Anche i razzisti devono poter dire la propria
Commento di Giovanni Quer

Baruch Marzel, Haneen Zoabi
La struttura della democrazia israeliana è più vicina all'America che all'Europa. La libertà di opinione e di espressione sono garantite fino al punto di permettere a professori, attivisti e opinionisti di esprimere opinioni razziste verso Israele o verso gli arabi.
La Corte Suprema ha deciso ieri che Haneen Zoabi e Baruch Marzel potranno partecipare alle elezioni. Entrambi esclusi dalla campagna elettorale per la loro attività politica e sociale di incitamento al razzismo, sono stati riammessi nelle liste per la Knesset.
Haneen Zoabi era la punta di diamante del partito Balad, ora della Lista Araba Unita. Ha partecipato alla flottiglia su Gaza, appoggia l'atomica iraniana, ha insultato forze di polizia, incita all'odio contro Israele. Secondo la Corte, molto chiasso e poco pericolo. Baruch Marzel era il braccio destro di rav Meir Kahane, un estremista anti-arabo assassinato nel 1990 a New York. Marzel ha un fitto "curriculum criminale": attacchi ai palestinesi, ai soldati israeliani, incitamento alla violenza contro i gay, ha incitato all'assassinio di Uri Avnery (giornalista e attivista di estrema sinistra).
L'unico giudice dissenziente è Elyakim Rubinstein (giudice religioso), che si è opposto alla reintroduzione di Marzel. È complicato pensare che permettere a estremisti razzisti di avere il podio possa non degenerare. Eppure la marginalizzazione delle voci estremiste non è mai servita a fermare il dilagare del razzismo.
Haneen Zoabi non rappresenta forse nemmeno la metà del pubblico arabo. Allora perché non coinvolgere di più i rappresentanti arabi pro-israeliani che vogliono integrarsi e non sono ostili allo stato? Baruch Marzel è nella lista di Eli Yishai, ex leader di Shas, il partito ortodosso sefardita, che ha lasciato nel mezzo di polemiche l'anno scorso. Marzel aveva un proprio partito che non è riuscito mai ad arrivare alla metà del minimo dei voti necessari per accedere in parlamento.
Farne dei martiri e dei guru lasciandoli ai margini della società o coinvolgerli nel dialogo politico e lasciare che sia la vita democratica a travolgerli? Israele opta per la seconda.

Giovanni Matteo Quer