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L'Opinione - Il Foglio Rassegna Stampa
09.08.2012 Egitto: Morsi ordina un'operazione anti terrorismo e bombarda il Sinai
analisi di Stefano Magni, Daniele Raineri

Testata:L'Opinione - Il Foglio
Autore: Stefano Magni - Daniele Raineri
Titolo: «I due volti di Mohammed Morsi - I Fratelli bombardano»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 09/08/2012, a pag. 5, l'articolo di Stefano Magni dal titolo " I due volti di Mohammed Morsi ". Dal FOGLIO, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "I Fratelli bombardano".

L'OPINIONE - Stefano Magni : " I due volti di Mohammed Morsi "


Stefano Magni, Mohamed Morsi

Dopo l’attentato al confine fra Egitto e Israele, un raid militare egiziano contro gli jihadisti del Sinai ha provocato almeno 20 morti. Il presidente Mohammed Morsi lo aveva promesso: restaurare l’ordine nella penisola (fuori controllo sin dallo scoppio della rivoluzione contro Mubarak, un anno e mezzo fa) è la priorità militare. Il governo israeliano è d’accordo ed è disposto ad accettare una maggior presenza egiziana ai suoi confini meridionali, pur di non rischiare altri attentati. Eppure, proprio il giorno prima del raid, i Fratelli Musulmani (di cui Morsi è leader) avevano pubblicato sul loro sito la loro versione complottista: l’attentato nel Sinai visto come il frutto di una cospirazione del Mossad per seminare zizzania fra il Cairo e i “fratelli” palestinesi di Gaza: Hamas è affiliato alla Fratellanza egiziana.

Strano sdoppiamento di posizioni: l’Egitto è evidentemente dominato da due uomini: Mohammed Morsi e… Mohammed Morsi. Una specie di dottor Jakyll e mister Hyde. Il primo Morsi è il leader dei Fratelli Musulmani, promette di “rivedere” (eufemismo per: stracciare) il trattato di pace con Israele, vuole vincere il braccio di ferro con i militari, vuol liberare l’Egitto dalle “contaminazioni” occidentali, d’accordo con gli imam più radicali. Il secondo Morsi, pur essendo la stessa persona, è l’opposto: una sorta di Mubarak più democratico. Va a braccetto con i militari, promette a Hillary Clinton di rispettare il trattato di pace con Israele, si impegna a garantire tutti i diritti civili, rispettando la parità fra uomini e donne e la protezione delle minoranze religiose. I benpensanti non vedono alcuna contraddizione fra Morsi1 e Morsi2, perché ritengono (già da prima delle elezioni egiziane) che i Fratelli Musulmani siano diventati un movimento “democratico e liberale”. I malpensanti ritengono che Morsi2 sia solo un dissimulatore: d’altra parte, celare l’agenda segreta è sempre stato un espediente dei Fratelli Musulmani, quando i rapporti di forza sono a loro sfavore. E sono a sfavore, per ora, perché l’esercito ha ancora le redini del potere legislativo e della politica estera.

In ogni caso, questo sdoppiamento di personalità del presidente egiziano sta diventando un vero e proprio caso-studio. Ad esempio, la settimana scorsa, Morsi2 ha inviato una lettera ad Israele, promettendo di rispettare gli accordi in vigore e di lavorare assieme allo Stato ebraico per gestire i comuni interessi di stabilità nella regione. Morsi1 ha affidato la sua vibrante protesta all’ufficio della presidenza egiziana. Che ha immediatamente rinnegato la paternità della lettera. Benché gli israeliani abbiano ricevuto il documento tramite l’ambasciata egiziana a Tel Aviv, con tanto di timbro ufficiale, il Cairo tuttora nega. Lo sdoppiamento ha assunto toni drammatici nell’attuale crisi del Sinai. Morsi1 aveva ricevuto nel suo ufficio il premier di Hamas, Ismail Haniye, promettendo nuovi rapporti commerciali. Morsi2, dopo l’attentato del Sinai (16 soldati egiziani morti) ha subito chiuso il valico di Rafah “a tempo indeterminato”.

Questo dualismo è destinato a durare ancora per molto. Almeno finché non vi sarà un solo potere al comando: o quello presidenziale o quello militare. Solo allora potremo vedere quale sia il vero volto di Mohammed Morsi.

Il FOGLIO - Daniele Raineri : "I Fratelli bombardano"


Daniele Raineri

Roma. Sospeso a mezz’aria tra la visione dell’islam e il pragmatismo politico, il presidente egiziano espressione dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi, ora è costretto a gettarsi in fretta verso il pragmatismo, persino di stampo militare. Ieri ha licenziato il capo dell’intelligence, il generale Murad Muwafi, per non avere impedito la strage di 16 militari egiziani in una base del nord del Sinai, vicino al confine con Israele, domenica sera. In realtà Muwafi era uno dei pezzi certamente funzionanti dell’establishment – è in collegamento diretto con il governo israeliano, che lo considera una controparte affidabile nella lotta al terrorismo. Il generale si è difeso dicendo che lui aveva chiesto che fosse chiuso il valico con Gaza, ma il presidente Morsi si era opposto perché la nuova libertà di circolazione con la Striscia è uno dei pochi, se non il solo, segno tangibile dell’arrivo dei Fratelli musulmani al potere. Muwafi sostiene anche che i servizi egiziani erano stati avvertiti in anticipo dagli israeliani, ma che hanno commesso un errore di valutazione: pensavano che i terroristi non avrebbero attaccato durante l’iftar, l’ora della rottura del digiuno durante il mese sacro del Ramadan.
Lunedì il governo presieduto da Morsi ha ordinato un’operazione antiterrorismo dell’esercito nel Sinai. All’alba di ieri quattro elicotteri Apache di fabbricazione americana hanno sparato razzi – un bombardamento egiziano nel Sinai, non succedeva dal 1973, dalla guerra dello Yom Kippur, ma allora i bersagli erano i soldati israeliani – contro un gruppo di case a Sheikh Zuwaid e contro tre fuoristrada in fuga e hanno ucciso 26 persone – così dice la tv di stato, ma non ci sono verifiche indipendenti (alcuni beduini smentiscono). Martedì notte gli uomini del gruppo terrorista erano entrati di nuovo in azione e avevano sparato contro sette checkpoint e contro una fabbrica di cemento di proprietà dell’esercito. Ieri avrebbero risposto al fuoco degli elicotteri sparando alcuni missili terra aria – da mesi si parla del traffico di questo tipo di arma dalla Libia post rivoluzionaria verso Gaza.
L’operazione egiziana è avvenuta in piena zona demilitarizzata grazie al consenso totale di Israele, secondo il meccanismo previsto negli accordi di pace di Camp David: il Cairo deve chiedere ogni mese il rinnovo di un’autorizzazione a Gerusalemme per muovere mezzi e soldati nell’area. Lunedì, il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha detto che l’accordo di pace non è di certo un ostacolo per eventuali operazioni antiterrorismo egiziane nel Sinai. Finora gli egiziani non avevano mai sfruttato così a fondo le chance concesse dal trattato, ma ieri il vice primo ministro e ministro dell’Intelligence di Gerusalemme, Dan Meridor, ha ribadito che il governo israeliano non obbietterà se gli egiziani decidessero di impiegare forze pesanti per lanciare operazioni antiterrorismo della zona.
Ora però gli egiziani tentano di sfruttare l’occasione per spremere qualche vantaggio dall’aggressione terrorista e hanno chiesto di rivedere e allargare i termini dell’accordo di pace. Martedì al Cairo c’è stato il funerale dei sedici soldati. Il presidente Morsi ha commesso forse l’errore più grave del suo mandato finora e non si è fatto vedere, anche se il cronista della tv di stato, leggendo un foglio in diretta davanti alle telecamere, ha detto che era presente. Morsi era spaventato da quanto è accaduto al suo vice, Hisham Qandil, che poche ore prima era dovuto fuggire di corsa dalla moschea di al Rashdan, dove rendeva omaggio ai caduti, senza nemmeno il tempo di rimettersi le scarpe, circondato da una folla inferocita. Qandil non è un Fratello musulmano ma è considerato ideologicamente vicino. Morsi è andato all’ospedale a visitare i militari feriti e ha fatto dire al suo portavoce che “le misure di sicurezza necessarie per la sua presenza avrebbero aggiunto tensione e impedito alla gente di partecipare”.
Al funerale il rappresentante del partito salafita, Nader Bakr, è stato assalito e lo stesso è successo all’ex candidato presidenziale Abdel Fotouh, un tempo appartenente ai Fratelli musulmani. I partiti islamici sono considerati responsabili per la vicinanza a Hamas, che controlla Gaza e gli estremisti nell’area. “Il sangue dei nostri martiri cade sui Fratelli musulmani e su Hamas”, diceva un cartello tenuto alto tra la folla che assisteva al corteo funebre. Ieri il pragmatismo e l’opportunismo tattico dei Fratelli ha prevalso in un lampo sull’ideologia. Intanto, dietro il corteo funebre, avvolto nella bandiera nazionale, l’unico membro del governo presente era il ministro Mohamed Tantawi, capo dei generali.

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