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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - L'Opinione Rassegna Stampa
03.08.2010 Cinque razzi dall'Egitto su Eilat e Aqaba
Cronache di Lorenzo Cremonesi, Stefano Magni

Testata:Corriere della Sera - L'Opinione
Autore: Lorenzo Cremonesi - Stefano Magni
Titolo: «Razzi sul Mar Rosso, un morto - 'Danni collaterali' ad Aqaba»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/08/2010, a pag. 13, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Razzi sul Mar Rosso, un morto ". Dall'OPINIONE, l'articolo di Stefano Magni dal titolo " 'Danni collaterali' ad Aqaba ".
Ecco i due articoli:

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : "Razzi sul Mar Rosso, un morto"


Eilat

GERUSALEMME — Ore otto di ieri mattina. Cinque esplosioni in successione rapida scuotono l’aria già rovente della zona costiera tra la cittadina israeliana di Eilat e quella giordana di Aqaba. Scatta l’allarme. I turisti, che sul Mar Rosso in questo periodo tendono ad andare presto in spiaggia per evitare gli oltre 45 gradi di mezzogiorno, sono invitati a tornare agli alberghi. Una veloce verifica permette di appurare che si tratta di missili a media gittata. «Molto probabilmente sparati dal Sinai egiziano, come è già avvenuto più volte in passato», dichiara alla radio Micky Rosenfeld, portavoce della polizia israeliana.

La municipalità segnala poi che non ci sono vittime e neppure danni. «Due esplosioni sono avvenute in mare e altre due nelle zone desertiche appena a ovest della città», aggiungono. I giordani sono stati invece molto meno fortunati. Nel centro di Aqaba l’unica deflagrazione avviene nella strada prospiciente l’hotel Intercontinental, dove un tassista perde la vita e altri quattro cittadini giordani restano feriti.

Chi ha sparato e perché? «Gruppi armati posizionati da qualche parte fuori dai nostri confini», sostengono generici da Amman. In Israele sono più specifici. «Le formazioni estremiste islamiche operano ormai da molto tempo nel Sinai settentrionale e rappresentano un pericolo», affermano a Gerusalemme. Le autorità egiziane però negano. «Non c’è prova che i missili siano partiti dal nostro territorio», dichiarano. Lo stesso era avvenuto in aprile, quando un’altra salva di bombe aveva colpito la regione di Eilat e verso Aqaba, senza causare danni. Anche allora Israele aveva puntato il dito verso il Sinai, e anche allora dal Cairo avevano negato. Ora però c’è un particolare in più. Gli artificieri israeliani sostengono che questi ultimi dovrebbero essere missili «Grad», lo stesso tipo di quelli usati da Hezbollah in Libano e ultimamente anche da Hamas e gli altri gruppi armati nella striscia di Gaza. Un particolare forse non casuale. È stato proprio il tiro di un Grad venerdì scorso da Gaza sulla cittadina israeliana di Asquelon (con alcuni danni, ma nessuna vittima) a rilanciare la tensione con Hamas. Il più grave ritorno di fiamma dalla fine delle tre settimane di bombardamenti israeliani sulla striscia nel gennaio 2009.

Sabato mattina i blitz dell’aviazione hanno ucciso Essa al-Batran, 40enne comandante militare di Hamas residente nel campo profughi di Bureij. Da allora la catena di rappresaglie e minacce non si è interrotta. A Gerusalemme si continua inoltre a ritenere che proprio nel Sinai centro-settentrionale si trovino alcune formazioni panislamiche legate ad Al Qaeda e le basi logistiche del passaggio di armi e munizioni verso Gaza. Da qui nell’ottobre 2004 partirono i responsabili dell’attentato all’hotel di Taba, che causò 34 morti e 170 feriti. L’anno dopo venne colpita la zona turistica di Sharm El Sheikh: 88 morti e 150 feriti. Poi fu la volta di Dahab: 23 morti e un’ottantina di feriti.

L'OPINIONE - Stefano Magni : "  'Danni collaterali' ad Aqaba "


Stefano Magni

Eilat è un piccolo paradiso sul Mar Rosso, una vetrina luccicante dell’Occidente in pieno Medio Oriente. Arredi urbani creativi, negozi di lusso, alberghi a cinque stelle attraggono bagnanti e viaggiatori da Israele, America e Russia. Era proprio questa realtà che terroristi ben armati volevano distruggere. Cinque razzi Grad avrebbero potuto devastarla. Ma non ci sono riusciti. Quattro sono finiti in mare e nel deserto. Poi la tragedia: un ordigno ha colpito in pieno Aqaba, un altro paradiso turistico nella vicina Giordania, distruggendo automobili, ferendo tre passanti, ammazzando un tassista arabo cinquantunenne. Forse i terroristi non volevano colpire quelle vite umane, ma, alla fine, la loro imperizia nell’usare armi di cui non sono all’altezza ha fatto sì che venisse punito un Paese musulmano. In assenza di una immediata rivendicazione, la Israeli Defence Force ha ipotizzato che l’origine dell’attacco fosse il Sinai, in Egitto. Da quella penisola, infatti, erano stati lanciati altri razzi contro Eilat, l’aprile scorso. L’Egitto, però, non accetta questa accusa. Il Cairo sostiene che il controllo sul territorio sia fermo e che gruppi terroristi non possano operare entro i suoi confini. Regge la tesi cairota? Nella penisola protesa nel Mar Rosso vivono tribù beduine ostili al governo egiziano. Sono loro che aiutano Hamas a importare merci di contrabbando a Gaza. Sono sempre loro che potrebbero aver “prestato” ai terroristi un pezzo di terreno sicuro. Anche se la matrice è tuttora ignota, il movente è chiaro. Si tratta dell’ennesimo botta-e-risposta nella striscia di Gaza. Venerdì un razzo Grad lanciato dalla striscia aveva centrato Ashkelon e per puro miracolo non aveva provocato una strage. L’aviazione con la Stella di David aveva risposto colpendo postazioni dei terroristi. Ieri mattina è stata distrutta la casa di Issa al Batran, uno dei leader di Hamas. Israele nega che si tratti di un suo attacco e parla piuttosto di un crollo causato dall’esplosione di un deposito d’armi, come tante altre volte è avvenuto a Gaza. Ma Hamas non vuole ammettere l’ipotesi dell’incidente: “Pagherete cara questa stupidaggine” recitava il loro comunicato ieri mattina. Chi ha lanciato i razzi contro Eilat, mancando il bersaglio e provocando drammatici “effetti collaterali”, si è inserito in questa escalation. Ha agito nell’interesse di Hamas, se non proprio per conto del gruppo terrorista che controlla Gaza.

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