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Giovanni Quer
Medio Oriente politica e società
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Qual è la notte più lunga dell’Iran? 26/12/2022
Qual è la notte più lunga dell’Iran?
Analisi di Giovanni Quer

U.N. decides to set up investigation into Iran protests | Reuters

Il 21 dicembre il mondo persiano celebra “Shab-e Yaldâ”, la notte più lunga dell’anno particolarmente infausta nella tradizione zoroastriana. Si celebra in famiglia, recitando poesie e mangiando anguria, melograno e noci. Una delle antichissime tradizioni che la rivoluzione islamica voleva cancellare, ma il popolo iraniano non ha ceduto. Quest’anno “Yaldâ non è la notte più lunga” è diventata la frase che raccoglie il dolore di famiglie e amici che hanno perso il loro cari nelle proteste e di una nazione intera che si ribella al regime. Nelle reti sociali si possono edere video e foto commoventi. La sorella di Javad Heydari, ucciso nelle proteste a settembre, ha pubblicato un video in cui commenta “la notte più lunga l’abbiamo passata girando la città cercando il tuo corpo.” 100 giorni sono passati da quando la morte di Mahsa Amini ha scatenato la furia di un popolo sotto il giogo di una dittatura islamista. Più di 500 i morti. E proprio per i 100 giorni gli iraniani si sono riversati sabato scorso nelle strade di Tehran, Isfahan e Mashhad. La settimana scorsa ci sono state manifestazioni in occasione dei 40 giorni dalla morte di Artin Rahmani, quindicenne ucciso nelle proteste a Izdeh. E poi a Sanandaj, l’epicentro delle proteste nella regione curda: i 40 giorni dalla morte di Isa Bigleri, Zaniarullah Moradi and Hamid Goli, sono stati occasione di altre proteste in cui si è urlato - “finché rimane almeno un curdo, rimarrà il Curdistan”. La propaganda di regime aveva tentato di incolpare i curdi definendo le manifestazioni come risultato di ingerenze straniere e dell’operato dei “ribelli”. I curdi hanno risposto con un altro slogan di unità e solidarietà nazionale: “Dal Curdistan a Teheran, darò la vita per l’Iran”. Qualche condanna e poche le reazioni internazionali. Il parlamento olandese ha chiesto venerdì scorso di inserire le Guardie della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il Belgio ha sospeso l’infelice accordo sullo scambio di cittadini condannati nei due Paesi - già criticato perché avrebbe permesso l’estradizione di Assadollah Assadi, condannato a 20 anni in Belgio per complicità in uno sventato attentato contro dissidenti iraniani. Piccoli Paesi che dànno un esempio di coraggio politico.

L’Europa si è limitata a invitare Teheran ha metter fine alle violenze e cambiare politica con la Russia, durante un incontro tra Josep Borrell, a capo della politica estera UE, e il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ad Amman martedì scorso. Qualche giorno dopo, il Presidente ucraino Volodymyr Zelesnkyy, nel suo discorso al Congresso degli Stati Uniti, ha condannato le forniture di armamenti iraniani alla Russia. Accusa che il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Nasser Karani ha definito falsa, con una minacciosa avvertenza per cui “la pazienza strategica” dell’Iran non sarebbe senza fine. Mentre in Iran per le strade si urla “Morte al dittatore”, il regime continua la propria politica militare che è diventata un pericolo non più solo per il Medio Oriente. In Siria la produzione di droni continua con l’indefesso lavoro dell’Unità 127 di Hezbollah, che opera in collaborazione con l’Unità 340 delle Forze Quds iraniane nell’aeroporto al-Qasir di Homs - colpito la settimana scorsa da un attacco aereo attribuito a Israele. Più di quaranta iraniani sono in attesa della forca, tra cui il calciatore Amir Nasr-Azdani, che potrebbe penzolare da un cappio nella piazza Shahid Alikhani a Isfahan, la cui bellezza le ha dato il titolo in persiano di “metà del mondo”. Così il karateka Mehdi Mohammed Karami, anche lui curdo, potrebbe essere impiccato a giorni. Oltre alla minaccia della forca, la CNN ha documentato l’uso della violenza sessuale contro le detenute, in particolare quelle curde. Le torture, la violenza sessuale, la persecuzione: se i giornali non riportano abbastanza notizie si possono sentire cinque di queste storie, raccontate nel documentario “My Stolen Revolution”, del 2013, da ottobre anche su Netflix.


Giovanni Quer

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