L’Iran è quanto mai attivo. Situazione inquietante per Israele 
Analisi di Antonio Donno

Due  fatti sono concomitanti nella scena mediorientale di questo momento: Il  nuovo blocco dei negoziati a Vienna tra Iran e Stati Uniti e lo  stillicidio di attentanti di Hamas e di suoi sostenitori contro  cittadini israeliani. Queste due realtà appaiono a prima vista slegate,  episodi in una regione sempre sull’orlo di una nuova crisi, in realtà  hanno una logica che li accomuna: l’Iran alza il livello dello scontro  sia nei negoziati, sia nella quotidianità dell’esistenza degli  israeliani. La richiesta di Teheran di essere disposta a riaprire i  negoziati dopo l’annullamento di tutte le sanzioni applicate durante il  mandato di Trump può sembrare, per chi non conosce a fondo le vicende  che hanno preceduto tale richiesta, un nonsense. In realtà, non lo è. Il  regime degli ayatollah non ha alcuna intenzione di riprendere i  negoziati perché ciò allontanerebbe il traguardo del nucleare. Al  contrario, tenere aperto il contenzioso con gli Stati Uniti consente a  Teheran di tenere sotto scacco Washington e continuare ad arricchire  velocemente l’uranio per giungere al più presto alla conquista  dell’atomica, contribuendo così ad accentuare le divisioni in seno al  governo americano. In questo modo, però, Biden e Blinken sarebbero  costretti a rivedere il programma iniziale del governo democratico, che  prevedeva il distacco progressivo degli Stati Uniti dalle questioni del  Medio Oriente per occuparsi dei problemi dell’Indo-Pacifico insieme ai  loro alleati nell’area. Insomma, il governo dell’oltranzista Raisi gioca  una partita pesante, che però, fino a questo momento, risulta vincente.  Dal canto loro, gli Stati Uniti devono uscire al più presto da  un’impasse che danneggia gravemente il loro prestigio a livello  internazionale, per non parlare delle conseguenze che deriverebbero a  Israele dal raggiungimento dell’obiettivo nucleare da parte dell’Iran. 

In  tale situazione, i quotidiani attentati alla vita di singoli cittadini  israeliani, di cui rende conto Daniele Raineri in un assai opportuno  articolo comparso ieri sul “foglio”, stanno a dimostrare che qualcosa  bolle in pentola. Hamas è sempre più attivo e, nello stesso tempo,  singoli cittadini arabi di Israele compiono azioni sanguinose contro  cittadini ebrei. Non si tratta, nella maggior parte dei casi, di persone  affiliate ad Hamas o direttamente incaricate da Hamas di compiere  attentati nei confronti degli ebrei, ma arabi che spontaneamente  uccidono per odio contro gli israeliani. Questo fenomeno, peraltro  sempre esistito, oggi è in pericolosa ascesa ed è particolarmente  inquietante. L’attacco di Hamas contro Israele del maggio scorso è stato  l’inizio di una nuova fase della guerra contro Israele. Ma dietro  Hamas, come è noto, v’è l’Iran. Così, l’atteggiamento di sfida di  Teheran nel contesto dei negoziati di Vienna si coniuga con l’aumento  della pressione terroristica di Hamas, e in particolare con la rivolta  della minoranza araba presente in Israele durante i fatti di maggio.  Oggi gli arabi di Israele, nella loro parte più ostile verso lo Stato  ebraico e più vicina al progetto di Hamas, sono ancor più motivati  perché sentono più che mai la vicinanza e il sostegno di Hamas e  soprattutto del suo sponsor iraniano, proprio come esito dell’attacco di  maggio da parte di Hamas, considerato un successo nella guerra del  popolo palestinese contro lo Stato ebraico. In prospettiva, dunque,  questi eventi e altri che probabilmente si verificheranno potranno  segnare la fine dell’Autorità Nazionale Palestinese e la sua  sostituzione con un’organizzazione legata ad Hamas, cioè all’Iran. 
È  una prospettiva estremamente pericolosa per Israele, una modificazione  profonda degli attuali attori presenti nel conflitto  israelo-palestinese. Se tutto questo dovesse realizzarsi, Israele  sarebbe circondato da nemici sul fronte del Libano, dove gli Hezbollah  filo-iraniani controllano il Paese, sul fronte della West Bank, dove  Hamas-Iran sarebbero al potere, e più a sud sul fronte della Striscia di  Gaza, sede di Hamas dal 2007, finanziato e armato da tempo dall’Iran,  dopo che nel 2005 Israele si era ritirato da quel territorio. Le  prospettive per Gerusalemme sono fosche, purtroppo.