Zaki Yamani ricoprì la carica di ministro del petrolio dal 1962 al 1986 e fu figura chiave nella crisi economica del 1973. Di origini yemenite e non legato alla famiglia reale, Yamani riuscì a far carriera prima come consulente legale e poi come ministro. Durante la Guerra del Kippur nel 1973, Yamani propose di ridurre la produzione di petrolio, per poi negoziare il rincaro dei prezzi al barile (che aumentarono di quattro volte rispetto al prezzo prima della guerra). Per questo, Yamani è celebrato da certa stampa palestinese come l’eroe che ha messo in ginocchio l’Occidente.Nel 1975, Yamani era stato sequestrato dal terrorista venezuelano Carlos el Chacal, allora ancora parte del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, dal quale fu poi allontanato. Mentre i giornali palestinesi prendono le distanze da Carlos el Chacal, il giornale saudita Asharq al-Awsat non manca di ricordare che tra i partecipanti al sequestro ci fu anche Anis Naqqash, il libanese che si unì a Fatah a inizio anni ’70. La figura di Yamani, dopo il ruolo nell’embargo del petrolio, rimase controversa nel mondo arabo, perché si oppose alle politiche di rincaro esagerato del petrolio e fu perciò considerato pro-occidentale. Da allora l’Arabia Saudita ha intrapreso una strada di diversificazione dell’economia, in particolare con le iniziative del probabile erede al trono Mohammed Bin Salman. La sua figura è anche discussa perché considerata troppo pro-occidentale, in particolare per quanto riguarda la modernizzazione del Regno e l’atteggiamento verso Israele. La grande controversia oggi discussa a Riyadh è il cambiamento della politica americana, che il Regno saudita teme possa portare a una ripresa di potere per Teheran. La svolta americana, e in particolare le critiche ai sauditi per le violazioni dei diritti umani, fanno gioire i pro-palestinesi cui Riyadh è invisa per le forti critiche a Ramallah. Ma i diritti umani sono un’arma a doppio taglio, perché se Biden decidesse di applicare gli stessi standard all’Autorità Palestinese, ci avrebbero ben poco da festeggiare. Riyadh non può più mettere in ginocchio l’Occidente con il petrolio, ma può cambiare il futuro della regione, in particolare consolidando le alleanze con Emirati ed Egitto e forse intraprendendo la strada delle relazioni con Israele, in una qualsivoglia forma che non sia normalizzazione o pace con lo Stato ebraico.
Giovanni Quer (1983), ricercatore presso il Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.