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Il Foglio - L'Opinione Rassegna Stampa
07.06.2012 Iran: un terzo sito per l'arricchimento dell'uranio
altro che negoziati e sanzioni. Commenti di Giulio Meotti, Stefano Magni

Testata:Il Foglio - L'Opinione
Autore: Giulio Meotti - Stefano Magni
Titolo: «Così l’Iran lavora a un terzo sito per l’arricchimento dell’uranio - Ahmadinejad a Pechino, fra amici»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 07/06/2012, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Così l’Iran lavora a un terzo sito per l’arricchimento dell’uranio ". Dall'OPINIONE, a pag. 5, l'articolo di Stefano Magni dal titolo " Ahmadinejad a Pechino, fra amici ".


Ecco i due articoli:

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Così l’Iran lavora a un terzo sito per l’arricchimento dell’uranio "


Giulio Meotti

Roma. A meno di due settimane dal terzo round di colloqui a Mosca fra gli iraniani e il 5+1 sulla questione nucleare, rapporti di intelligence rivelano che gli ayatollah starebbero costruendo un terzo impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio. Una “seconda Fordo”. Mosca prende tempo per conto dell’Iran e cerca anzi di coinvolgere gli ayatollah nei colloqui sul futuro del rais di Damasco Bashar el Assad, al vertici degli “Amici della Siria” a Istanbul, proposta alla quale il segretario di stato americano, Hillary Clinton, ha risposto così: “E’ un po’ difficile immaginare l’invito a un paese che è quello che organizza la repressione del regime di Assad sul suo popolo”. David Albright, il maggiore esperto al mondo di proliferazione nucleare, direttore dell’Institute for Science and International Security di Washington, denuncia le manovre iraniane sul fronte nucleare. La terza struttura andrebbe ad aggiungersi a quelle già esistenti, Natanz e Fordo, iniziate clandestinamente e poi rivelate al mondo dalle agenzia occidentali o dai dissidenti iraniani. Fino alla fine del 2010, la Repubblica islamica disponeva ufficialmente di un solo sito per l’arricchimento, Natanz. Poi nel settembre scorso si era appreso che un altro sito era in corso di costruzione vicino alla città santa di Qom. Martedì, parlando con la Bild, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che “il programma nucleare iraniano non è arretrato di un millimetro. Nonostante tutta la pressione, non è accaduto nulla”. Netanyahu ha detto di più: le potenze mondiali sono “talmente orientate verso un accordo con l’Iran” in merito al suo programma nucleare che hanno “abbassato le loro richieste” fino al punto che Teheran potrebbe sottoscrivere l’accordo e continuare a costruire la Bomba. Contemporaneamente parlava l’inviato statunitense presso l’Aiea, Robert Wood, secondo cui “Teheran ha tanto uranio nei propri magazzini da poter fabbricare parecchie armi nucleari”. Sempre secondo Wood, “non c’è alcuna ragione che giustifichi l’accelerazione”, impressa da Teheran, “al processo di arricchimento dell’uranio”, che non sia per scopi militari. Wood si è infine detto “poco ottimista” su un possibile accordo a Mosca col gruppo dei 5+1. Il think tank americano Institute for Science and International Security, già il mese scorso, aveva stimato che l’Iran ha abbastanza materiale per “produrre almeno cinque bombe atomiche”. L’ultimo rapporto dell’Aiea, giunto pochi giorni fa, dettaglia gli immensi progressi compiuti dagli iraniani. Se nel rapporto di febbraio si parlava di 5.451 chilogrammi di uranio arricchito, a maggio sono diventati 6.197. I tecnici di Teheran sono passati da 150 chilogrammi al mese agli attuali 250. Il 60 per cento in più. Nuove immagini satellitari rivelano come l’Iran stia cercando di “ripulire” il sito di Parchin, dove avrebbe effettuato test militari, ripetendo quanto fecero nel 2004 nel sito di Lavisan, che fu del tutto “sanitarizzato”. Oggi il complesso ospita un bel parco. Rivelazioni di Debka, il sito legato all’intelligence israeliana, parlano di nuove sanzioni americane in vista del probabile fallimento del vertice di Mosca. Secondo indiscrezioni, la Casa Bianca sarebbe pronta a imporre “sanzioni dal cielo”, ovvero il bando delle compagnie che fanno scalo in Iran. Ieri, da Gerusalemme, il capo di stato maggiore delle Forze armate israeliane, Benny Gantz, ha avvertito che l’esercito è pronto ad attaccare Teheran per porre fine alle sue ambizioni nucleari: “Dobbiamo essere super pronti, e per quanto mi riguarda lo siamo”.

L'OPINIONE - Stefano Magni : " Ahmadinejad a Pechino, fra amici "


Stefano Magni

L’Aiea lancia l’allarme: il rappresentante americano dell’agenzia Onu per l’energia atomica, Robert Wood, ha dichiarato che la quantità di uranio arricchito accumulata dall’Iran, fino ad oggi, si spiega solo con la volontà di costruire bombe atomiche. Il materiale sinora prodotto sarebbe già sufficiente a produrre numerosi ordigni. È il secondo avvertimento in 5 mesi. Anche a febbraio, infatti, l’Aiea aveva allertato la comunità internazionale, rilevando che Teheran avesse triplicato la sua capacità di arricchimento dell’uranio. In questi giorni Robert Wood segnala anche che i lavori di demolizione del sito di Parchin, alla vigilia delle prossime ispezioni dell’Aiea, potrebbe solo servire a cancellare tracce troppo compromettenti di un programma militare.
Eppure Mahmoud Ahmadinejad ha incassato, anche ieri, la sua legittimazione internazionale. Da Russia e Cina, in particolar modo, che lo hanno invitato a partecipare, in qualità di osservatore, ai lavori del vertice della Shanghai Cooperation Organization (Sco) la più grande istituzione sovranazionale dell’Asia. Pechino e Mosca hanno ribadito la loro contrarietà a nuove sanzioni contro la Repubblica Islamica. Secondo il ministro degli Esteri Sergej Lavrov (a Pechino, al seguito del presidente Vladimir Putin), nuove misure restrittive contro l’Iran sarebbero «controproducenti». Cina e Russia si sono pronunciate per una «soluzione pacifica, attraverso il dialogo e i negoziati». Mosca e Pechino sottolineano di «non essere d'accordo sull'esercitare una pressione eccessiva imponendo sanzioni unilaterali all'Iran». Nel suo colloquio con il presidente Ahmadinejad, il premier cinese Wen Jiabao ha ribadito che la Cina è contraria all'acquisizione di armi nucleari da parte di qualsiasi Paese mediorientale. Frase doppiamente ambigua. Prima di tutto perché Teheran ha sempre ribadito che il suo programma ha scopi “pacifici” (sulla carta), dunque le armi nucleari sono ufficialmente fuori discussione in tutte le sedi negoziali. In secondo luogo, perché “qualsiasi Paese mediorientale” include anche Israele, che le armi atomiche, probabilmente, le ha già, ma non le dichiara.
Al di là di queste ambiguità, il senso dell’operazione di Pechino e Mosca è abbastanza lampante: fornire una protezione e una legittimazione politica all’Iran, per impedire ogni azione (anche solo economica, non militare) delle democrazie occidentali contro il suo programma atomico. Non resta che attendere (poco, a giudicare dal rapporto Aiea) e vedere i risultati.

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