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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa,Corriere della Sera,Il Foglio, L'Opinione Rassegna Stampa
26.09.2009 Iran, dossier bomba: La realtà cancella i sogni
Conaca e analisi di Maurizio Molinari,Aldo Baquis,V.E.Parsi,Guido Olimpio,Stefano Magni

Testata:La Stampa,Corriere della Sera,Il Foglio, L'Opinione
Autore: Maurizio Molinari,Aldo Baquis,V.E.Parsi,Guido Olimpio,Stefano Magni
Titolo: «Ultimatum di Obama all'Iran»

L'Iran svela le sue carte atomiche, quello che Israele aveva sempre denunciato e che i sostenitori del dialogo avevano sempre rifiutato di credere, è oggi sotto gli occhi di tutti. Cronaca e analisi dai quotidiani di oggi, 26/09/2009. Maurizio Molinari e Vittorio Emanuele Parsi, con una breve di Aldo Baquis,sulla STAMPA, Guido Olimpio sul CORRIERE della SERA, un editoriale in prima sul FOGLIO e Stefano Magni sull'OPINIONE.

La Stampa-Maurizio Molinari: "  Obama, Teheran ha un centro segreto "

Barack Obama, Gordon Brown e Nicolas Sarkozy svelano l'esistenza di un impianto nucleare segreto iraniano a Qom per mettere Teheran con le spalle al muro, obbligandola ad annunciare il 1 ottobre a Ginevra la sospensione del proprio programma atomico.
Quando alle 8.30 del mattino i tre leader si presentano assieme sul palco del «Convention Center» le parole che usano sono poche e dure, disegnando la strategia comune di pressioni in crescendo. Inizia il presidente americano, a cui tocca esporre l'atto d'accusa. «Abbiamo consegnato all'Aiea prove dettagliate sulla costruzione negli ultimi anni dell'impianto nucleare segreto a Qom», dice, spiegando che «la realizzazione di un'altra fabbrica senza informare l'Aiea è una sfida aperta agli accordi contro la proliferazione».
Da qui la richiesta all'Aiea di «inviare immediatamente ispettori a Qom» perché «l'Iran sta violando le regole che ogni nazione deve seguire» con il risultato di «aumentare la preoccupazione internazionale visto che non è la prima volta che Teheran ha nascosto informazioni nucleari». Poi è il francese Sarkozy a prendere la parola. Mette l'accento sul fatto che si tratta del «secondo impianto segreto» - dopo quello scoperto nel 2002 a Natanz grazie alle informazioni raccolte dall'opposizione iraniana - e ammonisce Teheran a «mettere tutto sul tavolo» quando il 1 ottobre a Ginevra vi sarà il previsto incontro fra l'inviato iraniano e il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania) per la nuova tornata negoziale sul nucleare.
Il compito di Sarkozy è far capire a Teheran che il tempo delle trattative illimitate è finito: «Non possiamo consentire ai leader iraniani di guadagnare tempo mentre i motori del loro programma nucleare vanno avanti a pieno regime». E infine aggiunge quello che appare un ultimatum: «Se entro dicembre non vi sarà un profondo cambiamento di atteggiamento da parte dei leader iraniani dovremo adottare le sanzioni, per garantire pace e stabilità». La conclusione spetta al britannico Gordon Brown.
Il fatto di parlare per ultimo tende ad avvalorare le voci che sarebbero stati gli 007 britannici i primi ad individuare l'impianto. Tantopiù che il premier di Londra, tradizionalmente molto cauto, in questa occasione sfodera dei toni alla Winston Churchill: «L'America, la Gran Bretagna e la Francia sono un tutt'uno. Il programma nucleare iraniano è la più urgente sfida alla proliferazione per il mondo di oggi. Il livello di inganno del governo iraniano e l'entità delle violazioni degli impegni internazionali assunti causano choc e rabbia nel mondo intero, e rafforzano la nostra determinazione ad agire».
Ecco perché se Teheran dovesse ancora rifiutare di bloccare il programma nucleare, l'esito è già scritto: «Non lasceremo cadere la questione, siamo pronti ad applicare sanzioni rigide, deve essere ben chiaro che l'Iran deve abbandonare ogni ambizione militare per il proprio programma nucleare». Appena i tre lasciano la sala, la cancelliera tedesca Angela Merkel parla all'unisono: «Se a Ginevra si fallisce avremo le sanzioni». Usa e Ue forzano l'affondo sugli ayatollah anche perché sul fronte opposto le tradizionali resistenze diminuiscono: il capo del Cremlino Dmitri Medvedev sceglie di tacere, dopo essere stato informato per tempo da Obama, mentre il cinese Hu Jintao si limita ad auspicare che «tali questioni vengano risolte con i negoziati».
A fine giornata a prendere il testimone dai tre leader è Hillary Clinton, Segretario di Stato, che chiama al telefono Mohammed El Baradei, direttore uscente dell'Aiea, e lo sprona ad agire: «La richiesta di inviare gli ispettori deve essere fatta subito».

La Stampa- a.b. " Israele: noi l'avevamo detto che non ci si poteva fidare "

«Da tempo avvertivamo che l'Iran cerca di ingannare l’opinione pubblica mondiale e che i suoi progetti nucleari sono più vasti di quanto non apparisse. La scoperta a Qom del secondo impianto segreto per l'arricchimento dell'uranio è uno sviluppo molto grave»: questo il primo commento dell'entourage di Benyamin Netanyahu, al ritorno del premier dall'Assemblea generale dell'Onu dove ha lanciato un nuovo pressante appello affinché a Teheran sia impedito di dotarsi di armi atomiche.
L'anno scorso Israele aveva espresso sbalordimento quando l'intelligence degli Stati Uniti aveva pubblicato un documento da cui emergeva che l'Iran aveva abbandonato da anni i progetti nucleari a fini militari. Se ci sia anche il Mossad dietro la scoperta dello stabilimento di Qom non è confermato in Israele. Di certo ieri i dirigenti israeliani hanno rinnovato le polemiche contro la Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) e verso il suo direttore Muhammad El Baradei. Secondo una esperta israeliana, Emily Landau, questi «ha spesso preferito chiudere gli occhi pur di non vedere la realtà». Sul piano diplomatico Israele spera adesso che finalmente Usa, Gran Bretagna e Francia riescano a persuadere Russia e Cina - anche sulla base delle nuove informazioni - ad approvare severe sanzioni economiche nei confronti dell'Iran. Una occasione potrebbe presentarsi per questi Paesi (assieme con la Germania) già il primo ottobre. Ma alla televisione un ex dirigente del Mossad, Geizy Zafrir, ha stimato che la attuale leadership dell'Iran si lascia guidare anche da considerazioni mistiche e che - anche se fossero inasprite - le sanzioni internazionali sarebbero probabilmente tardive.

La Stampa-Vittorio Emanuele Parsi: " Barack, una mossa maldestra"

Dopo il forte e ispirato discorso tenuto appena due giorni fa da Barack Obama al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, conclusosi con un voto unanime contro la proliferazione nucleare e a favore di un futuro disarmo atomico generalizzato, la scoperta di un nuovo sito nucleare clandestino iraniano è fonte di grave imbarazzo per l’amministrazione americana.
La sua esistenza suona infatti come una sfida beffarda non solo alle Nazioni Unite che avevano più volte esplicitamente vietato all’Iran di proseguire il proprio programma di arricchimento dell’uranio.
Ma anche al nuovo corso ostentatamente intrapreso dal Presidente americano fin dal suo esordio. Ma la cosa ben più sorprendente è che il Presidente sarebbe stato informato dai suoi servizi di intelligence e, addirittura, dal suo predecessore Gorge W. Bush dell’esistenza di questa centrale segreta. Se così fosse, paradossalmente, la vera notizia non sarebbe più la scoperta della centrale clandestina, ma quella dell’occultamento della scoperta e del motivo e della tempistica della rivelazione. Tutta la dinamica degli eventi sembra quantomeno indicare che la Casa Bianca possa essere inciampata in una mano davvero malgiocata nel poker nucleare con l’Iran.
Esattamente come aveva fatto nelle primissime ore del suo mandato, anche due giorni fa Obama aveva abilmente modulato i toni delle sue parole: disponibilità alla trattativa e a perseguire la via diplomatica, ma anche un chiaro monito che l'America non avrebbe tollerato la politica del fatto compiuto da parte di Teheran. Nel giro di 24 ore, Obama aveva quindi delineato i punti di una strategia molto netta. Prima, in Assemblea Generale, aveva affermato la scelta americana a favore del «multilateralismo pragmatico» (perché neppure gli Stati Uniti possono più illudersi di risolvere da soli grandi sfide che riguardano tutti), contemporaneamente richiamando gli altri Stati a condividere lo sforzo collettivo per fare del mondo un posto migliore. Poi, in Consiglio di Sicurezza, il Presidente aveva parlato di una responsabilità comune rispetto al nucleare: che vincolava le potenze nucleari «legittime» a impegnarsi in favore di un disarmo generalizzato e tutti gli altri Stati a rinunciare a dotarsi di armi atomiche.
Al di là della nobiltà degli intenti, era difficile non cogliere nell’«uno-due» messo a segno dal Presidente - anche attraverso una esposizione personale, politica e mediatica cospicua e rischiosa - un chiaro monito affinché l'Iran o la Corea desistessero dall'andare oltre, mostrando loro un mondo, almeno in prospettiva, davvero compattamente contrario alle loro ambizioni. Ma se Obama era già a conoscenza della scoperta del nuovo sito clandestino iraniano, allora quel voto unanime che sembrava essere stato un successo per Obama e per il suo ennesimo «avvertimento preventivo» all'Iran diventa un pasticcio o, quantomeno, un vincolo in più per una strategia che di vincoli ne ha già fin troppi. Proprio il clamore del successo ottenuto sulla 1st Avenue costringe il Presidente a una posizione più intransigente, ne erode gli spazi di manovra, consuma ulteriormente il poco tempo ancora a disposizione per cercare di trovare una soluzione, che tutti sanno bene potrebbe persino non esistere. In una parola, accresce la gravità di una crisi che, già da sola, rischia di portare il Medio Oriente (e non solo) sull'orlo del baratro.
Per il momento Obama ha ottenuto la solidarietà occidentale, tanto importante quanto scontata. Ma rischia di veder naufragare l’importante progetto appena inaugurato al Palazzo di Vetro, che mirava a portare gradualmente anche la Cina e la Russia tra i favorevoli all’eventuale inasprimento delle sanzioni contro l'Iran. Figuriamoci poi quali conseguenze si potrebbero determinare nel mondo arabo e islamico, dove, l’eventuale maldestra mossa americana verrebbe subito interpretata come l'ultimo dei tanti complotti, e così bruciare le caute aspettative suscitate da Barack Obama nel suo brillante discorso del Cairo, appena pochi mesi fa.

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Il progetto bomba e le microspie che lo hanno svelato.

WASHINGTON — Si chiamano Pro­getto 110 e 111. A coordinarli per mol­ti mesi Mohsen Fakrizadeh, lo scienzia­to iraniano al quale il governo ha affi­dato il compito di sviluppare il dise­gno per una testata atomica da installa­re su un missile. Questa ricerca — defi­nita «pura fantasia» dai mullah — si è sommata a quelle in corso nell’impian­to di Natanz (conosciuto dall’Aiea) e in quello (segreto) di Qom, un centro ricerche che è stato costruito sul crina­le di una montagna, vicino alla città santuario. Per gli esperti americani ha le caratteristiche per «un uso militare» e sarebbe in grado di produrre uranio arricchito sufficiente alla messa a pun­to di uno o due ordigni.

È possibile che l’intelligence lo ab­bia scoperto grazie a una sofisticata operazione alla quale hanno partecipa­to, nel corso di questi ultimi anni, agenti tedeschi, americani e israeliani. L’Iran per realizzare le centrifughe ne­cessarie all’arricchimento ha dovuto acquistare il materiale all’estero. Ed è caduto in una trappola. Gli 007 occi­dentali hanno interpretato il ruolo di venditori di tecnologia creando socie­tà di facciata. Oppure hanno piazzato microspie e virus nei macchinari e sof­tware acquisiti dai mullah. Almeno in un caso il «prodotto» è stato dirottato a un laboratorio americano e poi invia­to a Teheran. Fonti dell’opposizione iraniana hanno contribuito all’inchie­sta segnalando la presenza di un paio di siti interessanti, compreso quello per lo sviluppo di detonatori per un or­digno atomico.

Mettendo insieme dati di provenien­za diversa è emerso un mosaico che si è prestato a interpretazioni non univo­che.

L’accusa di Barack Obama è giun­ta, infatti, dopo un serrato confronto con Israele. Per mesi gli americani han­no sostenuto che il programma irania­no si era fermato nel 2003 ed era poi ripreso recentemente ma con grande lentezza. Gerusalemme ribatteva: no, hanno riattivato il piano nel 2005 in se­guito a un ordine della Guida Supre­ma Khamenei e vanno avanti. Replica di Washington: vogliamo prove con­crete. Il dibattito si è sviluppato attor­no al cosiddetto «punto di frattura», ossia la doppia capacità di acquisire ab­bastanza uranio arricchito e di comple­tare un’arma. Per tutto il 2008 il Mos­sad ha sostenuto che gli iraniani non erano poi così lontani dalla meta. «Spe­cie se hanno lavorato con un program­ma segreto», aggiungevano. Più pru­denti gli Stati Uniti, scottati dal caso iracheno e attenti ai dossier prefabbri­cati. Durante l’estate le analisi dei due alleati, pur con differenze, si sono riav­vicinate. Washington ha riconosciuto che Teheran era più vicina alla Bomba, anche se aveva rallentato. Più pessimi­stica un’analisi apparsa sul quotidiano britannico Times : possono averla nel­l’arco di uno o due anni.

Resta un interrogativo. Obama ha spiegato che gli Usa conoscevano «da anni» l’impianto e sono stati costretti a renderlo pubblico perché Teheran si era accorta della falla nel sistema di si­curezza. Come hanno fatto gli iraniani a saperlo? Una fuga di notizie nei con­tatti diplomatici. Il colpo di un servi­zio segreto (russo?). La piroetta di un agente doppio, al lavoro sia per la Cia che per gli ayatollah.

Il Foglio- "Obama,Sarkozy e Brown svelano il programma atomico segreto dell'Iran.

Milano. “Buon giorno. Siamo qui per annunciare che ieri, a Vienna, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno presentato all’Aiea prove dettagliate che dimostrano come la Repubblica islamica dell’Iran stia costruendo da parecchi anni una struttura segreta per l’arricchimento dell’uranio”. Alle 8 e 43 minuti del mattino, ora di Pittsburgh, con una dura dichiarazione a sorpresa, il presidente Barack Obama, affiancato dal francese Nicolas Sarkozy e dal britannico Gordon Brown, ha assestato il più duro colpo della sua presidenza alle mire nucleari di Teheran, aumentando la tensione, invece che alleggerirla, in vista dei negoziati che si apriranno il primo ottobre in Turchia. Teheran, nei giorni scorsi, aveva presentato una confusa lettera all’Aiea facendo riferimento a una nuova struttura per l’arricchimento dell’uranio, ma Obama e gli altri sapevano che gli iraniani si erano accorti di essere stati spiati dai servizi occidentali. “Questa scoperta – ha detto Obama – sottolinea la continua riluttanza dell’Iran a rispettare gli obblighi delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu e le richieste dell’Aiea”. I tre leader, assecondati anche dai governi tedesco e italiano, hanno chiesto all’Agenzia atomica di indagare. “Le regole sono chiare – ha aggiunto Obama – Tutte le nazioni hanno diritto all’energia nucleare pacifica, i paesi che hanno armi nucleari si devono muovere verso il disarmo, quelli senza armi nucleari devono rinunciarvi... Questa non è la prima volta che l’Iran ha nascosto informazioni sul suo programma. Ha diritto alle centrali nucleari pacifiche, ma la dimensione e la configurazione di questa struttura non sono coerenti con un programma pacifico”. Obama ha detto che il regime iraniano “deve agire immediatamente per ristabilire la fiducia della comunità internazionale” e l’occasione sarà l’incontro in Turchia: “L’Iran deve essere pronto a cooperare e a obbedire alle risoluzioni Onu e deve dimostrarlo con i fatti o sarà ritenuto responsabile”. Non ha fissato scadenze né minacciato conseguenze specifiche, ma rispetto a George Bush può contare su un presidente francese come Sarkozy che non è Jacques Chirac: “Non possiamo far guadagnare tempo ai leader iraniani, mentre i motori sono già accesi. Se entro dicembre non c’è un profondo cambiamento, ci saranno sanzioni”. Il presidente iraniano Ahmadinejad, intervistato da Time, ha detto che non deve informare Obama di tutte le strutture del suo paese e che la questione nucleare è una delle tante per cui l’America “si deve scusare con il popolo iraniano”. Non è la situazione che uno o due anni fa Obama si sarebbe immaginato di affrontare, ha scritto The Politico, ma sono bastati pochi mesi alla Casa Bianca perché venisse aggredito dalla realtà della Bomba sciita.

L'Opinione-Stefano Magni: "
La centrale nascosta

La centrale nascosta di Stefano Magni Un doppio programma nucleare, uno alla luce del sole e l’altro segreto. E’ questa la novità che emerge dalle ultime rivelazioni dell’intelligence sul regime iraniano. Si tratta, in realtà, di un “segreto di Pulcinella”, perché lo stesso sistema “ufficiale” per l’arricchimento dell’uranio (utile sia a fini civili che militari) era rimasto coperto fino al 2002 e fu smascherato solo grazie alle rivelazioni di dissidenti. L’esistenza di una serie di installazioni rimaste nascoste anche dopo il 2002 è anche uno dei maggiori motivi di preoccupazione per i comandi militari israeliani e statunitensi: se un raid preventivo non è stato lanciato, nemmeno nei momenti più “caldi” della crisi, è anche per il sospetto che un bombardamento sugli impianti noti possa solo scalfire l’intero programma nucleare di Teheran, le cui dimensioni complessive sono tuttora ignote. Ieri l’Iran ha semplicemente ammesso, con una lettera inviata all’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), che, in effetti, è in fase di allestimento anche una seconda “cascata” di tremila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio nell’area di Qom. Ma l’ammissione è tardiva: è arrivata solo nel giorno in cui il presidente statunitense Barack Obama, assieme a Nicolas Sarkozy e Gordon Brown, a Pittsburgh (dove è riunito il G20), preparavano un intervento di condanna di questa nuova violazione delle risoluzioni Onu, dopo aver ricevuto informazioni di intelligence attendibili. La diplomazia di Teheran ha cercato di difendersi, prima affermando che l’impianto scoperto non fosse affatto un segreto (e in effetti non lo era... per gli agenti segreti americani ed europei), poi ribadendo che si tratta comunque di un sito nucleare civile, utile per produrre combustibile per le centrali atomiche, ma non per fabbricare testate nucleari. Ma le accuse, da Pittsburgh, sono piovute comunque. Per i tre membri occidentali del Consiglio di Sicurezza, questo è un palese atto di malafede da parte del regime iraniano. “La decisione dell’Iran di costruire un secondo impianto nucleare senza notificarlo all’Aiea è una sfida diretta al regime di non proliferazione” - ha dichiarato Obama. L’esistenza di questo impianto, ha affermato Obama, conferma che l’Iran continua a non voler “rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite” che chiedono di sospendere i programmi di arricchimento dell’uranio. Teheran “ha diritto al nucleare pacifico, ma le dimensioni e la struttura dell’impianto non sono coerenti con i fini pacifici”. Usa, Gran Bretagna e Francia chiedono “ispezioni internazionali immediate”. Per Sarkozy e Brown, la nuova centrale è una “sfida alla comunità internazionale”. “L’Iran si è messo su una brutta strada” - ha detto senza mezzi termini il presidente francese. E per dicembre è possibile che vengano varate nuove sanzioni internazionali, ancora più restrittive. Anche se, per questo, occorre attendere luce verde anche dalla Russia e dalla Cina. La notizia, nel frattempo, ha creato ulteriore preoccupazione in Israele, principale bersaglio di un futuro Iran nucleare. "L'Iran - hanno detto fonti politiche israeliane al quotidiano Yedioth Aharonoth - cerca di ingannare il mondo e anche i controllori. I suoi piani nucleari sono molto più vasti di quanto non sia stato riferito in passato... e la comunità internazionale deve dunque fermarli". Così aveva chiesto anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu all'Assemblea Generale dell'Onu. Resta da vedere come, all'atto pratico, questo appello venga raccolto dal Consiglio di Sicurezza.

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