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Antonio Donno
Israele/USA
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I fatti di Russia e le loro possibili conseguenze 27/06/2023
I fatti di Russia e le loro possibili conseguenze
Analisi di Antonio Donno

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I fatti recenti in Russia, abbondantemente descritti e commentati dalla stampa internazionale, devono essere valutati in prospettiva. La prospettiva più vicina agli accadimenti riguarda ciò che essi possono aver insegnato a Putin. La sua posizione all’interno del regime russo può aver subito un arretramento sul piano del prestigio personale? I collaboratori di Putin sono ancora tutti concordi nel proseguire l’avventura ucraina? Questo è un aspetto fondamentale che per ora non riserva alcuna novità, ma che non deve essere escluso dal novero delle conseguenze che derivano e deriveranno dall’“affare Prigozhin”. La vicenda della Wagner e di Prigozhin può essere definita con il vecchio termine affaire, che contempla aspetti di un vero e proprio intrigo di natura politica, militare e di potere. Del resto, il regime di Putin richiama alla mente i complotti che si verificarono ai tempi degli zar e che, dopo il crollo del comunismo sovietico, si possono ripresentare nel contesto di un nuovo potere politico privo di quella cappa ideologica inclusiva, come nel caso del governo-regime di Putin.

     Nonostante il calo di prestigio politico che a Putin sta derivando dall’impresa, pur se fallita, di Prigozhin, è del tutto verosimile che Putin non cesserà di insistere nell’invasione dell’Ucraina, perché il contrario significherebbe il crollo definitivo del suo potere. Invece, il presidente russo potrebbe proporre a Lukashenko, presidente della Bielorussia, e forse a Xi Jinpeng – fin dall’inizio contrario all’invasione dell’Ucraina, pur senza manifestarlo apertamente per ragioni di legami politici con la Russia – di farsi portavoce, a livello internazionale, di una proposta di accordo tra Putin e Zelensky che possa mettere fine alla guerra. In questo caso, il giusto rifiuto di Zelensky potrebbe essere letto come la posizione di un guerrafondaio contrario alla pacificazione di un’area strategica di fondamentale importanza nello scenario internazionale. A questo punto, sarebbe importante capire quale sarebbe la posizione dell’Occidente, e, in particolare, degli Stati Uniti.

     Comunque, tutto questo sarebbe impossibile in considerazione degli attuali rapporti tra Stati Uniti e Russia e tra Stati Uniti e Cina, cioè l’asse portante dell’odierna politica internazionale. Il ritiro senza condizioni della Russia dall’Ucraina – evento fuori discussione, perché significherebbe, come detto, la fine di Putin – porterebbe all’uscita della Russia, di fatto, dal trio ai vertici del sistema politico globale, cosa che la Cina non potrebbe mai accettare. Ecco perché, in caso di una proposta di accordo, l’Amministrazione Biden si troverebbe in una posizione che colliderebbe con il suo grande impegno nei confronti dell’Ucraina. C’è da aggiungere che le prossime elezioni presidenziali americane non possono essere affrontate, con prospettiva di vittoria, da un Biden in ritirata sulla guerra in Ucraina. Sarebbe un enorme vantaggio per un Trump, eventuale vincitore delle primarie americane.

     Il regime di Teheran è in apprensione. L’indebolimento della Russia, a qualsiasi livello debba verificarsi, porterebbe un grave danno ai progetti iraniani di espansione egemonica nel Medio Oriente. Il sostegno di Putin si è rivelato, fino a oggi, molto importante per Khamenei e Raisi, che hanno aiutato militarmente lo sforzo bellico russo in Ucraina e che attendono dal presidente russo un sostegno politico fondamentale contro Israele. Se ciò dovesse avvenire, tutti i decennali sforzi di Netanyahu di avere il sostegno di Putin nell’area controllata dai militari russi in Siria svanirebbero e il dittatore Assad, oggi reintrodotto all’interno della Lega Araba e in una nuova posizione di forza in seno al Medio Oriente, riacquisterebbe un ruolo centrale nella lotta contro Israele.

     Il effetti, il duo Russia-Iran e in prospettiva il trio Russia-Iran-Siria configurano una situazione nel Medio Oriente di accresciuto pericolo per Israele. Ancora una volta, è il caso di ripetere che l’assenza degli Stati Uniti nella regione mediorientale rappresenta un vantaggio strategico per il trio che si è detto. Una prospettiva poco rassicurante per Israele.

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Antonio Donno

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