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Giovanni Quer
Medio Oriente politica e società
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Eid said, hag sameah: le festività all’ombra dell’anarchia? 13/05/2021
Eid said, hag sameah: le festività all’ombra dell’anarchia?
Analisi di Giovanni Quer

Sinagoghe e negozi in fiamme a Lod.
Devastazioni a Lod, nel cuore di Israele

È inizata eid al-fitar, che segna la fine del Ramadan, e domenica sera inizia la festività ebraica di shavuot. Eid said e hag sameah sono gli auguri che arabi ed ebrei si scambiano nelle città miste, dove la “coesistenza” non è solo un progetto sociale, ma una realtà quotidiana. La coesistenza all’ombra del conflitto nazionale non è mai stata semplice nei periodi di guerra e tensione. Proprio al picco del populismo dei partiti di destra e dei partiti arabi, che si sono adoperati per attaccare le rispettive memorie collettive, sono nate le iniziative che nella realtà quotidiana hanno cambiato gli animi di arabi ed ebrei. A Gerusalemme un’iniziativa locale in collaborazione con associazioni cristiane, forniva assistenza alle famiglie di Gerusalemme Est, insegnando l’ebraico e la conoscenza di Israele, e sostenendo le procedure per l’acquisizione della piena cittadinanza. A Lod, Jonatan Segev, studente di un'accademia talmudica, ha iniziato da un anno a pubblicare post settimanali in arabo con lezioni sull’ebraismo e sulla porzione settimanale della Torah. La lingua araba, nonostante il declassamento da lingua ufficiale a lingua con status speciale in seguito all’approvazione della Legge Nazione, ha conquistato uno spazio sempre maggiore e più importante nella vita pubblica in Israele. Infine, proprio nelle città miste il sogno di Jabotibsky di vedere un presidente ebreo e un vice arabo si è avverato in versione locale (e a Haifa al femminile, con una sindaca ebrea e vice sindaca araba). Chi si sta adoperando per rompere questo equilibrio? Gli scontri tra ebrei e arabi a Lod, Acco, Haifa e Bat Yam hanno trascinato Israele in uno stato di anarchia. Famiglie che abbandonano le proprie case perché hanno pura di esser attaccate dai rivoltosi arabi. Famiglie arabe che non escono di casa perché gruppi di rivoltosi ebrei attendono in strada di attaccarle. Un ragazzo ebreo linciato da un gruppo di arabi ad Acco. Un autista arabo linciato in diretta TV da un gruppo di ebrei sulla marina di Bat Yam, che poi ha quasi linciato il giornalista che ha ripreso l’orribile scena. Gli attivisti di estrema destra che sono scesi nel quartiere di Wadi Nisnas a Haifa per attaccare arabi e le loro proprietà. Le stazioni della polizia date al fuoco in cittadine arabe. La maggior parte dei facinorosi arrivano da fuori le varie città miste, come gli attivisti del gruppo razzista La Familia che aveva fatto circolare un messaggio invitando gli attivisti a dirigersi su Bat Yam armati “per riportare l’onore”.

A Lod sinagoghe in fiamme. Sindaco, 'è Notte dei cristalli' - Ultima Ora -  ANSA

Messaggi in arabo che fomentano le folle di users delle varie reti sociali contro gli ebrei, trasformati in nemici dell’Islam e del popolo palestinese, con la chiamata a difendere le moschee e in particolare al-Aqsa. La polizia ha agito in ritardo, l’esercito non è intervenuto. E mentre Canale 11 mostrava in diretta il linciaggio di un autista arabo a Bat Yam sullo sfondo dei negozi di proprietà araba distrutti, ad Acco veniva ripresa la folla di giovani arabi che linciavano un ragazzo ebreo che correva verso casa. Il populismo e il razzismo dei gruppi estremisti ha sempre creato tensioni, in particolare nelle città dove la coesistenza e la convivenza è realtà quotidiana, pur nelle divisioni politiche e nazionali. Una coesistenza che è impossibile da concepire nella mente di chi non ha un minimo senso del pluralismo o di apertura a una narrativa nazionale che non è la propria. E così non sono solo i danni a edifici, negozi e infrastrutture a creare sconforto, ma soprattutto i danni al sentore sociale delle due popolazioni, alla capacità di ritornare a condividere la quotidianità senza sospetto, a guardare all’altro senza diffidenza. Anni di lavoro di iniziative sociali, attivisti, politici locali che hanno dimostrato come si possa non solo vivere al fianco, ma esser compartecipi del quotidiano anche quando le identità nazionali sono così divide e opposte, sono a rischio, per le azioni criminali di chi vede come incompatibile l’esistenza di un “altro”. La giovane età dei facinorosi non può esser una giustificazione come del resto nemmeno il conflitto a Gaza.

I linciaggi e le razzie sono il risultato di un profondo incitamento alla violenza e all’odio di gruppi pur ai margini della società israeliana (ebraica e araba), che non sono stati trattati in tempo dalle autorità, e che vari politici hanno considerato con indulgenza. Eid said e hag sameah (buona festività in arabo e in ebraico rispettivamente) non sono una piaggeria multiculturalista di un trito “vogliamoci bene”, ma la comunanza quotidiana di chi il pluralismo lo vive come una realtà e non solo un’astrazione. Proprio mentre l’integrazione degli arabi in Israele sta aumentando e l’identità nazionale palestinese non è più una minaccia, si scatenano forze che vorrebbero metter fine a un processo di cambiamento che ha modificato in tutta la regione la visione di Israele, sionismo ed ebraismo. Proprio mentre l’identità palestinese non è più percepita come incompatibile con quella israeliana, arriva la rabbia di chi pretende di difendere la propria comunità con un’azione criminale e simbolica di potere e controllo sul territorio. Potere e controllo che né la polizia né l’esercito sembrano per ora in grado di mantenere. Mentre i leader sociali e politici sembrano loro steso impauriti dalle folle di fanatici che potrebbero rivoltarsi contro di loro in caso di pubblica condanna delle loro azioni.


Giovanni Quer (1983), ricercatore presso il Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.

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