Le minacce di Abu Mazen e la propaganda anti-israeliana
Analisi di Giovanni Quer
La dirigenza palestinese è in crisi di fronte all’abbandono generale. Il boicottaggio degli Stati Uniti non ha sortito gli effetti voluti, e il “deal of the century” è ancora l’unica opzione per un accordo di pace. Le aspre critiche al mondo arabo e all’Arabia Saudita in particolare hanno solo portato a un progressivo ritiro dell’appoggio incondizionato alla causa palestinese. In questo clima, Abu Mazen minaccia di cancellare la cooperazione tra i sistemi di sicurezza dell’Autorità e di Israele, che ha garantito finora una relativa tranquillità, mentre Haniyeh è uscito con un disperato appello alla resistenza contro Israele. Il piano di pace americano prevede l’estensione della sovranità israeliane su parte delle aree C. Tre giorni fa il Re di Giordania ha messo in guardia Israele: l’annessione potrebbe portare alla fine del trattato di pace e dare i via a un conflitto. Né Amman né Ramallah vogliono un nuovo conflitto, che metterebbe in pericolo la stabilità della Giordania e la fine dell’Autorità Palestinese, con la probabile ascesa dei gruppi islamisti. Le parole di Abu Mazen non hanno impressionato i palestinesi, che sono abituati a promesse disattese. Le minacce non sono nuove, e sono l’unica arma rimasta ai palestinesi contro Israele: in una situazione di abbandono, si possono operare delle scelte disastrose. Gli Stati del Golfo intensificano i rapporti con Israele, e con la pandemia, l’opinione pubblica è meno interessata alle questioni del Medio Oriente. La mancanza di risorse o opzioni ha di certo un ruolo fondamentale nell’intensificarsi della propaganda anti-israeliana, che ha assunto toni conformi alle manifestazioni antisemite legate al Coronavirus. I palestinesi si sono dimostrati sensibili al razzismo: il mese scorso una caricatura diffusa sui media libanesi associa l’immagine del Coronavirus, con la data 13 aprile 2020, a un terrorista con la keffiya, con la data 13 aprile 1975, l’inizio della guerra civile libanese con gli scontri tra milizie libanesi e maronite. La stampa palestinese ha reagito accusando la vignetta di razzismo. La stessa sensibilità non è però dimostrata verso Israele. Le caricature pubblicate nella stampa araba negli ultimi due mesi hanno due principali temi: Israele che sfrutterebbe la pandemia per annettere i territori palestinesi, e la rappresentazione a carattere antisemita di simboli ebraici e israeliani, compreso il Sionismo come virus, definito Covid-1948 (l’anno di fondazione dello Stato di Israele). Il giornale al-Quds al-arabi, con sede a Londra, pubblica il 14 maggio una vignetta che raffigura Netanyahu mentre abbraccia gli insediamenti, contornato da palestinesi “azzittiti” dalle mascherine protettive contro il Coronavirus.

Lo stesso giornale pubblica il 15 maggio altra vignetta in cui la bandiera Israeliana riporta la scritta Covid-1948, posizionata dietro una donna e un bambino uniti da una fascia sulla bocca con la scritta “ritorniamo” (in riferimento al diritto al ritorno).
Il giornale Felesteen ha pubblicato negli ultimi due mesi una serie di caricature a carattere antisemita. In una di queste, la Stella di David compare come il Coronavirus con la scritta “il virus più pericoloso contro l’umanità”.
Altra vignetta mostra una famiglia seduta di fronte a una televisione che “starnutisce” Coronavirus e stelle di David, con la scritta “il Corona delle serie TV della normalizzazione”, riferendosi alla serie “Um Haroon” criticata per dare una visione positiva della comunità ebraica del Golfo promuovendo di conseguenza la normalizzazione con Israele.

Giovanni Quer (1983), direttore del Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.