Giornata contro la violenza sulle donne... meno le donne israeliane stuprate e uccise dalla barbarie palestinese
Commento di Deborah Fait

Deborah Fait

Già nel 2023, all'indomani degli stupri di massa del 7 ottobre, le femministe estremiste di "Non una di meno" non volevano alcun contatto con le femministe ebree, non le volevano nei loro cortei. Le donne ebree stuprate e uccise da Hamas, dal loro punto di vista, non sono degne di essere difese.
Il 25 novembre del 2023, quando i cadaveri delle donne israeliane stuprate e poi fatte a pezzi dai palestinesi erano ancora caldi, le femministe italiane del movimento “Non una di meno” hanno proibito al movimento femminista ebraico di partecipare ai cortei della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Il comunicato di allora era stato ripreso dal Huffpost che scriveva:
“l'ultima parte del comunicato della manifestazione dice: ‘Siamo al fianco del popolo palestinese. Non ci sono margini di ambiguità in questa storia di colonialismo, razzismo e violenza tesa a cancellare il territorio palestinese (sic) e, soprattutto, il suo popolo”.
Faccio notare che dopo i massacri avvenuti nei kibbuzim, Israele diede inizio all’attacco contro Hamas dopo un mese, solo il 14 novembre eppure dieci giorni dopo questa data, a guerra appena iniziata, le femministe parlavano già di genocidio. Questa è la dimostrazione delle menzogne della propaganda propal che purtroppo ha tanti soldi e tanti seguaci privi di discernimento che credono ad ogni parola esattamente come i giornalisti/scribacchini dei media italiani quando danno notizie provenienti unicamente da Hamas senza mai verificarle.
Olivia Cattan, giornalista parigina e presidente dell’associazione Paroles de femmes, ha spiegato che “le violenze contro le donne israeliane corrispondono esattamente alla definizione del femminicidio, ossia all’uccisione di donne o di ragazze in ragione del loro sesso. Alcune donne sono state esposte nude. Altre sono state stuprate al punto da provocare la frattura dei loro bacini. Anche i loro cadaveri sono stati violentati. I loro organi genitali sono stati martoriati. Hanno urinato sulle loro spoglie. Alcune sono state decapitate, altre smembrate e bruciate. Altre ancora prese in ostaggio. Tutto ciò è stato filmato e fotografato per suscitare terrore, perché le donne e i bambini sono i simboli della nostra umanità. Alcuni video di interrogatori dei terroristi lo confermano: -Abbiamo voluto stuprarle per umiliarle-”.
Umiliarle dunque, come donne, secondo la cultura islamica, e come ebree per seguire i dettami del Corano che comanda l’uccisione di ebrei ovunque essi siano. Quel 25 novembre di due anni fa e il comportamento indecente delle cosiddette femministe contro le donne ebree non fece scandalo. Nessuno disse una sola parola di protesta contro quella grave ingiustizia razzista, cacciare dai cortei le donne ebree. Ricordo come una ragazza che portava un cartello con la scritta “Condanniamo Hamas”, è stata buttata fuori dal corteo da due attiviste che, respingendola, le sibilavano con odio “Vai via di qua, vai via”. Con quelle parole hanno violentato le donne e le bambine israeliane martoriate il 7 Ottobre una seconda volta. Ai miei tempi era molto in uso una bellissima parola, sorellanza, che evidentemente è passata di moda ed è stata sostituita dalla parola sottomissione=islam, ragion per cui le donne ebree martoriate non sono considerate sorelle ma nemiche giustamente punite. Quest’anno, nel 2025, “Non una di meno” si è inventata uno slogan che solo a leggerlo sui loro striscioni fa ridere: Sabotiamo il patriarcato. Ma come? Di che patriarcato parlano? Proprio loro che difendono Hamas, che non battono ciglio per i crimini che i musulmani commettono contro le loro donne. Che non hanno detto una parola dopo l’omicidio di Saman Abbas ammazzata da tutta la sua famiglia su ordine del padre, Di Hina sgozzata e poi decapitata ( la testa rivolta alla Mecca)dal padre a Brescia 10 anni fa. Se il femminismo, quello vero, ci ha insegnato qualcosa è la solidarietà verso tutte le donne, indipendentemente dalla loro etnia o religione, solidarietà e alleanza dove l’antisemitismo non dovrebbe trovare terreno fertile. Purtroppo non è così, le femministe di oggi sono profondamente ideologicizzate quindi, per ovvia conseguenza, antisemite. E non si vergognano di esserlo perché ormai nel mondo occidentale dichiararsi sionista o pro Israele equivale a farsi dare del fascista, così su due piedi, senza remore. Il grido disperato delle donne iraniane “Donna vita e libertà” non ha senso per le femministicole di oggi cui non si alza nemmeno un sopracciglio quando una donna iraniana viene ammazzata di botte dalla polizia morale degli ayatollah se non porta il velo. Vorrei entrare nel loro cervello e capire come fanno a conciliare il loro femminismo con due concetti diametralmente opposti. Nessuna solidarietà per le donne israeliane a causa del loro odio antisemita. Ma nello stesso tempo nessuna solidarietà per le donne musulmane per un incomprensibile rispetto verso il patriarcato islamico che non osano criticare né tantomeno condannare. Penso sia presente una grave forma di psicosi nevrotica in tutto questo ma la cosa triste è che hanno ucciso il femminismo e quel “sabotiamo il patriarcato” diventa solo una caricatura di quello che in realtà sono, delle nullità.