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Il Foglio - Avvenire Rassegna Stampa
04.06.2021 Israele/governo 2: quali sono le prospettive?
Commenti di Fiammetta Martegani, Daniele Raineri

Testata:Il Foglio - Avvenire
Autore: Fiammetta Martegani - Daniele Raineri
Titolo: «Israele, Netanyahu non molla la presa. A caccia di 'disertori' in Parlamento - Chi sono gli islamisti arabi che decidono il governo in Israele»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 04/06/2021, a pag. 11, con il titolo "Israele, Netanyahu non molla la presa. A caccia di 'disertori' in Parlamento", l'analisi di Fiammetta Martegani; dal FOGLIO, a pag. 1, con il titolo "Chi sono gli islamisti arabi che decidono il governo in Israele", il commento di Daniele Raineri.

Ecco gli articoli:

L'intesa per l'esecutivo Bennett-Lapid c'è, ma ora serve la fiducia della  Knesset - Moked
L'intesa tra Yair Lapid, Naftali Bennett, Mansour Abbas

AVVENIRE - Fiammetta Martegani: "Israele, Netanyahu non molla la presa. A caccia di 'disertori' in Parlamento"

Gli restano pochi giorni, pochissimi, per provare a disinnescare il "governo del cambiamento" che vorrebbe cambiare innanzitutto lui. Non è difficile immaginare il lavoro febbrile di Benjamin Netanyahu in queste ore che potrebbero mettere la parola fine ai suoi 12 anni di primo ministro. Non è difficile immaginare i contatti attivati, i messaggi mandati, i tentativi operati per sottrarre almeno un deputato a quella maggioranza che si sta consolidando e che lo vuole cacciare. Non è difficile immaginarlo perché Bibi è proprio questo: l'uomo delle mille resurrezioni, capace di combattere con ogni mezzo, e a qualunque costo, per difendere la sua poltrona. Lo sta facendo anche ora, in una lotta contro il tempo nello stretto spazio di azione che si ritrova. Mercoledì sera il leader centrista e premier incaricato Yair Lapid ha annunciato di aver raggiunto un accordo per il nuovo esecutivo di unità nazionale con il leader della destra Naftali Bennett. Dovrebbe essere Bennett a guidare, per i primi due anni, il nuovo governo a rotazione, per poi passare la staffetta a Lapid. Ma i giochi non sono ancora fatti. L'eterogenea coalizione, costituita da otto partiti — di sinistra, di destra, di centro, più gli arabi — potrebbe in effetti crollare sul nascere. Deve guadagnarsi la fiducia alla Knesset, e le cose non sono così semplici. Le manovre sono piuttosto chiare: il presidente dell’Aula, Yariv Levin, uno degli uomini del Likud più vicini a Netanyahu, sta cercando di posticipare il voto il più possibile per permettere al premier uscente di guadagnare tempo, e scovare defezioni tra i parlamentari dell'ala destra del nuovo blocco per far saltare la risicata maggioranza di 61 membri (su 120 del Parlamento) necessari per governare. Lapid e Bennett stanno invece cercando di accelerare, per chiudere il prima possibile. Bibi ieri è partito all'attacco. «Questa alleanza con la sinistra è pericolosa per la sicurezza di Israele», ha detto, rivolgendo direttamente un appello a tutti i deputati «eletti con i voti della destra» affinché abbandonino il progetto governativo. E poi non si è risparmiato su Mansour Abbas, il leader del partito arabo Raam che, con i suoi 4 seggi, è diventato determinante per la costituzione del governo (sarebbe la prima volta che una formazione araba siede al favore dei deputato d Yamina - II partito dl Naftali Bennett, che dovrebbe essere premier net nuovo governo - Nir Orbach, considerato non Incline ad appoggiare con Il suo voto il nuovo esecutivo. «Big tech, stato profondo e lo pseudo-sistema giudiziario, con I loro burattini nel nuovo governo, stanno conducendo Israele verso un periodo nere, he scrItto Yair. tavolo della maggioranza). «Avete venduto il Negev a Raam», ha tuonato Netanyahu, riferendosi al fatto che una delle prime richieste di Mansour è stata quella di risollevare economicamente la zona desertica nel Sud di Israele dove vivono numerose comunità di beduini, parte fondamentale del suo elettorato. Nel frattempo, la Lista congiunta, l'altro partito arabo all'opposizione, si è mobilitato per accelerare sul nuovo governo, firmando l'appello del "blocco del cambiamento" che chiede la sostituzione di Levin come speaker della Knesset con Meir Cohen, deputato di Yesh Atid, il partito di Lapid. Se il cambio andasse a buon fine, sarebbe un viatico per il nuovo esecutivo, che potrebbe vedere la luce già il prossimo lunedi. Ottenuta la fiducia, la vera sfida di questa compagine sarà restare unita e trovare una visione comune. Impresa titanica, viste le posizioni spesso antitetiche sui temi più importanti dell'agenda israeliana, a cominciare dalla questione palestinese e dalla gestione dei Territori e dei coloni israeliani che ci vivono (il cui referente è proprio Bennett). Annusata l'aria, Bennett ha convocato per oggi una riunione di emergenza anche con l'obiettivo di contrastare l'offensiva popolare del blocco pro-Bibi, che ha minacciato di organizzare proteste fuori dalle abitazioni dei deputati del partito nazionalista. Il tecno-colono ha ha già ricevuto protezione da parte dello Shin Bet, l'agenzia di intelligence.

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "Chi sono gli islamisti arabi che decidono il governo in Israele"

Roma. Israele è una democrazia rappresentativa e questo vuol dire che il partito arabo e islamista Ra'am può andare al governo e può dare la spallata decisiva che fa cadere il primo ministro Benjamin Netanyahu, al potere senza interruzioni da dodici anni. Per tre notti consecutive dunque il capo del Ra'am, Mansour Abbas, ha negoziato in una sala dell'hotel Kfar Maccabiah vicino a Tel Aviv con i capi di altri partiti di Israele, incluso quel Naftali Bennett considerato più a destra di Netanyahu, per far passare le sue richieste, far nascere un governo e risparmiare al paese le quinte elezioni in due anni. E' una coalizione di otto fazioni che lascia perplessi sulla possibilità di una lunga vita politica perché c'è dentro di tutto, dagli arabi ai centristi alla destra, e quindi i programmi sono diversi, ma c'è chi invece scommette che potrebbe essere longevo: i partiti dei duri hanno fatto un grosso compromesso per allearsi con Abbas e quindi non hanno fretta di ripresentarsi davanti al loro elettorato per un nuovo voto. E Abbas deve dimostrare di essere capace di raggiungere traguardi concreti e quindi neanche lui ha fretta di far fallire la coalizione. Ra'am è un partito religioso nato da un'antica scissione del Movimento islamico in Israele, che ha origini comuni con Hamas e che nel 1996 si divise in uno spezzone del sud e uno spezzone del nord. Lo spezzone del nord sosteneva che non è lecito presentarsi alle elezioni per entrare alla Knesset, il Parlamento di Israele. Alcuni suoi rappresentanti sono stati arrestati di recente perché coinvolti nelle violenze in strada fra torme di arabi e di israeliani durante l'ultima guerra a Gaza, finita due settimane fa. Lo spezzone del sud invece considerava possibile presentarsi alle elezioni e formò il partito religioso Ra'am. Un quinto dei nove milioni di cittadini di Israele è formato da arabi palestinesi che da anni premono per una rappresentanza in politica e ora hanno un riferimento. Se si ripercorre l'albero genealogico delle fazioni, si vede che a un certo punto molti anni fa le stesse persone si sono divise e hanno fatto scelte differenti. Oggi a un'estremità c'è Hamas e ha deciso che l'unica soluzione possibile è distruggere Israele con le armi e lancia aggressioni militari disastrose; all'altra estremità c'è Ra'am, che di fatto sta scalzando Netanyahu dal potere senza tirare nemmeno un mandarino. Abbas in cambio dell'accordo di governo - il primo nei 73 annidi storia di Israele - ha chiesto investimenti molto sostanziosi nelle aree a maggioranza araba per sviluppo e lotta alla criminalità, il riconoscimento dei villaggi beduini nel Negev, la presidenza della commissione Interni al Parlamento e il congelamento della legge Kaminitz del 2018, che punisce con durezza le costruzioni abusive - in maggioranza sono nelle zone arabe. E' un passo che arriva otto mesi dopo gli accordi di Abramo, con i quali alcuni stati arabi hanno avviato un impensabile processo di normalizzazione con Israele. Questi fatti, per qualche ragione, non trovano spazio sui social, dove senza l'obbligo di aderire un minimo alla realtà durante l'ultima guerra di Gaza alcuni parlavano di "pulizia etnica" israeliana contro gli arabi.

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