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Giovanni Quer
Medio Oriente politica e società
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L’identità politica dell'Egitto: al-Sisi e la reintegrazione di Anwar Sadat 'l’eroe della guerra e della pace' 31/03/2020
L’identità politica dell'Egitto: al-Sisi e la reintegrazione di Anwar Sadat 'l’eroe della guerra e della pace'
Analisi di Giovanni Quer

Egypt's army chief: Sadat appeared to me, and told me I'd be ...
Abdel Fattah al-Sisi

Da quattro anni al-Sisi sta costruendo una nuova identità politica dell’Egitto, proiettando un’immagine di un Paese che cerca la pace, che si apre all’Occidente e che è tollerante con le minoranze. La sua impresa comprende anche la riabilitazione del Presidente Anwar Sadat, relegato ai margini della storia durante la presidenza di Mubarak. In un Paese non democratico ogni nuovo leader deve costruirsi un’immagine che gli garantisca una solida base popolare e spesso questo significa associarsi a figure storiche o cancellare la memoria del proprio predecessore. Anwar Sadat ha succeduto al potere il Generale Nasser e ha consolidato il sostegno popolare come figura rivoluzionaria che ha partecipato alla deposizione del Re Farouk nel 1952. Dopo aver preso il potere, Sadat si è distanziato da Nasser e dalla politica filo-sovietica, con una politica di apertura all’Occidente, “infitah”, e un cambiamento generale che aveva definito la “rivoluzione correttiva”. La Guerra del 1973 (la Guerra del Kippur) lo ha reso l’eroe dell’Egitto, e l’operazione militare più significativa rimane nella memoria collettiva egiziana come la vittoria sulle forze israeliane, lo “‘ubur”, l’attraversamento delle linee fortificate israeliane ad est del Canale Suez. La pace con Israele nel 1979 lo ha reso famoso nel resto del mondo, ma inviso agli Stati arabi.

Profile: Anwar Sadat (25 December 1918 – 6 October 1981) – Middle ...
Anwar Sadat

Dopo il suo assassino nel 1981, il Sinai è tornato sotto sovranità egiziana con la presidenza di Mubarak, che ha colto l’occasione per marginalizzare la memoria di Sadat. Al-Sisi sta cercando una nuova immagine politica per l’Egitto, caratterizzata da apertura all’Occidente e ricerca della pace, che lo associano a Sadat, ma anche apertura verso le minoranze. La progressiva riabilitazione dell’immagine di Sadat è iniziata nel 2016, quando la vedova Jihan Sadat ha dato una serie di interviste alla stampa egiziana, in cui ha accusato i Fratelli Musulmani di uccidere i concittadini egiziani. La stessa vedova Sadat non ha risparmiato quanti accusano Anwar Sadat di aver “liberato” i Fratelli Musulmani dalle carceri, spiegando che la sua politica non era di apertura, bensì tendeva a un maggior controllo del movimento per impedire che si dilagasse nella società. Nel 2017 è lo stesso Abd al-Fatah al-Sisi che incomincia a elogiare Anwar Sadat pubblicamente, definendolo un uomo di grande visione politica e di sacrificio per la patria. È nell’anno successivo che al-Sisi non perde occasione per ricordare Sadat come “eroe della guerra e della pace”, sottolineando le sue capacità politiche, l’amore per la patria egiziana e il perseguimento di una politica nonostante l’opposizione interna. Per esempio, ad una conferenza militare il 25 aprile 2018, al-Sisi ha detto che non c’è stato “leader nella regione che abbia saputo avanzare l’iniziativa di pace come Sadat”, spendendo parole di elogio per la “fede in Dio e la fiducia nella sua visione” che gli hanno permesso di “difendere la patria e restituire la sovranità” conducendolo alla vittoria. Le parole di al-Sisi hanno fatto presa sulla popolazione. Nel novembre 2018, l’hashtag “AnwarSadat” su Twitter era tra i più popolari tra i giovani egiziani. Nello stesso anno, il 25 dicembre 2018, al-Sisi ha celebrato il centenario della nascita di Sadat, con una serie di eventi culturali e un discorso alla nazione in cui lo ha definito “l’eroe egiziano… d’ispirazione per le generazioni a venire” che ha restituito “l’onore all’Egitto e al mondo arabo” e ha dato il via a una nuova era. Anche nel 2019 ci sono state celebrazioni in onore di Sadat e a quanto pare la sua data di nascita si sta trasformando in una data nazionale. L’immagine dell’Egitto di pace si riflette anche nella politica estera: al-Sisi si è fatto più volte tramite tra Hamas e Israele; ha combattuto duramente gli islamisti jihadisti nel Sinai; e ha una visione di integrazione regionale che vuole avanzare con gli storici alleati dell’Occidente nel Medio Oriente. Diversamente da Sadat e dal suo predecessore, al-Sisi vuole dare anche un’immagine di un Egitto tollerante e aperto verso le minoranze, in particolare verso i cristiani e i pochi ebrei rimasti. Sadat era entrato in conflitto con la Chiesa Copta, destituendo l'allora Patriarca Shenouda III e arrestando altri membri con l’accusa di fomentare la discordia nazionale. Le misure restrittive alla libertà di culto dei cristiani si sono intensificate con Mubarak e dopo la rivoluzione del 2011, i jihadisti hanno colpito più volte le comunità cristiane. Nel gennaio 2018 al-Sisi inaugura la restaurazione della Cattedrale della Natività dopo i danni subiti da un attacco terroristico e da allora mantiene costanti rapporti con i leader copti, dandone visibilità pubblica. Inoltre, al-Sisi ha inaugurato due mesi fa la sinagoga “Elyahu Hanavi” in Alessandria, dopo i lavori di restauro durati un anno, con i pochi ebrei rimasti nel Paese e i leader della Chiesa copta. Lungi dall’esser un programma di democratizzazione, le scelte di al-Sisi sono orientate a preservare principalmente gli interessi nazionali. Al-Sisi parla di pace nella regione, ma non nomina mai Israele né ha adottato politiche di normalizzazione. L’apertura verso la Chiesa copta è anche un perseguimento di un interesse nazionale di stabilità del Paese. In questo clima però alcuni politici e intellettuali parlano di integrazione con lo Stato Ebraico, anche se ancora pochi, e altri riscoprono la ricchezza culturale dell’Egitto pre-rivoluzionario. Quali che siano i reali intenti alla base delle scelte di al-Sisi si dovrà considerare gli effetti e le conseguenze, anche quelle inaspettate.


Giovanni Quer (1983), direttore del Centro Kantor per lo studio dell'Ebraismo Europeo Contemporaneo e dell'antisemitismo, Università di Tel Aviv.

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