La politica di Trump-Netanyahu ha messo in crisi gli Hezbollah 
Analisi di Antonio Donno
A destra: Benjamin Netanyahu, Donald Trump
Gli  Hezbollah, pagati dal regime iraniano, sono in difficoltà. Due sono i  motivi di questo impasse del movimento terroristico. In primo luogo, è  da valutare la recente, devastante esplosione nel porto di Beirut, i cui  responsabili sono tuttora poco noti, anche se nell’intera vicenda e  nella crisi profonda che ha colpito il paese gli Hezbollah sono in prima  linea fra gli attori del dramma. Inoltre, c’è da considerare che la  loro esistenza è strettamente legata al sostegno diretto dell’Iran, le  cui condizioni economiche, ma presumibilmente anche politiche, sono in  uno stato di gravissima difficoltà. Si scrive da tempo che il gruppo  terroristico stia mettendo a punto un attacco a Israele dai confini  meridionali del Libano, ma finora nulla è successo. Il motivo è da  ricercarsi nello stato di allarme dell’esercito israeliano su quei  confini, dove un attacco di Hezbollah sarebbe prontamente rintuzzato dai  soldati israeliani, con gravi perdite per i terroristi. Del resto, la  scoperta e l’eliminazione di vari cunicoli costruiti dai terroristi per  entrare nei confini settentrionali di Israele ha costituito una lezione  molto dura per le loro ambizioni. Il risultato di questi fallimenti è  stato descritto chiaramente da Elliot Chodoff su “BESA Perspective” del  16 settembre 2020: “Tali progetti sono sfociati in operazioni fallite  che hanno imbarazzato l’organizzazione, ponendola sotto una crescente  pressione per giungere a qualche apparenza di successo”. 
Ma  la preparazione di Israele, nel caso di nuove iniziative degli  Hezbollah, li pone in una situazione di incertezza sui risultati  ottenibili. Il fatto è che la deterrenza che Israele è in grado di  attuare – nel Libano meridionale e in quelle parti della Siria da cui  possono provenire attacchi da parte degli Hezbollah – è grandemente  superiore alle possibilità del gruppo terroristico di infliggere danni  sostanziali all’interno dei confini di Israele.         In secondo luogo, la situazione generale della regione pone l’Iran  in uno stato di isolamento. Impantanata in territorio siriano, Teheran  va accerchiandosi di paesi arabi sunniti che, grazie alla politica di  Trump e Netanyahu, si sono chiaramente schierati – o si stanno  schierando – dalla parte dello Stato ebraico, isolando politicamente la  Palestina e la stessa Striscia di Gaza, in cui l’Iran ha messo piede. Ma  è difficile comprendere come l’Iran possa in qualche modo sostenere le  posizioni dei palestinesi, sia politicamente sia militarmente, in  considerazione – come si è detto – delle gravi difficoltà economiche, e  strategiche, del regime degli ayatollah. Per tutti questi motivi, il  disegno di Nasrallah, il capo degli Hezbollah, è in una situazione di  stallo. Se la regione mediorientale dovesse configurarsi in un nuovo  assetto, come è evidente dai fatti recenti, è difficile prevedere come  il gruppo terroristico possa sperare in un avanzamento del suo progetto  politico-militare: “Darebbe vita ad un’escalation – scrive Chodoff – se  lo potesse”, ma non lo può. Piccole azioni soltanto, prontamente  rintuzzate da Israele, con esiti negativi per l’aggressore. Se, nel  passato, il successo degli Hezbollah s’era legato alla loro capacità di  essere presenti continuamente sul terreno, con azioni più o meno  efficaci, ma comunque visibili, ora l’irritazione del gruppo  terroristico nasce dalla sua passività.       La situazione del Medio Oriente è, dunque, ad una svolta storica.  La politica di Trump verso la regione, in stretto accordo con gli  orientamenti dei governi di Netanyahu, sta producendo frutti ben  visibili. Si sta verificando un vero e proprio capovolgimento delle  condizioni politiche in cui l’area ha vissuto per molti decenni. Nulla è  scontato, ovviamente. Ma i nemici storici di Israele si stanno  progressivamente affiancando a Gerusalemme in un progetto, ancora in  fieri, di rinascita economica e politica di una sezione strategicamente  cruciale del sistema politico internazionale, una sezione che nel  passato ha prodotto più volte situazioni di conflitto dai risvolti non  solo locali, ma più spesso internazionali. “Gli ebrei di Palestina – ha  scritto nel 1949 Chaim Weizmann nella sua autobiografia –, le cui mani  erano legate dalla Potenza Mandataria, erano giudicati, frettolosamente e  superficialmente, incapaci di difendersi” (Trial and Error, London, Hamish Hamilton, 1949, p. 575). Non è più così, a dispetto dei detrattori dello Stato degli Ebrei. 

Antonio Donno