Anche Fatah promette di lanciare razzi di Giovanni Quer
Il simbolo di Al Fatah
Gli "equidistanti" e gli "equivicini", come i "solidali" e gli "umanitari"oltre a richiedere la cessazione delle violenze, equiparando le due parti, richiedono anche il ritorno al dialogo, denunciando un supposto odio che invade entrambe le parti. L'immagine di finta obiettività e la missione della non-violenza servono solo a demonizzare Israele. E' sufficiente comparare le società, la stampa e i leader delle due parti.
In Israele la situazione è tesa sia all'interno del dibattito politico, sia con rispetto alla popolazione araba. A Tel Aviv in particolare ci sono manifestazioni contro la guerra della sinistra estrema, da cui anche i partiti più radicali come Meretz si dissociano, che organizza manifestazioni in piazza, contraria alle operazioni militari e seguita da contromanifestazioni (non senza qualche tafferuglio). La tensione crescente tra arabi ed ebrei è oggetto di continue tavole rotonde e incontri tra intellettuali, con la popolazione e coi giovani soprattutto per impedire l'esacerbarsi delle ostilità e altri episodi di intolleranza.
La stampa israeliana riporta delle operazioni militari, racconta le storie dei soldati caduti, della popolazione sotto attacco, e racconta anche di Gaza: pubblica le foto delle case distrutte a Gaza, racconta la storia dei palestinesi morti nella guerra. Le radio criticano questo e quello, le TV intervistano i palestinesi ricoverati negli ospedali israeliani. Il mondo politico è unito e le voci più estreme dicono che bisogna controllare aree di Gaza.
Da parte palestinese invece si piangono i propri morti e si inneggia al jihad, lodando le coraggiose imprese di Hamas. Il problema è che non è solo Hamas a incitare alla violenza e all'odio ma anche Fatah. Abbas in persona in un discorso alla nazione del 22 luglio ha incitato al jihad, mentre la pagina Facebook di Fatah minaccia: "faremo di Tel Aviv una palla di fuoco". Gli occhi dei palestinesi di Gaza curati negli ospedali israeliani sono pieni di terrore, perché se li riconoscessero sarebbero giustiziati una volta tornati in patria Palestina.
Per onore di comparazione allora ci si chiede: dove sono le folle che chiedono il cessate il fuoco in Palestina? Soprattutto quelle educate alla nonviolenza dai mille progetti delle organizzazioni dei diritti umani. Dov'è un'opposizione palestinese che critichi le decisioni dei loro leader? Soprattutto quell'opposizione che ha a cuore i diritti umani e che è finanziata dai programmi dell'UE e dei governi europei. Fatah dovrebbe essere il partner moderato, l'attore politico che persegue dei fini razionali sulla base di interessi definiti, eppure invidia i missili di Hamas. La stampa palestinese moderata di al-hayat al-jadida (giornale controllato da Abbas), parla di olocausto e di massacri che si perpetuano dall'arrivo dei sionisti.
In Israele continua a esserci quella forza morale che preserva il pluralismo di opinioni e che ha l'umanità di condividere anche la sofferenza altrui. Quando in Palestina ci sarà un minimo di questa umanità allora forse si potrà incominciare a pensare di dialogare. Per ora si può solo arginare la creatività assassina di Hamas e l'inventiva razzista di Fatah.