A Baghdad sta cambiando l’atmosfera antisionista
Analisi di Giovanni Quer
Saddam Hussein aveva fatto dell’antisionismo una parte fondamentale della propria politica estera e della propaganda interna - tanto che si era definito anche il nuovo Nabucodonosor (il re babilonese che ha distrutto il Tempio di Salomone). Le leggi che proibivano i rapporti con Israele sono rimaste in vigore anche dopo la ricostruzione dell’Iraq, sempre più avviluppato nella violenza settaria e nell’influenza esterna dell’Iran. Ma anche a Baghdad l’aria sta cambiando, con una crescente tensione anti-iraniana e un maggiore interesse per la storia ebraica irachena: ciò che manca però è l’influenza degli Stati Uniti e la volontà dei leader religiosi. Da un anno e mezzo gli iracheni tentano di liberarsi dai tentacoli di Teheran, la cui ingerenza e presenza militare in Iraq è sempre più invisa alla popolazione e al mondo politico. Teheran ha tentato di presentarsi come la forza di liberazione dall’ISIS, appoggiando le milizie sciite e come il sostenitore della stabilità nazionale.

Moqtada al-Sadr
Moqtada al-Sadr, leader religioso e politico dell’Islam sciita militante, aveva iniziato quasi due anni fa a criticare l’influenza iraniana; poi è stato il popolo a ribellarsi l’anno scorso, con una serie di manifestazioni contro le ingerenze straniere; ora è la volta del leader sciita al-Sistani, che ha criticato l’operato e la presenza delle milizie iraniane, chiedendo all’ONU di supervisionare le elezioni. Il crescente sentimento anti-iraniano in Iraq non è però sufficiente per garantire un cambio di politica, considerato che gli Stati Uniti non verso l'Iraq hanno lo stesso tipo di influenza che possono esercitare su altri Paesi nella regione. Chi potrebbe introdurre al governo iracheno la possibilità di una nuova politica verso Israele sono L’Egitto e la Giordania, che vogliono garantirsi una serie di alleanze in funzione anti-iraniana e anti-turca. A livello popolare esistono anche iniziative di avvicinamento a Israele. Gruppi di scrittori e giornalisti iracheni si sono avvicinati a colleghi israeliani dopo la traduzione in arabo di alcuni romanzi di scrittori israeliani di origine irachena - l’ultimo “Le foto sulla parete” di Tzionit Fattal-Kuperwasser. Contatti sulle reti sociali, incontri in contesti internazionali, articoli sulla stampa sono i segnali di un piccolo gruppo nella società irachena che sta cambiando la visione di Israele ricollegandosi alla storia e al patrimonio culturale ebraico-iracheno. Non solo, la “normalizzazione” è discussa anche a livello politico. L’anno scorso, l’ambasciatore iracheno a Washington aveva paventato l’ipotesi di considerare la possibilità di normalizzare le relazioni con Israele. La settimana scorsa, Hassan al-Alwai, commentatore politico, ha parlato alla TV Zagros (canale televisivo curdo) sostenendo che il governo iracheno sarebbe pronto a normalizzare i rapporti con Israele. Nonostante i tentativi dei pro-iraniani di fomentare i sentimenti anti-sionisti e l'opposizione a qualsiasi avvicinamento a Israele, l’influenza dei gruppi curdi, da tempo pro-israeliani, e dei cambiamenti nella regione stanno portando alla luce nuove voci in Iraq, anche di avvicinamento a Israele. Forse la normalizzazione è ancora lontana, ma il solo fatto che se ne parli indica che l’intero Medio Oriente sta attraversando enormi cambiamenti.

Giovanni Quer (1983), ricercatore presso il Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.