L'incontro tra Peres e Begin del 31 agosto 1978: la lungimiranza storica dei due statisti
Analisi di Giovanni Quer
A destra: Menachem Begin con Shimon Peres
Haaretz ha pubblicato parte di un incontro riservato tra l'allora Primo Ministro Menachem Begin, il capo dell'opposizione Shimon Peres e il capo della commissione esteri e difesa Moshe Arens. L'incontro si è tenuto quattro giorni prima che Begin partisse per Camp David, dove avrebbe dovuto incontrare Sadat, presidente dell'Egitto, per discutere dell'accordo di pace.
La riunione che il protocollo descrivere come estremamente segreta rivela come gli statisti avessero una comprensione profonda dei problemi legati al conflitto con i palestinesi e una cultura politica di rispetto e stima. Nel dialogo tra i tre, Begin sostiene che non sa quali risultati potrà mai ottenere in pochi giorni di negoziazioni. In realtà, Begin ritornerà trionfante dall'incontro con Sadat e Carter con un accordo di pace che include il ritiro dal Sinai e lo smantellamento degli insediamenti che vi erano stati costruiti.

Sadat e Begin con Jimmy Carter
La riunione solleva anche la questione palestinese: quale posizione prendere sui problemi della sovranità su Giudea e Samaria, sulla richiesta di creare un futuro Stato palestinese, e sull'eventuale naturalizzazione dei palestinesi che vivono nei territori. Begin era contro lo smantellamento degli insediamenti nel Sinai; si sarebbe impegnato a garantire autonomia ai palestinesi per altri otto anni; avrebbe sollevato la richiesta di estendere la sovranità israeliana su parte di Giudea e Samaria. Peres ha appoggiato la posizione di Begin, andando oltre nell'analisi politica. Peres era fermamente contrario alla creazione di uno Stato palestinese. L'idea di un altro Stato arabo tra la Giordania e Israele era considerata una minaccia all'esistenza futura dello Stato ebraico. Così Peres ribadisce che la Giordania sarebbe potuta diventare la patria dei palestinesi. Le buone relazioni con i servizi di sicurezza giordani erano per Peres fondamentali per un buon vicinato con la casa reale Hashemita: "i giordani possono fare all'OLP cose che noi non ci potremmo mai permettere: appena gli adulti si mettono a manifestare, subito incominciano a sparare". Inoltre, sosteneva Peres, il 50% dei giordani era già palestinese, pertanto lo Stato arabo vicino avrebbe potuto assorbire anche i profughi palestinesi naturalizzandoli e mettendo fine alle nascenti diatribe territoriali.
L'interesse comune tra Israele e Giordania sarebbe stato impedire la creazione di uno stato palestinese. Mentre Peres era più interessato a mantenere il controllo su Giudea e Samaria, Begin mostra una certa fermezza anche sulla questione di Gaza, volendo mantenere il controllo su parte della Striscia, che Peres invece avrebbe voluto cedere ai giordani. L'idea della naturalizzazione dei palestinesi che vivevano nei territori era fuori discussione: il problema demografico era già una questione che sollevava la preoccupazione dei leader politici. Peres addirittura avrebbe detto secondo il protocollo "vedo come gli arabi mangiano la Galilea e mi piange il cuore... occupano strade intere, e mentre gli ebrei giocano a tennis gli arabi lavorano nei campi".
Begin si è dimostrato attento alla questione demografica, ponendo l'attenzione su un altro tema che oggi è al centro del conflitto: la definizione di Palestina. Begin era preoccupato che il termine Palestina pian piano si ponesse come antitesi a Israele. "Siamo noi palestinesi", ha detto Begin. Con grande lungimiranza, lo statista israeliano aveva già predetto che l'uso delle parole era grave quanto i fatti. "È vero che c'è un Paese che tra i gentili è conosciuto come Palestina, ma non è altro che la Terra di Israele. Quando si usa il termina palestinese e si intende solo in riferimento agli arabi, la conseguenza è che si nega il nostro diritto a stare su questa terra". Begin tornerà in Israele con un trattato di pace con l'Egitto. Ma i problemi sollevati in riferimento al conflitto con i palestinesi, l'uso delle parole e il futuro di Giudea e Samaria erano già chiari allora.
Peres si è espresso in termini oggi inconcepibili - come molto statisti israeliani di allora, inclusa Golda Meir - sia sulla questione demografica sia sulla necessità di impedire la nascita di uno Stato palestinese tra Israele e Giordania. Peres avrebbe addirittura detto "non voglio uno Stato arafattiano". Oggi il clima politico è cambiato, e lo Stato palestinese non è più in discussione. Quel che rimane però centrale alla percezione del conflitto è l'uso dei termini "che influisce molto sulla psicologia", come ha detto Begin. Ed è proprio l'uso delle parole e le convinzioni che esse creano che sono alla base degli umori internazionali su Israele e Palestina.

Giovanni Quer