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Giovanni Quer
Medio Oriente politica e società
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La Coppa del Mondo insanguinata del Qatar 12/06/2022
La Coppa del Mondo insanguinata del Qatar
Analisi di Ben Cohen

(traduzione di Yehudit Weisz)


Qatar 2022 FIFA World Cup - Home | Facebook

La settimana scorsa c'è stato un altro annuncio significativo da una capitale araba sulle relazioni con Israele quando il Qatar, la ricca nazione del Golfo che fornisce sostegno finanziario e politico ad Hamas, ha confermato che i cittadini israeliani sarebbero stati autorizzati a partecipare alla Coppa del Mondo della FIFA, che si svolgerà lì tra novembre e dicembre di quest'anno. Secondo i media israeliani, già 30.000 israeliani hanno acquistato i biglietti per le partite. La decisione di consentire ai visitatori con passaporto israeliano di entrare in Qatar per la durata della Coppa del Mondo riflette la tendenza generale della regione verso accordi di pace con lo Stato ebraico, come dimostrato negli ultimi due anni dagli Emirati Arabi Uniti, dal Bahrain, dal Marocco e dal Sudan. Anche se il Qatar in particolare non ha seguito l'esempio di questi Paesi, non ha neppure imitato l'Iraq, il cui parlamento il mese scorso ha approvato una legislazione che rende ogni contatto con israeliani punibile con una lunga pena detentiva o addirittura con la pena di morte. Consentendo ai tifosi di calcio israeliani di partecipare alla Coppa del Mondo, la famiglia al-Thani al potere a Doha sta indicando che potrebbe voler sviluppare ulteriormente le relazioni una volta terminato il torneo. L'annuncio del Qatar è stato accolto positivamente in Israele. Il Ministro degli Esteri Yair Lapid ha dichiarato su Twitter che la mossa è stata un “risultato politico che riempie i cuori dei fan”, mentre il Ministro della Difesa Benny Gantz ha affermato che migliorerebbe il mantenimento della “stabilità nella nostra regione.” Una volta che il torneo sarà finito, però, resta da vedere se il Qatar continuerà a consentire l'ingresso agli israeliani o se tornerà alla sua politica consolidata escludendoli ancora una volta. Senza dubbio, il governo israeliano, insieme alla manciata di figure ebraiche della diaspora che negli ultimi anni hanno fatto con entusiasmo visite ufficiali a Doha, tornando invariabilmente a mani vuote, spererà nella prima ipotesi. La prospettiva che gli israeliani si rechino per affari o per turismo in Qatar, e alla fine in ogni Paese arabo e musulmano, sembra essere più alla nostra portata ora che in qualsiasi altro momento dalla creazione di Israele nel 1948. Ogni tappa fondamentale di questo processo è allo stesso tempo un colpo all'ideologia del rifiuto che ha prevalso nel mondo arabo per quasi un secolo e un promemoria che israeliani e arabi, ebrei e musulmani, possono vivere e lavorare armoniosamente insieme, nonostante tutto lo spargimento di sangue e la retorica dell’eliminazionismo che ha macchiato i decenni precedenti. Tuttavia, come avevo già affermato in un’analisi precedente , “l'atmosfera positiva della pace può essere tanto censoria della verità quanto l'ambiente negativo della guerra”, in quanto resta il fatto che alcune verità molto spiacevoli sul Qatar (come anche sui suoi vicini) rischiano di andare perdute nella fretta di abbracciare la pace. Tutti questi Paesi hanno terribili precedenti in materia di diritti umani e di libertà di parola. Essi sono stati tutti edificati utilizzando lavoratori migranti provenienti da Paesi africani e asiatici - operai edili, domestiche, addetti alle pulizie e così via - che sopravvivono in condizioni giustamente descritte come una forma moderna di schiavitù. Gli hotel di Doha dove soggiorneranno israeliani e altri tifosi di calcio, così come gli stadi dove assisteranno alle partite, sono stati tutti costruiti da lavoratori che sono entrati in Qatar con il famigerato sistema della kafala, che li incatena ai loro datori di lavoro e li condanna a vivere in abitazioni non igieniche e con una pessima paga. L’aspetto fondamentale è che migliaia di questi lavoratori sono rimasti uccisi o gravemente feriti mentre montavano gli stadi dei Mondiali, con un piccolo o nessun compenso per le loro famiglie a casa. I qatarioti hanno avuto 12 anni per prepararsi alla Coppa del Mondo di quest'anno, che era stata loro assegnata dall'ex Presidente della FIFA, Sepp Blatter, nel 2010. Blatter è stato espulso dal suo incarico nel 2015 e bandito dalle attività della FIFA a seguito di uno scandalo per corruzione che ha affossato l'autorità mondiale del calcio, in gran parte legata alle falsificazioni e alle tangenti che hanno sostenuto la candidatura del Qatar. Tuttavia il Qatar è rimasto immune dalla tempesta che ha scosso il quartier generale della FIFA in Svizzera. In nessun momento nel decennio intermedio tra quando il Qatar si è aggiudicato il torneo e la sua messa in scena di quest'anno, c'era mai stata alcuna minaccia che la Coppa del Mondo 2022 potesse essere ospitata da un altro Paese. Al contrario, la FIFA e gli Stati membri hanno fatto di tutto per assecondare i qatarioti, compreso, per la prima volta nella storia della Coppa del Mondo, lo spostamento del torneo dai mesi estivi a quelli invernali. Poiché si è ritenuto che fosse troppo caldo per giocare a calcio in Qatar durante l'estate, i campionati di calcio nazionali di tutto il mondo stanno temporaneamente sospendendo le loro competizioni in modo che i giocatori selezionati per le loro squadre nazionali possano competere ai Mondiali. Mentre è un sollievo sapere che calciatori ben pagati e invidiabilmente in forma non saranno costretti ad appassire sotto il sole cocente, lo stesso non si può dire per i lavoratori migranti che faticheranno durante i mesi estivi per preparare tutto quanto, affinché il torneo di calcio abbia inizio il 21 novembre. La FIFA può ancora recuperare una parvenza di decenza nei mesi da qui a novembre. La competizione sportiva più popolare al mondo genererà circa 6 miliardi di dollari. Non è irragionevole chiedere che una parte di queste entrate - alcuni gruppi per i diritti umani hanno suggerito una somma nell'ordine di 500 milioni di dollari - sia pagata ai lavoratori migranti e alle loro famiglie come compenso significativo per gli anni di sofferenza che hanno sopportato in Qatar. Dunque sì, il fatto che gli israeliani saranno presenti alla Coppa del Mondo (in tribuna, almeno, poiché la nazionale israeliana ancora una volta non si è qualificata) è uno sviluppo positivo. Ma questa non è l'unica lente attraverso cui vedere il torneo in Qatar. Quando la squadra vincitrice solleverà il caratteristico trofeo della Coppa del Mondo dopo la finale del 18 dicembre, lo farà sulle tombe senza nome di oltre 6.000 lavoratori morti sul lavoro per far sì che il "Bel gioco” possa essere giocato. Pagare un risarcimento alle vittime renderà quel momento iconico molto meno amaro.

Ben Cohen Writer - JNS.org
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate

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