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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Informazione Corretta - Il Foglio Rassegna Stampa
30.10.2012 Elezioni Usa, in attesa del 6 novembre
commento di Piera Prister, cronaca di Daniele Raineri

Testata:Informazione Corretta - Il Foglio
Autore: Piera Prister - Daniele Raineri
Titolo: «Obama preoccupato del voto ebraico, ora che Romney lo sta sorpassando - Cosa sta arrivando dopo lo scoop di Fox News sulla strage di Bengasi»

Pubblichiamo il commento di Piera Prister dal titolo " Obama preoccupato del voto ebraico, ora che Romney lo sta sorpassando ". Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 30/10/2012, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Cosa sta arrivando dopo lo scoop di Fox News sulla strage di Bengasi" .
Ecco i pezzi:

INFORMAZIONE CORRETTA - Piera Prister : " Obama preoccupato del voto ebraico, ora che Romney lo sta sorpassando "


Piera Prister, Mitt Romney con Barack Obama

Lo scandalo di Bengasi che sta montando sempre di piu’ qui, negli Stati Uniti man mano che se ne conoscono i particolari, e la mattanza in corso nella Siria di Assad che inesorabilmente continua, porgono urgenti e pressanti interrogativi di politica estera alla Casa Bianca, proprio alla vigilia delle elezioni del 6 novembre. Il presidente Barack Obama per non perdere la rielezione, ora che Mitt Romney sta fianco a fianco e lo sta sorpassando, pensa di distogliere l’attenzione pubblica con una sua mossa di politica internazionale che possa riscattarlo come Commander in Chief dal suo fallimento di Bengasi che ha cercato di coprire poi in un’opera di cover-up, protrattasi per piu’ di due settimane. Dell’accaduto in Libia se ne parla molto sulla stampa, e alla TV e ha investito negativamente tutti componenti dell’ amministrazione che per motivi politici, uno dopo l’altro dicendo falsita’ in un gioco di simulazione e di dissimulazione, hanno messo a repentaglio la sicurezza nazionale. E’ in ballo la sua rielezione e ogni voto conta per il sorpasso, inoltre urge anche tranquillizzare l’elettorato ebraico che in buona parte e’ ancora risoluto a votare per lui. La disaffezione degli ebrei che al 78% hanno votato quattro anni per lui, ben espressa nella pagina delle Opinioni del WSJ da Dan Senor nell’articolo:“Why Obama Is Losing the Jewish Vote” del 24 settembre, 2011 sta aumentando ed e’ormai piu’ o meno vicina alla meta’, ma ancora conta molto, e il presidente americano lo sa. Inoltre e’ notizia di fonte sicura che circola nella blogosfera che da giorni sarebbero iniziati negoziati segreti tra Washington e Teheran per uno stop al processo di arricchimento dell’uranio e anche per fermare gli ammazzamenti di decine e decine di migliaia di persone in Siria -a quest’ultima richiesta Khamenei gia’ avrebbe detto no- non si sa dietro quali patteggiamenti. Tutto questo dovrebbe servire ovviamente a salvare la presidenza di Obama che e’ pronto a negoziare la sicurezza nazionale per il suo vantaggio politico.
Riuscira’ Obama a difendere Israele, a rassicurarci e a proteggerci dalla minaccia nucleare di quelle menti apocalittiche dei mullah se non e’ riuscito a salvaguardare nemmeno le sue missioni diplomatiche?! O sara’ piuttosto un altro inganno perche’ dopo tutto all’ayatollah Khamenei conviene piu’ avere per altri quattro anni come interlocutore un presidente debole come Obama che un presidente forte come Romney.
In questi giorni l’accusa che si rivolge da piu’ lati al presidente non e’ soltanto di negligenza nel non aver ordinato gli aiuti che potevano arrivare in breve al Consolato di Bengasi dalla vicina base militare di Sigonella in Sicilia, ma anche quello di aver coperto le malefatte dei terroristi dietro quell’ orribile montatura che l’eccidio perpetrato nell’anniversario dell’11 settembre fosse spontaneo e dovuto al video anti-Maometto. In seguito c’era stato quel lungo giro di valzer delle scuse:”that video is disgusting and reprehensible...” detto e ridetto, anche nel suo discorso all’ONU dello scorso settembre dove Obama si scusava e Netanyhu invece accusava.
D’altronde il conto alla rovescia di quanto tempo manca ormai al completamento della bomba e’ iniziato, il premier israeliano Bibi Netanyahu all’ONU parlava di pochi mesi ed indicava quella fatidica linea rossa, oltrepassata la quale ci sarebbe stata l’urgenza di un intervento militare per bombardare i siti nucleari. Non capiamo perche’ solo il premier israeliano abbia preso sul serio quelle parole di Amadinejad dette nel giorno di Yom Kippur, il giorno piu’ sacro nel calendario ebraico,“Israel Must Be Eliminated”, Israele deve essere eliminato che suona alle nostre orecchie come la “soluzione finale” di Hitler. C’e’ da parte del premier Netanyahu una lotta immane da gigante per far capire agli altri quello che e’ di comune ovvieta’ sotto il loro naso, come scriveva George Orwell: “To See what is in front of one’s nose needs a constant struggle”. E’ una costante lotta di informazione corretta a cui noi sionisti, sempre a fianco di Israele pure non ci sottraiamo, consapevoli del gioco dell’azzardo e dell’inganno in cui siamo stati attirati dagli ispettori dell’AIEA, dall’embargo economico a meta’ rispettato e chissa’ da qual altro accordo sottobanco a cui il potere cinicamente ricorrera’ per la propria riconferma.

Certo che il governo israeliano e’ consapevole che cyberwarfare, la guerra cibernetica all’Iran iniziata da tempo, non e’ piu’ in grado di procrastinare ancora un attacco ormai improcrastinabile diretto ai siti nucleari iraniani, sempre piu’ numerosi e avanzati tecnologicamente. E il governatore della Bank of Israel, Stanley Fischer il 23/10 dal J.Post ha espresso dubbi che le sanzioni economiche contro l’Iran condurranno al collasso della sua economia e che Bank of Israel si sta preparando a tutte le eventualita’ inclusa la guerra. Ha detto: “The Bank of Israel was preparing for all sort of eventualities, including for a possible war with Iran”. Molti in questi quattro anni di amministrazione Obama auspicavano che Israele segretamente eseguisse un attacco simile a quelli che Israele in solitaria effettuo’ in passato, bombardando in Iraq i siti atomici di Saddam e poi in Siria quelli di Assad. Anche l’ex capo del Mossad, Meir Dagan nella recente trasmissione 60 Minutes su CBS auspicava un preemptive attack, un attacco preventivo ma congiunto tra Stati Uniti e Israele per bombardare i siti nucleari in Iran. Ma con il passare del tempo questa ipotesi e’ ormai da scartare, se il presidente solo a due settimane dalle elezioni con un tempismo un po’ sospetto, s’e’ deciso -come riporta il WSJ in un articolo di Joshua Mitnick: “U.S. Israel Begin Military Exercise” del 22/10/2012- a iniziare di nuovo le esercitazioni militari congiunte con Israele che erano state interrotte l’anno scorso. Si tratta di praticare per tre settimane un sistema integrato di difesa in caso di massicci attacchi missilistici e lanci di mortaio contro Israele, con simulazioni di una guerra multifrontale, contro cui opporre i missili Patriot americani e il sistema di difesa dell’Iron Dome, israeliano. Cosa succederebbe pero’ se quei missili da deviare fossero a testata nucleare? E’ comunque triste essere arrivati a questo punto, dopo le molte azioni dilatorie che ci hanno turlupinato, come l’embargo che non e’ stato preso seriamente ne’ in Europa, ne’ qui negli Stati Uniti. La riprova e’ quanto e’ accaduto in Svezia, dove il Ministro degli Esteri ha convocato l’ambasciatore israeliano Isaac Bachman la scorsa settimana per intimidirlo, a proposito di sue indiscrezioni secondo cui la Svezia aveva cercato di prevenire alla UE le sanzioni per non mettere in pericolo un affare lucroso tra Ericsson e Iran come ha riportato il 22 ottobre da Haaretz e J.Post: “Sweden was concerned the sanctions would endanger a lucrative deal between its mammoth communications company Ericsson and Iran”.

Nell’ultimo dibattito presidenziale con il suo avversario Romney, Obama con millantateria, aveva detto: ‘Cooperation with Israel has never been stronger” quando egli stesso non ha perso un’ occasione per umiliare il PM Bibi Nethanyahu facendogli fare l’anticamera nella pausa-pranzo, o mostrandogli arrogantemente le scarpe, seduto comodamente allungato nella poltrona dell’ Oval Office. O quando durante la visita in Israele del suo vice Biden, ingiunse al Segretario di Stato Mrs. Clinton di fare da mastino e abbaiare per tre quarti d’ora al PM Netanyahu al telefono perche’ sospendesse i lavori di espansione abitativa in corso a Gerusalemme. Obama ha permesso nei quattro anni della sua presidenza, con la sua politica debole di appeasement e di apology, a quei pazzi mullah dalla mente apocalittica di costruire una decina e piu’ di siti nucleari, con i giri ingannevoli di valzer degli ispettori di AIEA e delle sanzioni. E in aggiunta, ha mai visitato Israele in quattro anni soprattutto quando e’ andato in Egitto? Proprio in quell’occasione avrebbe dovuto farlo per controbilanciare il suo smaccato sbilanciamento a favore degli abietti regimi islamici che proprio perche’ scatenano tra di loro interminabili e cruente lotte fratricide in un clima di disumana , non possono essere ritenuti affidabili interlocutori di pace .

Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Cosa sta arrivando dopo lo scoop di Fox News sulla strage di Bengasi "


Daniele Raineri                               il cadavere dell'ambasciatore Stevens

Roma. Il rumor che esce dal Pentagono è questo e non è verificabile: la notte dell’attacco al consolato americano di Bengasi, in Libia, le richieste di aiuto del personale assediato arrivano anche al generale Carter Ham, comandante di Africom, il settore militare americano che si occupa delle operazioni in Africa. Il generale fa approntare un’unità di reazione rapida e comunica a Washington che sta per intervenire, ma riceve l’ordine di fermarsi. Ham risponde qualcosa come “’fanculo gli ordini, in qualche modo devo aiutarli”. Meno di un minuto dopo, il suo secondo lo prende da parte e lo informa che per ordine superiore è sollevato dal comando. In effetti un mese dopo, il 18 ottobre, il Pentagono annuncia con discrezione che Ham è rimpiazzato dal generale David Rodriguez. Conferme a questa storia? Difficili da ottenere. Ham era stimato ed è stato comandante di Africom soltanto un anno e mezzo, contro i tre anni del suo predecessore. Quella notte un ex Seal che lavorava alla Cia spediva in tempo reale informazioni dal campo ad almeno otto centri operativi: l’ambasciata a Tripoli, la Casa Bianca, il Pentagono, la Cia, lo Special Operations Command, il National Ops Center e, appunto, l’Africom di Ham. La conferenza stampa del 18 ottobre al Pentagono era annunciata ai reporter come “di routine”, “priva di novità”, e invece poi è arrivato il segretario alla Difesa in persona, Leon Panetta, ad annunciare il cambio non di secondo piano. Ma non è possibile sapere di più – per adesso (Rodriguez, il nuovo comandante, è un discepolo dell’attuale direttore della Cia, Petraeus, fin da quando erano generali in Afghanistan e ora in Africa lavorerà a stretto contatto con la Cia). Questo rumor arriva dopo uno scoop sulla strage di Bengasi potenzialmente devastante per Obama, che la partigiana e repubblicana Fox News ha messo in rete venerdì scorso e che si basa su fonti anonime “sul campo”. In breve, Fox News sostiene tre cose. Che quella notte gli americani intrappolati a Bengasi chiesero aiuto militare per essere tratti in salvo. Che era in effetti possibile aiutarli, perché c’erano almeno due unità speciali a poca distanza, compreso un distaccamento della Delta Force, e c’era in volo sopra di loro anche una cannoniera volante AC130 Spectre – capace di spazzare via con precisione nemici ben più pericolosi degli aggressori del consolato – per non parlare della base aerea di Sigonella, in Sicilia, a meno di due ore di volo, per una crisi che è durata almeno sette ore. E, terzo punto di Fox News, che la Casa Bianca ordinò ai militari lo “stand down”, di starsene fermi, perché aveva paura delle possibili conseguenze dell’intervento militare (il pezzo non lo dice, ma si può fare un’ipotesi sullo scenario temuto: soldati americani che liberano gli assediati sparando, folla libica presa in mezzo, ripercussioni diplomatiche). Ci sono passaggi della storia di Fox che sono “damning”, ovvero che hanno il potenziale di devastare la campagna per la rielezione di Obama. Questo: in volo sul consolato c’erano almeno due droni, che filmavano tutto e trasmettevano le immagini in diretta a Washington, dando alla Casa Bianca la possibilità di decidere in tempo reale. Dal Partito repubblicano ora si levano voci che chiedono dove sono questi video e se i droni fossero armati e quindi anche capaci di intervenire. Un altro passaggio accusatorio: quando gli americani sono scappati dal consolato e si sono rifugiati in un altro edificio poco distante che la Cia usava come “casa sicura”, uno dei due ex Seal – ingaggiato come servizio di sicurezza a Bengasi – dal tetto ha detto di avere puntato un laser per “illuminare” il mortaio libico che stava facendo fuoco con precisione micidiale sul gruppo – e che infatti poco dopo ha ucciso i due. Se l’operatore inquadrava con un laser quel bersaglio, vuol dire che sopra di lui c’era sicuramente un aereo pronto a sparare. Lo Spectre, dice Fox News, ed è vero che due cannoniere volanti americane sono ancora in Libia dalla fine della guerra nel 2011. Chiunque fosse là sopra ha però ricevuto l’ordine di non agire – è la conclusione di chi legge, e il corollario aggiunto dai repubblicani è che questo prova la mancanza di risolutezza di Obama nel momento cruciale di prendere una decisione. Lo scoop della Fox non può essere confermato, anche perché le fonti principali – i due ex Seal che chiesero invano soccorso – sono morte. E’ stato parecchio snobbato. Non è stato ripreso dal New York Times o dal Washington Post, e nessuno dei cinque show d’informazione della domenica ne ha parlato: né “Meet the Press” sulla Nbc, o “This Week” sulla Abc, oppure “State of the Union” sulla Cnn e “Face the nation” sulla Cbs; tranne ovviamente “Fox News Sunday”. Ieri, sul sito di Newsweek, è uscito un reportage/ intervista con il capo dei libici arrivati a soccorrere gli americani, che si dice certo che quella notte gli aggressori fossero guidati da una talpa dentro il comando delle forze di sicurezza libiche.

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