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Giovanni Quer
Medio Oriente politica e società
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La propaganda del terrore 04/10/2015
 La propaganda del terrore
Commento di Giovanni Quer


Hamas, Anp: cambia la siglia ma il terrorismo è identico

Come l’anno scorso durante le festività, un nuovo ciclo di attacchi terroristici: tutto per “difendere al-Aqsa”. La retorica anti-israeliana sul Monte del Tempio è l’ultima risorsa palestinese, e forse quella più efficace, per trascinare Israele di nuovo in un periodo di violenza. Il terrorista 19enne, che abitava vicino a Ramallah, membro della Jihad Islamica, e che ieri ha sparato e accoltellato sulla via Dolorosa vicino alla Porta dei Leoni, ha scritto sul suo Facebook: “La Terza Intifada è incominciata”.
E forse ha ragione: un’intifada a intermittenza, che è fatta di propaganda e odio, seminati con costanza e pazienza, finché qualcuno decide di diventare un “martire”.
La difesa di Al-Aqsa, l’esclusività del Monte del Tempio, sono ormai incarnati nell’identità palestinese, qualsiasi sia l’orientamento politico. Come direbbero vari tassisti palestinesi cui si chiede sul Monte del Tempio, “Non capite che per noi il Monte del Tempio è tutto. Potete pensare che è vostro, ma non è così, e lo difenderemo a tutti i costi”.


Abbas ha dichiarato il 16 settembre sulla TV Palestinese che benediceva i “murabitin”, cioè i combattenti per Gerusalemme la sacra (non al-Aqsa, bensì l’intera città), il cui sangue li renderà martiri - il ribat è un principio islamico che corrisponde alla volontaria difesa dell’Islam, solitamente usato da al-Qaeda, vari gruppi fondamentalisti in Iraq e Siria, e anche da Abbas!

Gli organi di Fatah, come il giornale ufficiale “Al-Hayyat al-Jadida” parlano di invasione del Monte del Tempio, incitano i giovani a difendere Gerusalemme e l’Islam, spesso con vignette che girano poi nelle reti sociali che invitano a lanciare pietre, dare il proprio sangue per Al-Aqsa… l’ultima vignetta descrive un ipotetico boia “ebreo” che decapita il Monte del Tempio, tagliando la cupola d’oro.
Dal palco delle Nazioni Unite, Abbas ha accusato Israele di voler distruggere al-Aqsa. Negli stessi giorni il Gran Muftì della Palestina era in pellegrinaggio alla Mecca, dove ha avuto modo di portare il messaggio di propaganda contro Israele, invitando i musulmani a difendere l’Islam dagli attacchi degli infedeli.

L’idea della guerra islamica cui ciascun individuo dovrebbe partecipare per difendere l’Islam si è sviluppata nell’ultimo anno nella macchina di propaganda palestinese.
Il Ministro per gli Affari Religiosi ha detto alla TV palestinese la settimana scorsa che Israele vuole distruggere al-Aqsa e pertanto ha invitato al ribat. L’idea di guerra santa per difendere l’Islam si ormai consolidata anche nel linguaggio politico del “moderato Fatah”, sia di Abbas sia dei suoi altri politici.
Assieme alle accuse di “giudeizzare” Gerusalemme, presenti soprattutto nel giornale palestinese “Al-Quds”, la propaganda palestinese inventa un piano israeliano per appropriarsi del Monte del Tempio, permettendo ai “coloni” di effettuare “riti talmudici” in terra islamica, così su Al-Quds, il 15 settembre 2015. Il resto della stampa palestinese, compreso il giornale Al-Ayyam, un più moderato quotidiano pro-Fatah, parla di “martiri” e riporta con poche parole gli attacchi terroristici, concentrandosi di più sulle misure di sicurezza imposte da Israele: l’occupazione impedisce ai musulmani di pregare al Monte del Tempio (cioè la restrizione all’accesso a quanti hanno meno di 50 anni), l’occupazione impone barricate e posti di blocco, l’occupazione attacca i palestinesi.

La retorica storica e politica palestinese ha due funzioni: spargere odio anti-Israeliano che serve a causare disordine, proprio mentre il mondo è occupato in altre questioni e dei palestinesi si parla meno, e riscrivere la storia per negare ogni attaccamento ebraico al Monte del Tempio - e cristiano al Santo Sepolcro, come si può già notare in diversi discorsi, articoli e analisi di commentatori palestinesi. Mentre già si accusa, un’accusa preventiva, il governo israeliano che deve decidere su come affrontare la nuova ondata di terrore, il fulcro del problema non è mai stato affrontato: la propaganda all’odio e l’incitamento alla violenza. Né i generosi aiuti internazionali hanno mai chiesto condizioni, né i numerosi programmi per la libertà di stampa hanno mai messo in dubbio l’utilizzo dei mezzi di comunicazione per la propaganda di odio e violenza anti-ebraica e anti-israeliana.

La forza della propaganda di al-aqsa si estende a tutto il mondo arabo. La Giordania ha annunciato che considera di ritirare l'ambasciatore in Israele, in risposta agli attacchi di Israele su al-aqsa. E mentre si teme, come l'anno scorso, che gli attacchi si estendano e moltiplichino, l'Egitto annuncia che vuole riprendersi l'hotel King David, che prima dell'indipendenza di Israele era di proprietà di due banche egiziane fondate da famiglie ebraiche i cui beni sono stati confiscati da Nasser. Quello che si prefigura è un'intifada a intermittenza, poco organizzata è costellata di attentati fai-da-te, ma ben strutturata a livello internazionale. La difesa di al-Aqsa è il nuovo fronte di battaglia diplomatica e guerriglia diffusa contro Israele: la mobilitazione delle masse arabe e musulmane in virtù del sentimento religioso non è che una forma di propaganda di odio e terrore contro Israele, che però non viene condannata.

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Giovanni Quer


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