. Ma è una sconfitta anche per Biden e soci, che, nei fatti, perderebbero buona parte dell’autorevolezza acquisita nei confronti di Teheran nelle settimane scorse. Se Hamas dovesse restare a Gaza, anche se in una barriera territorialmente limitata, la situazione militare di Israele sarebbe nel tempo insostenibile all’interno della Striscia. Gerusalemme non potrebbe stanziare i propri militari a Gaza per un tempo indeterminato. Un ritiro israeliano sarebbe un esito di eccezionale gravità.

Antonio Donno
Antonio Donno                          


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