Mentre il BDS si fa strada a Bruxelles
Commento di Giovanni Quer

Il boicottaggio delle imprese che in un qualche modo hanno rapporti coi territori è ormai politica. Il mantra dice che queste imprese, avendo rapporti economici o industriali nei territori “occupati”, favoriscono la violazione del diritto internazionale umanitario, e quindi vanno boicottate. Non importa se i tribunali di mezzo mondo abbiano chiarito che il diritto internazionale umanitario non si rivolge a privati o imprese ma a stati, che non ha senso parlare di un’impresa che viola il diritto internazionale umanitario, non importa se l’intero sistema argomentativo è chiaramente anti-israeliano (le stesse cose non si dicono al Marocco o alla Turchia).
L’ossessione anti-israeliana, che non fa che lottare contro ogni probabile e razionale accordo di pace, si è fatta strada a Bruxelles, prima con l’adozione della politica di etichettatura dei prodotto israeliani provenienti dai territori e poi con la proposta di boicottare le banche. La fonte: lo European Council for Foreign Relations (ECFR), il think tank che ispira l’UE a boicottare Israele.

Uno sguardo a chi si occupa di Israele e Palestina così come ai loro scritti ci fa capire perché questo think tank vuole nobilitare il BDS. Hugh Lovatt e Mattia Toaldo sono gli autori del paper che spiegherebbe le intricare questioni che hanno a che fare con commercio e boicottaggio. Tra coloro che si occupano di Israele e Palestina vi è anche Dimi Reider, un giornalista, fondatore e blogger per il giornale online +972. Il giornale è un piattaforma elettronica di demonizzazione di Israele, in cui vengono pubblicati articoli che definiscono Israele uno stato razzista, uno stato di apartheid, e avanza la narrativa della Nakba.
Hugh Lovatt ha scritto il 15 agosto 2014 un articolo per “The Cairo Review of Global Affairs”, in cui analizza l’ipotesi di una nuova intifada: nessuna parola sulle violenze palestinesi, bensì “umiliazioni” e “provocazioni” israeliane hanno portato alle altre due intifade.
Il paper che l’ECFR ha pubblicato è di parte, fazioso e apertamente ostile a Israele. Le argomentazioni giuridiche non vengono discusse, non vengono citate le sentenze delle corti francesi, olandesi, inglesi e canadesi che si sono espresse su casi riguardanti i territori e tutti i giudici hanno chiarito che non c’è una cosa simile a una violazione del diritto internazionale umanitario da parte di un’impresa. Invece, i due autori si sono ampiamente basati su informazioni che vengono dalle ONG. In primo luogo la pubblicazione “Trading Away Peace”, del 2012, di ben 22 ONG, tra cui moltissime ONG cristiane come Cordaid, Trócaire, Christian Aid e DanChurch Aid, coinvolte in attività chiaramente anti-israeliane.
La pubblicazione citata accusa Israele di impedire lo sviluppo agricolo dei palestinesi impedendo un particolare tipo di fertilizzante, che Israele aveva vietato perché utilizzato nella fabbricazione di missili e bombe; l’intera visione politica è incentrata sugli insediamenti come l’unico problema del processo di pace. Ma le due fonti principali di ispirazione al boicottaggio sono Who Profits e Ecumenica Council on Corporate Responsibility. Who Profits è una costola di Coalition of Women for Peace, un’altra ONG impegnata a delegittimare Israele, e si occupa di catalogare tutte le imprese che hanno rapporti commerciali nei territori per chiederne il boicottaggio. Who Profits riceve soldi da altre ONG tedesche (Medico International), spagnole (NOVA), olandesi (ICCO) e dall’organizzazione sindacale norvegese Fagforbundet. Who Profits ha fatto lobbying perché i fondi di pensione olandesi boicottassero Israele, ha accusato il governo norvegese di sostenere gli insediamenti, ha negli anni adottato progressive politiche di boicottaggio, e conduce campagne internazionali contro imprese specifiche (AHAVA, Soda Stream, HP) - di ricerca è difficile parlare.

In Italia è poco conosciuta, se non a Trento, dove all’università si è tenuto l’evento “Occupare un Territorio: Profili Critici dell’Occupazione Israeliana e Effetti sulla nostra Libertà di Scelta”, cui hanno partecipato ricercatori e professori dell’Università di Trento e Yara Sad’i di Who Profits. Non da meno è l’altra organizzazione citata: l’Ecumenical Council on Corporate Responsibility, che è un’organizzazione cristiana con sede in Gran Bretagna che ha una particolare attenzione per il boicottaggio. Promuove il boicottaggio di prodotti israeliani dei territori e avanza la Kairos Palestine, la dichiarazione delle chiese palestinesi che riporta in auge la teologia della sostituzione, condonando la violenza dei “martiri” e sostenendo che il BDS è un “atto di amore cristiano”. Se la politica dell’Unione Europea si basa su queste fonti, non c’è grande speranza per le relazioni bilaterali con Israele né per un credibile ruolo dell’Unione Europea in Medio Oriente e sullo scenario internazionale. Basare una politica governativa su una visione politicizzata di un gruppo di ONG è pericoloso, se non ridicolo.

Giovanni Matteo Quer