Le priorità del nuovo governo

Benjamin Netanyahu
Il nuovo governo si è formato. Le critiche al programma politico della nuova coalizione avanzano in un clima di forte preoccupazione per i cambiamenti sociali che le proposte di legge vogliono introdurre. La campagna elettorale dei partiti religiosi oltranzisti parlava di ebraismo e sicurezza: proteggere l’identità ebraica di Israele e combattere la criminalità. Il programma della coalizione non sembra però rispecchiare queste priorità.
Il primo dibattito riguarda la proposta di modificare al legge contro le discriminazioni in modo da permettere a esercenti e liberi professionisti di non fornire servizi che considerano contrari alle proprie convinzioni religiose. La questione si è poi allargata ai medici, che potrebbero rifiutarsi di prestare cure contrarie alle convinzioni religiose (come a non-ebrei di shabbath o a omosessuali). Alla Knesset l’opposizione ha condannato le “liste nere” compilate da uno dei partiti della coalizione (Noam), pubblicate da YNet e Yediot Aharonot che comprenderebbero nomi di femministe, lesbiche e gay che lavorano nel giornalismo, nel mondo accademico e negli uffici del Ministero dell’Istruzione. Le femministe sarebbero responsabili della tanto contestata integrazione delle soldatesse nelle unità di combattimento.
Vale la pena soffermarsi sulle critiche al nuovo governo che provengono da giudici, politici, esercito e società - troppo facilmente ridicolizzate come posizioni ideologiche. Il Capo di Stato Isaac Herzog ha fortemente criticato i primi atti del nuovo governo, dicendosi preoccupato per il clima di intolleranza che emerge da parte dei politici della coalizione. Il capo dell’Albo degli Avvocati, che ha due rappresentanti nella commissione di nomina dei giudici, si è dimesso per il clima che ritiene pericoloso per la democrazia. Una lettera firmata da 78 giudici critica il programma di governo che ritiene dannoso per Israele come Stato ebraico e democratico, per i rapporti internazionali e per il legame con il mondo ebraico nella Diaspora. Più di mille veterani dell’aeronautica hanno sottoscritto una lettera indirizzata alla Corte Suprema richiedendo di opporsi fermamente al programma di governo.
Ci sono alcune domande che si fanno pressanti. Chi sono i nemici di Israele: l’Iran e i nuovi gruppi terroristi che vanno formandosi in un mondo palestinese in cambiamento, o i giudici della Corte Suprema? La propaganda populista è riuscita a trasformare la Corte Suprema in una lobby post-sionista alla stregua delle ONG che delegittimano e demonizzano Israele. La realtà è che l’esercizio della revisione costituzionale, prevista da tutte le democrazie, ha annullato solo in venti casi parti di leggi che erano contrarie ai principi fondamentali dello Stato di Israele come Stato ebraico e democratico - per la maggior parte su questioni fiscali ed economiche. L’immagine che le hanno affibbiato è tuttavia di un gruppuscolo di anti-sionisti.
Chi si oppone all’identità ebraica di Israele: le correnti anti-sioniste o le donne nell’esercito e gli LGBT nel giornalismo? L’idea che le donne nell’esercito indeboliscano la difesa di Israele è tanto infondata quanto la convinzione che la separazione dei sessi possa far del bene al “sesso forte” che sarebbe così debole da non poter controllare i propri istinti al solo sguardo del “sesso debole”, che sarebbe forte nella seduzione di menti e pensieri.
È ironico quanto invece l’operato sociale di parte della coalizione possa aprire lo spiraglio a nuove collaborazioni con dei partiti arabi, che su donne nell’esercito e LGBT la pensano molto probabilmente in maniera simile.
Alcune delle questioni più pressanti di questi tempi: l’Iran continua ad armarsi; lo scenario palestinese sta cambiando con nuovi movimenti e pericoli; le relazioni con la Giordania vanno migliorate per garantire la stabilità in Giudea e Samaria; il successo dell’integrazione dei Haredim (i cosiddetti ultra-ortodossi) e degli arabi ha bisogno di esser nutrito; l’esercito si sta professionalizzando e ha bisogno di nuove strategie per far fronte ai nuovi scenari; la criminalità nelle comunità arabe dev’esser combattuta; le infrastrutture del Paese devono esser rinnovate per una popolazione in continua crescita; la crisi immobiliare ha bisogno di una risposta.
In campagna elettorale le esternazioni estremiste passavano in secondo piano nella foga di proteggere uno Stato sempre sotto attacco e nella convinzione che gli unici a poterlo salvare siano un gruppo di politici che pretendono di rappresentare la popolazione israeliana. E tale convinzione si nutre di amore per Israele, di fiducia in Netanyahu e di un certo fascino per l’attivismo populista.

Giovanni Quer