venerdi 29 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Repubblica - La Ragione Rassegna Stampa
29.01.2022 Brevi da non perdere 2
Di Paolo Mastrolilli, La Ragione

Testata:La Repubblica - La Ragione
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «L’America censura Maus: 'Shoah troppo volgare' - L'ultima nota»

Riprendiamo oggi, 29/01/2022, dalla REPUBBLICA, a pag.31, l'articolo dal titolo "L’America censura Maus: 'Shoah troppo volgare' " di Paolo Mastrolilli; dalla RAGIONE, a pag. 3, la recensione al libro "L'ultima nota".

LA REPUBBLICA - Paolo Mastrolilli: "L’America censura Maus: 'Shoah troppo volgare' "

Immagine correlata
Paolo Mastrolilli

MAUS : Spiegelman, Art, Previtali, Cristina: Amazon.it: Libri

Chissà, forse vogliono che insegniamo l’Olocausto in maniera più carina». Per fortuna Art Spiegelman non ha perso il senso del ridicolo, dopo che un distretto scolastico del Tennessee ha vietato Maus agli studenti di terza media, perché contiene brutte parole e un po’ di nudità. Uno potrebbe obiettare che magari i libri dove si racconta lo sterminio degli ebrei contengono alcune brutte parole e nudità, perché nei campi di concentramento a volte giravano brutte parole e non sempre si riusciva a vestire in modo appropriato. Il punto però non è questo, o non solo. Il problema altrettanto grave è la crociata censoria in corso negli Usa, che evidenzia drammaticamente la profonda spaccatura culturale alla radice delle minacce per la sopravvivenza della democrazia più antica e potente del mondo moderno. Maus è ispirato all’esperienza dei genitori di Spiegelman durante l’Olocausto. Disegna gli ebrei come topi e i nazisti come gatti. Il 10 gennaio il board scolastico della McMinn County lo ha tolto dai libri per gli studenti di terza media, lanciando un segnale inquietante su quanto accade in America. In Texas è stata approvata una legge per limitare l’insegnamento del fenomeno del razzismo, per contrastare la “critical race theory”, che riconduce ad esso tutte le discriminazioni nella società americana. Oltre una trentina di stati hanno adottato misure simili, mentre la Florida si è spinta a vietare gli atti capaci di far provare ad una persona «disagio, senso di colpa, angoscia o qualsiasi altra forma di imbarazzo psicologico a causa della sua razza, colore, sesso o origine nazionale». In altre parole, non insegnate ai bambini bianchi la storia dello schiavismo, affinché le colpe dei padri non ricadano sui figli. Così quasi nessuno sa che il Tredicesimo emendamento della Costituzione, scritto dopo la Guerra Civile per abolire la pratica, la faceva uscire dalla porta ma rientrare dalla finestra: «Né la schiavitù né la servitù involontaria, tranne che come punizione per un crimine per il quale la parte sarà stata debitamente condannata, esisteranno negli Usa». Quindi i neri erano liberi, ma se sgarravano potevano essere condannati a tornare nelle piantagioni, altrimenti l’economia del Sud falliva. I conservatori accusano i liberal di aver cominciato la crociata col “politically correct”. In parte hanno ragione, a patto di ricordare questo ragionamento di Mario Cuomo: «A New York ogni giorno parliamo oltre 140 lingue. Vuol dire che tutti i conflitti presenti sulla Terra sono rappresentati da noi. Se ognuno si sentisse autorizzato a dire e fare ciò che gli dice la testa, vivremmo nello scontro costante. La correttezza politica a volte sarà grottesca, ma serve a prevenire la guerra civile: scegliete voi cosa preferite». I conservatori hanno risposto lanciando una campagna sistematica di censura, di cui ora è diventato vittima anche Spiegelman. Il Primo emendamento della Costituzione garantisce la libertà di espressione a tutti, inclusi i neonazisti. Almeno per i politici, però, la società americana si è sempre basata sull’obbligo di dire la verità, e quando venivi beccato a mentire eri finito. Ora invece imperversano le fake news, e Trump sta costruendo la ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024 sulla “grande bugia”, secondo cui Biden avrebbe rubato le elezioni del 2020. La spaccatura culturale alla base di questa disputa è già profonda, ma se diventerà insanabile metterà a rischio il futuro della democrazia americana.

LA RAGIONE: "L'ultima nota"

L' Ultima nota
La copertina (Marietti ed.)

Pensando alla musica pensiamo a una delle voci della libertà, del sentimento, dell'animo stesso degli uomini. La musica è un linguaggio straordinario per esprimere sentimenti e per provocarli, capace di turbare e divertire, di alleggerire e appesantire, di distrarre o far pensare. Ma quando penseremo alla musica di cui parla questo libro potremo solo rabbrividire e commuoverci, tanto profondo è l'abisso in cui si precipita e tanto alta la vetta che si tocca. L'autore è giornalista e saggista. In questo libro raccoglie un immenso e prezioso materiale, relativo all'uso della musica nei campi di sterminio. Forse tutti abbiamo visto la foto di uomini che suonano, camminando, vestiti con la divisa a righe dei prigionieri, destinati alla morte. Fu usata, quella foto, dai negazionisti, da quanti pretendono di affermare che i campi non siano mai esistiti, che non vi si praticasse lo sterminio. Vedete? suonano. Ma quella foto non era parte della propaganda nazista: fu scattata nel 1942, a Mauthausen, e non era destinata a circolare. Fu un deportato spagnolo a rubare il negativo e a portarlo fuori. Suonavano, si, ma la cosa era stata organizzata per dileggiare chi aveva provato a scappare e ora andava a essere impiccato. Li facevano suonare, quanti erano in grado di farlo, per accompagnare il rientro dai lavori forzati. Un tetro comitato d'accoglienza per chi resisteva alla morte sul lavoro, conservandosi per la camera a gas. Li facevano suonare per gli arrivi di nuovi deportati. Talora suonavano per i carnefici, anche loro immersi in quello scenario di morte, ma dalla parte degli assassini. Eppure è capitato che, arruolando musicisti, questi finissero anche con il suonare e il comporre per sé stessi, tornando a dar voce alle loro anime, così accedendo all'immortalità. Il decimo capitolo del libro è dedicato ai musicisti italiani nei campi, ma qui la nazionalità conta poco, conta l'umanità. Alcuni spartiti ci sono arrivati dall'inferno e il vibrare di quelle note, il sapere in che condizioni presero forma sul pentagramma, è la vetta che emerge dall'abisso: non c'è verso di sopprimere la libertà di chi se la porta dentro, anche se in catene, non c'è modo di uccidere l'umanità di chi non si arrende alla brutalità. Semmai sono i carnefici ad averla persa, ricordandoci sordamente che di questo si è stati capaci e che quel che è stato può sempre essere.

Per inviare la propria opinione, telefonare:
La Repubblica: 06/49821
oppure cliccare sulle e-mail sottostanti

rubrica.lettere@repubblica.it
info@laragione.eu

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT