La biografia di Lucy Dawidowicz Commento di Giovanni Quer
Nancy Sinkoff, From Left to Right: Lucy S. Dawidowicz, the New York Intellectuals, and the Politics of Jewish History, Wayne State University Press, 2020.
Nel suo ultimo libro, Nancy Sinkoff, professoressa di storia ebraica alla Rutgers University, traccia la storia intellettuale e politica di Lucy Dawidowicz (née Schildkret), storica della Shoah e della cultura yiddish ricordata per la sua svolta neo-con già negli anni ’80. Lucy Dawidowicz nasce a new York nel 1915 da migranti ebrei polacchi. Riceve una formazione secolare radicata nella cultura yiddish e nella letteratura inglese. Il suo primo momento formativo è il 1939, quando vive un anno a Vilnius studiando allo YIVO, l’istituto di ricerca yiddish fondato tra gli altri anche da Max Weinreich, con cui lavorerà poi a New York. Con l’avanzare delle truppe naziste, lascia Vilnius per Copenhagen, ricordando come in quel periodo poco si sapesse di quel che stava succedendo. Nell’immediato dopoguerra ritorna in Europa lavorando per la Joint Distribution Committee, e si adopera per salvare il patrimonio scientifico e letterario yiddish confiscato dai nazisti. Di ritorno negli Stati Uniti lavorerà come storica all’America Jewish Committee e poi come professoressa alla Yeshiva University. La sua opera intellettuale è ampia e composita, con tre principali settori di interesse: la storia della Shoah, la storia culturale dell’ebraismo dell’Europa dell’Est e il pensiero politico ebraico. La sua posizione sulla storiografia della Shoah è chiara e immutabile: Lucy Dawidowicz è una “intenzionalista” ed è tra i primi ad attaccare gli storici che agli albori del revisionismo scolpavano Hitler della pianificazione dello sterminio o che proponevano altre letture della società tedesca ai tempi del nazismo.
La sua opera di ricerca nella cultura yiddish è improntata alla diffusione e al recupero di una civiltà quasi perduta. Disillusa della possibilità di ricostruire un nazionalismo diasporico improntato sulla civiltà yiddish distrutta nella Shoah, considera che i tentativi di ricostruzione della cultura yiddish nel dopoguerra, specialmente in Polonia, siano destinati a fallire per la morsa comunista. Le sue ricerche sulla cultura e società del mondo yiddish sono anche improntate alla diffusione del patrimonio letterario, favorendo la traduzione in inglese. Cresciuta in un ambiente socialista, Lucy Dawidowicz diventa fermamente anti-comunista. Era una sostenitrice della cooperazione tra neri ed ebrei nella lotta per i diritti sociali e contro il razzismo, pur allontanandosi dagli attivisti della sinistra. Entra in polemica già negli anni ’70 con quella parte di intellettuali di sinistra che criticavano Israele e il Sionismo, e in un famoso discorso tenuto nel 1984 critica l’indefesso sostegno per i democratici di una parte dell’ebraismo americano, proprio perché disturbata dalla corrente anti-sionista della sinistra. Nelle polemiche accademiche, la Dawidowicz difendeva il forte senso di identità dello storico, che secondo lei può solo arricchire la ricerca senza intaccare l’obiettività e, forte delle sue esperienze personali, ammoniva da giudizi storici sbrigativi considerando l’importanza della contingenza della coscienza storica (in particolare nella polemica contro quanti accusavano gli ebrei di “passività” di fronte alla persecuzione e allo sterminio). Il libro di Nancy Sinkoff riporta alla luce la storica e intellettuale ebrea le cui riflessioni sull’identità, politica e storia ebraica sono quanto mai contemporanei.
Giovanni Quer (1983), ricercatore presso il Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.