Il Quds Day e la 'soluzione finale' secondo l'Iran 22/05/2020
Il Quds Day e la 'soluzione finale' secondo l'Iran Analisi di Giovanni Quer
Poco dopo aver preso il potere, Khomeini si è dedicato a costruire lo Stato che aveva in mente, basato su quattro pilastri fondamentali: creazione di un sistema di governo repubblicano, islamizzazione di politica, società e cultura, esportazione della rivoluzione islamica, lotta incondizionata agli Stati Uniti e a Israele (il grande e il piccolo satana, rispettivamente). Parte di questa lotta è stata l’istituzione del “Quds Day”, per la liberazione di Gerusalemme e la solidarietà al popolo palestinese, da celebrarsi l’ultimo venerdì del mese di Ramadan. Quest’anno le manifestazioni che anche in Europa vedono scendere in piazza gruppi islamisti, rivoluzionari e altri attivisti pro palestinesi si sono trasformate in campagne mediatiche - e anche in attacchi cyber. La Guida Suprema della Repubblica Islamica, Ayatollah Khamenei, ha pubblicato su Twitter un poster del Quds Day 2020: la Moschea di al-Aqsa, l’immagine di Qassem Soleimani (il comandante delle forze Quds eliminato a gennaio 2020), un camion dei Pasdaran (le guardie della rivoluzione) con l’immagine di Khomeini, bandiere di Hezbollah e una folla festante per la liberazione della Palestina. Il titolo reca la scritta “La Palestina sarà libera - La soluzione finale: resistenza fino al referendum”. Il "prestito letterario” dai nazisti nasconde una più ampia politica antisemita, che il regime di Teheran promuove da fine anni ’90. Khomeini diceva di distinguere tra ebrei e sionisti, ma le esecuzioni di ebrei accusati di spionaggio per Israele (l’ultima conosciuta risale al 1999) hanno fin da subito chiarito che gli ebrei non sono al sicuro - nel 2000, tredici ebrei sono stati incarcerati con accusa di spionaggio e rilasciati dopo una campagna internazionale. A fine anni ’90 la Repubblica Islamica inizia a sostenere i negazionisti europei, che visitano Teheran (come Roger Garaudy nel 1998) e perfino chiedono asilo politico dopo le cause per reati di negazionismo della Shoah o apologia del Nazismo (come Frederick Töben e Wolfang Fröhlich). Khamenei cambia il discorso politico, introducendo una visione anti-ebraica si stampo islamista, ripresa da alcuni circoli a lui vicini. Tra i temi anti-ebraici discussi oggi da istituti e gruppi pseudo-scientifici: gli ebrei come nemici del Profeta, gli ebrei come causa dello scisma islamico tra sunniti e sciiti; gli ebrei come nemici del popolo iraniano (in riferimento alla storia biblica della Regina Esther). Dal 2000, Teheran si è poi rivolta anche a un pubblico di estrema sinistra, con cui condivide concetti come rivoluzione, anti-imperialismo, giustizia sociale, anti-americanismo e anti-israelismo. Pur differendo nella visione ideologica, il clima creato dalla conferenza di Durban e dall’Intifada di Al-Aqsa ha contribuito all’avvicinamento - di qui incominciano a vedersi le bandiere di Hezbollah nelle prime marce dei “Quds Day” in Europa. Il negazionismo non termina e ritorna come elemento centrale nella politica di Ahmadinejad nel 2006, che organizza una conferenza sulla Shoah e lo stesso anno il giornale Hamshahri lancia la provocatoria competizione di fumetti sulla Shoah, seguita da altre edizioni. Ahmadinejad riscuote successo nell’estrema destra europea, in particolare in Austria e Germania. Il Presidente Hassan Rouhani, eletto nel 2013, tenta di mitigare le critiche internazionali per la politica di negazionismo e il discorso antisemita: gli auguri per le festività ebraiche e la visita alle famiglie ebraiche e armene i cui figli sono caduti nella guerra Iran-Iraq sono servite per dare un’immagine di apertura verso le minoranze e gli ebrei in particolare. Ma chi decide è Khamenei, che assieme a Suleimani già prevedeva la fine di Israele con uno scontro frontale da Libano, Siria e Gaza. La soluzione finale di cui parla il regime di Teheran è la lotta armata contro Israele fino al referendum cui dovrebbero participare i “palestinesi” (musulmani, cristiani ed ebrei che vivevano in Palestina fino al 1917, anno della Dichiarazione Balfour) per decidere del futuro di Israele. La politica anti-israeliana continua, con minacce di distruzione, attacchi cibernetici, e altre sfide alla sicurezza, e assieme a queste aumenta anche il linguaggio antisemita.
Giovanni Quer (1983), direttore del Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.