La crisi politica israeliana dà un segnale di debolezza e i nemici di Israele la considerano come l’inizio dell’implosione del “regime sionista”, aspettando il momento per colpire. Solo nelle ultime settimane una serie di eventi al confine nord indica l’aggravamento della situazione di sicurezza: l’attentato a Megiddo, tre attacchi in Siria attribuiti a Israele e un drone lanciato dalla Siria abbattuto dall’aeronautica israeliana questa mattina. Da qualche tempo Hezbollah sta aumentando le provocazioni contro Israele. Operativi dell’organizzazione terroristica sciita puntano dei laser ai cittadini israeliani che vivono sul confine, sia per disturbare la quiete sia per dimostrare che possono essere facili obiettivi di cecchini. Il confine nord da tempo è controllato da finte ONG ambientaliste al soldo di Hezbollah, che con nuovi avamposti svolgono attività di ricognizione e controllo. L’incidente più grave è avvenuto il 13 marzo, quando un esplosivo è scoppiato nell’area di Megiddo, ferendo gravemente un ragazzo arabo di 21 anni. Dell’attentatore si sa poco: libanese, infiltrato in Israele scavalcando il confine con una scala e fermato nell’auto di due israeliani a cui aveva chiesto un passaggio con una cintura esplosiva addosso. Alcuni analisti credono che vi sia un nesso tra Hezbollah e le cellule di Hamas operative nel sud del Libano, indicando una collaborazione tra le due organizzazioni terroristiche, come già avvenuto in passato nel caso del lancio di missili nel maggio 2021 e aprile dell’anno scorso. Nessuna dichiarazione ufficiale di Israele, ché richiederebbe un’immediata risposta. Chi ha invece rivendicato l’attacco sulle reti sociali è un altro gruppo: le Forze della Galilea - Lupi Solitari. Il gruppo è legato al “Movimento Palestinese dei Giovani per il Ritorno” che opera in Siria ed è finanziato dal regime di Assad e da Hezbollah. Alcuni dei recenti attacchi attribuiti a Israele in Siria hanno colpito anche le basi delle Forze della Galilea, che avrebbero ramificazioni anche in Giudea e Samaria, confermate dalle analisi delle interazioni nelle reti sociali. Tre di questi attacchi sono avvenuti nei giorni scorsi a Damasco e a Homs, in cui sono morti due iraniani delle Guardie della Rivoluzione, Meqdad Meqdani e Milan Heydari come reso pubblico dall’agenzia di stampa iraniana Mehr ieri. A Homs, gli attacchi attribuiti a Israele hanno colpito la base aerea Tiyas, vicino a Palmira, e l’aeroporto di al-Dabaa, vicino alla città di al-Qusayr, entrambe le zone sono conosciute per la presenza di Hezbollah. L’Iran ha minacciato un’azione di vendetta, mentre di recente anche Nasrallah di Hezbollah ha messo in guardia Israele. Se si guarda sulla mappa si comprende come il regime iraniano sia riuscito a creare un corridoio che attraverso l’Iraq arriva fino al Libano - il progetto di egemonia regionale pianificato ed eseguito da Qassem Suleimani, il capo delle Forze Quds eliminato da un attacco aereo americano nel 2020. Le accuse all’Iran si usare gli aeroporti siriani per intensificare il passaggio di armi con la scusa di portare aiuti umanitari dopo il terremoto che ha devastato parti della Turchia e della Siria a febbraio confermano solo la volontà del regime islamico di avvicinarsi sempre di più al conflitto con Israele. Le infiltrazioni di Hezbollah in Israele dimostrano la fermezza iraniana di voler incendiare il confine nord. Già a febbraio era stato fermato Gaith Abdullah, che aveva attraversato il confine con la Siria al soldo di un gruppo legato a Hezbollah: il “Golan File”. Quest’altro gruppo ha finalità di ricognizione e reclutamento, con operativi che vogliono agire in Israele per raccogliere intelligence e reclutare sostenitori tra la popolazione araba. Le politiche di Hezbollah le decide il regime iraniano - darà seguito alle minacce? Il riavvicinamento della Siria ai Paesi arabi, in particolare agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita potrebbe aiutare nel limitare l’influenza iraniana, ma con effetti per ora incerti. Israele continua con la politica di contenimento, ma un prossimo conflitto sembra sempre più vicino, che trascinerebbe Siria e Libano in una guerra che può solo aggravare la crisi economica e umanitaria dei due Stati. Giovanni Quer