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Antonio Donno
Israele/USA
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Parlare di “nuova guerra fredda” non ha senso 08/04/2023
Parlare di “nuova guerra fredda” non ha senso
Analisi di Antonio Donno

Joe Biden apre la lotta sul bilancio e vira a destra su immigrazione e  crimine
Joe Biden

Da più parti si parla oggi di “nuova guerra fredda”. Niente di più errato. La presente tensione tra Stati Uniti e Russia (e Cina) ha poco o nulla da condividere con gli anni del confronto bipolare tra Washington e Mosca. Innanzitutto, perché la Cina non era per nulla invischiata nel confronto con gli Stati Uniti; anzi, le relazioni tra il comunismo sovietico e quello cinese erano compromesse per ragioni ideologiche. In secondo luogo, perché il confronto odierno tra Occidente e Oriente ha ragioni profondamente diverse da quelle degli anni della guerra fredda, gli anni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale, che videro le due potenze di quel tempo contendersi il primato per la conquista del mondo.

     Nel confronto odierno tra Stati Uniti e Russia-Cina è assente l’elemento centrale degli anni della guerra fredda: l’ideologia. Dalla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1989-1991 lo scontro tra l’Occidente liberale e l’Unione Sovietica comunista era fondato sul progetto di conquista del mondo dal punto di vista politico-ideologico. In particolare, Mosca era portatrice del messaggio comunista di liberazione del mondo dalla schiavitù capitalista, mentre Washington diffondeva i principi della libertà individuale e della libera impresa. Questo scontro aveva un radicale carattere ideologico e divise anche l’Occidente democratico in una guerra politica senza soluzione di continuità.

     La situazione attuale presenta i caratteri di un conflitto di tipo politico-economico che apparentemente non si fonda sullo scontro tra ideologie come ai tempi della guerra fredda. La Russia di Putin, su cui grava una pesantissima crisi economica, appare volta a vendicarsi della sconfitta storica subita dall’Unione Sovietica nel confronto pluridecennale tra comunismo e capitalismo, nel tentativo di recuperare parte del prestigio perduto a livello internazionale operando pressioni politiche su quegli Stati dell’Europa Orientale che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica o erano vassalli di Mosca. L’invasione dell’Ucraina risponde a questo progetto di carattere imperiale, per quanto i fatti dimostrino che si tratta di una prospettiva velleitaria: i Paesi dell’Europa Orientale, una volta comunisti, hanno messo in campo una politica di difesa dal pericolo russo avvicinandosi all’Occidente, anche aderendo alla Nato. 

     Diverso è il caso della Cina. Se per un momento si mette da parte il problema di Taiwan, che ha radici storiche particolari perché la Cina considera l’isola parte integrante del proprio territorio, Pechino non presenta alcuna velleità di conquista territoriale; anzi, come è noto, non ha apprezzato l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, anche se non lo ha mai dichiarato apertamente. La Cina contrasta l’Occidente sul piano economico e, con un abile progetto diplomatico di dimensioni globali, penetra in vari settori dello scacchiere internazionale da cui gli Stati Uniti si sono progressivamente ritirati, a partire dall’infausta politica internazionale di Obama. Tre sono – finora – gli indirizzi della politica internazionale che Pechino sta percorrendo: il Mediterraneo, l’Oceano Pacifico e il Polo Nord.

     Il Mediterraneo è per Xi Jinping un obiettivo di primaria importanza. Bagna tre continenti, presentando opzioni strategiche diverse ma interconnesse: il Sud dell’Europa e i Paesi dell’Asia Occidentale (Turchia e, più all’interno, Iran, Golfo Persico), punto finale della “via della seta”; quelli del Nord Africa, oggi in grave crisi economica (Tunisia, in particolare). Gli Stati insulari del Pacifico sono da qualche tempo nell’agenda politica di Pechino, come si è detto in altri articoli. Il Polo Nord è oggi nei progetti economici della Cina, perché dispone di risorse economiche ingenti, cui sono interessati anche Russia e Stati Uniti. Questa immensa area strategica sarà nel futuro oggetto di contrasti politico-economici rilevanti.

     Dunque, oggi, lo scacchiere internazionale si configura oggi in modo totalmente diverso rispetto agli anni della guerra fredda. Il confronto tra le tre grandi potenze non ha nulla di ideologico, non si basa sulla presunzione di rappresentare la migliore soluzione per il bene dell’umanità, ma punta ad assicurarsi posizioni sempre più favorevoli dal punto di vista economico. Si vedrà nel futuro quale sarà l’esito politico-strategico di questo conflitto economico.

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Antonio Donno
   

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