Il primo convegno del patrimonio culturale dei drusi in Israele: identità e richieste
Analisi di Giovanni Quer
A destra: drusi israeliani a Gerusalemme
I drusi sono conosciuti per la loro fedeltà allo Stato in cui vivono, per il loro valore nel contributo all’esercito e per la segretezza della loro religione. In Israele vivono circa 190,000 cittadini drusi, rappresentati da un leader spirituale, lo sheikh Moafak Tarif, e da vari leader sociali. I drusi sono una comunità endemica, che non accetta conversioni né unioni con membri di altre comunità. Formatisi nell’XI secolo, i drusi sono stati considerati una setta scismatica dell’Islam sciita-ismailita, che incorpora elementi gnostici e neoplatonici. Israele li ha riconosciuti come gruppo religioso autonomo negli anni ’50, dopo il “patto” che lega lo Stato ebraico e la comunità drusa a fedeltà. Per la prima volta hanno organizzato in convegno sulla situazione della comunità. Il convegno si è svolto in ebraico, presentato da Shibel Karmi Mansour, nato nel villaggio di Usafiya vicino a Haifa e presentatore alla TV israeliana dopo una carriera nella radio dell’esercito.
I partecipanti hanno discusso gli argomenti principali che occupano la comunità drusa: il rapporto con lo Stato ebraico, il problema dello sviluppo urbano di villaggi e cittadine e il futuro dei giovani. Tra i ministri intervistati, anche Gabi Ashkenazi, attualmente Ministro degli Esteri, che ha raccontato la storia della madre, originaria di Aleppo e rifugiatasi nell’Israele pre-statale grazie alle comunità druse del sud del Libano che l’hanno nascosta e aiutata ad attraversare il confine controllato dagli inglesi. I drusi parlano arabo con un accento che li distingue dalle altre comunità e per molto tempo sono stati considerati arabi. Dagli anni ’70 è iniziata un’attività sociale per il mantenimento della vita culturale drusa anche tra i non-religiosi, comprese le donne, che ha introdotto un cambiamento nella definizione identitaria, per cui l’elemento arabo è negli anni scemato e quello druso si è rafforzato per definire l’appartenenza collettiva. Negli ultimi dieci anni, lo sviluppo sociale ed economico della comunità è stato impressionante, ma ancora è forte la ferita della Legge sullo Stato nazione e le questioni irrisolte di pianificazione urbana. Dopo l’approvazione della Legge sullo Stato Nazione, la comunità drusa si è sentita lasciata da parte e marginalizzata, per la mancanza di un articolo che parlasse del minoranze, accentuando anche altre tensioni, come la mancanza di infrastrutture.
Il KKL si è mobilitato con un piano di sviluppo urbano e industriale per i villaggi drusi. Il cambiamento che è avvenuto negli ultimi vent’anni è radicale: i giovani si definiscono israeliani, parlano ebraico senza accento, completano gli studi di scuola superiore con risultati migliori della media nazionale. Proprio nel profondo della propria “israelianità” avanzano richieste al governo. Le giovani donne druse hanno condotto quasi una rivoluzione: dal ruolo tradizionale a cui erano legate, ci sono ora diplomatiche, avvocatesse, dirigenti aziendali e imprenditrici. Anche i drusi del Golan, i cui anziani hanno sempre mantenuto l’identità siriana, stanno cambiando e optando per un’identità israeliana. “Siamo israeliani, facciamo l’esercito e ci integriamo nella società, com’è possibile che ancora non siano stati risolti i problemi di pianificazione edilizia nei nostri villaggi?” si chiedono alcuni, mentre altri pretendono il cambiamento della legge sullo Stato nazione: “noi vogliamo vivere in uno Stato ebraico, e siamo fedeli allo stato ebraico, ma vogliamo esser riconosciuti”. La richiesta di partecipazione allo spirito nazionale è avanzata in particolare dalle più giovani generazioni, che vogliono esser parte integrante, pur minoritaria, dell’identità israeliana.

Giovanni Quer (1983), ricercatore presso il Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.