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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Corriere della Sera - La Repubblica - Il Giornale Rassegna Stampa
21.09.2009 Daniela Santanchè manifesta pacificamente contro il burqa e viene malmentata da fanatici islamisti
Il quotidiano diretto da Ezio Mauro nega l'evidenza e si schiera con gli aggressori. In più, altri servizi

Testata:La Stampa - Corriere della Sera - La Repubblica - Il Giornale
Autore: Elena Lisa - Mariolina Iossa - Piero Colaprico - Luca Fazzo
Titolo: «Santanchè contro il burqa. E' rissa - Malmenata Non faceva niente di male - Sbagliato agire alla festa di una religione - Milano, protesta contro il burqa tensione alla festa del Ramadan - L’imam condannato per terrorismo che a Milano predica indisturbato»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/09/2009, a pag. 15, la cronaca di Elena Lisa dal titolo "  Santanchè contro il burqa. E' rissa ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 6, le interviste di Mariolina Iossa a Souad Sbai e Sofia Ventura, docente di Scienza della politica all’università di Bolo­gna, titolate " Malmenata. Non faceva niente di male " e " Sbagliato agire alla festa di una religione ". Dalla REPUBBLICA, a pag. 16, l'articolo di Piero Colaprico dal titolo " Milano, protesta contro il burqa tensione alla festa del Ramadan " preceduto dal nostro commento. Dal GIORNALE, a pag. 3, l'articolo di Luca Fazzo dal titolo " L’imam condannato per terrorismo che a Milano predica indisturbato ". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Elena Lisa : " Santanchè contro il burqa. E' rissa "

 Daniela Santanchè

Lo scontro, verbale e fisico, scoppia alle otto e mezzo del mattino, durante la festa islamica per celebrare con la preghiera la fine del Ramadan, il termine del digiuno. Divampa davanti ai cancelli del teatro Ciak a Milano, all'interno dell'ex Fabbrica del Vapore, dove a fine ‘800 si costruivano materiali per le ferrovie, e che oggi è diventato uno spazio per mostre, un centro culturale. Da una parte quella pretesa dalla comunità araba: «Vogliamo rispettare le nostre tradizioni, compreso il diritto delle donne di indossare il burqa» dice il presidente dell'istituto Islamico di Milano, Abdelhamid Shaari, dall'altra quella dell'ex parlamentare Daniela Santanchè, leader del Movimento per l'Italia, arrivata con una trentina di sostenitori «per aiutare le donne a liberarsi dalla costrizione del velo islamico integrale e far rispettare la legge italiana che impone a tutti di essere riconoscibili e di girare col volto scoperto». Un incontro, più che una manifestazione, annunciato dalla Santanchè già sabato sera.
Sono le sette del mattino quando nel cortile di cemento del teatro Ciak incominciano ad arrivare i fedeli. I fedeli di Allah sono circa quattromila, compresi i bambini e le donne, molte a volto coperto, altre solo col velo. Sul marciapiede, davanti ai cancelli, i sostenitori del Movimento per l'Italia. A controllare la situazione molti poliziotti. La Santanchè, camicia bianca, giacca scura poi coperta da una vecchia mimetica dell'esercito, occhiali da sole, scortata dai suoi, si avvicina ai cancelli del teatro. Tenta di raggiungere un gruppo di donne arabe che indossano il burqa.
E nasce una discussione: «Dovete liberarvi, scopritevi il volto» dice. «Ci sentiamo più libere di voi occidentali costrette a mostrare il perizoma», è la risposta. «Siete contro la legge, dovete rispettare le norme italiane», ribattono i sostenitori dell'ex parlamentare. «Siamo qui per pregare, non vi diamo fastidio», replicano ancora gli uomini intervenuti nella discussione che diventa sempre più accesa. Le voci si trasformano in urla, la calca vicina ai cancelli si fa sempre più stretta. Mentre nel teatro trasformato in moschea l'imam spiega a chi è in preghiera cosa stia accadendo fuori e consiglia di «mantenere la calma», i poliziotti, all'esterno, sono costretti a intervenire. Dal gruppo della destra volano insulti sanguinosi contro gli islamici: «Siete dei maiali».
Seguono i primi spintoni. Daniela Santanchè, circondata dai suoi, dagli agenti e dai musulmani, indietreggia. Si porta le mani al petto. «Mi hanno dato un pugno», urla. Esce dalla calca, si avvicina all'auto e si accascia, sostenuta dalle donne del Movimento. «E' stato un uomo con il braccio ingessato - dice ancora - mi ha colpito senza ragione». La tensione è alle stelle, i musulmani si difendono: «Se c'è stato, è stato un gesto involontario - è la versione del portavoce della comunità - lei ha cercato di strappare il burqa ad una donna e a quel punto è scoppiato il caos».
Bilancio finale: venti giorni di prognosi al Fatebenefratelli alla Santanchè, per «contusione toracica», e una denuncia per «turbativa di funzione religiosa pubblica» da parte dei musulmani. La leader del movimento annuncia un esposto contro ignoti.

CORRIERE della SERA - Mariolina Iossa : " Malmenata. Non faceva niente di male "

 Souad Sbai

ROMA — «Indecente. Ma come possiamo stare zitti quando viene impedito, in un Pae­se libero com’è l’Italia, di manifestare il pro­prio pensiero senza essere aggrediti. Espri­mo tutta la mia solidarietà alla Santanchè», s’indigna Souad Sbai ( foto) , presidente del­l’Associazione donne marocchine e parla­mentare del Pdl.
Daniela Santanchè dice di essere stata aggredita mentre stava manifestando paci­ficamente contro il burqa. Però lo stava fa­cendo durante una festa religiosa.
«E allora? Io sono contro la violenza sem­pre, e a favore della libertà di manifestare da­vanti ad una moschea, ad una sinagoga o ad una chiesa cattolica, se lo si fa pacificamen­te. La Santanchè non stava facendo nulla di male, sono arrivati questi delinquenti e l’hanno malmenata. Per­ché una parte di uomini musulmani, non dico tut­ti, che appartengono alle comunità islamiche italia­ne sono dei veri e propri estremisti da fermare su­bito » .
Lei ritiene che non si faccia abbastanza per fer­marli?
«Nelle comunità islamiche c’è grande con­fusione. Prima con la Consulta qualcosa si muoveva, adesso è il far west, ognuno fa co­me gli pare, imam fai-da-te, moschee fai-da-te. E i musulmani sono intoccabili. Guai a fare una critica, sei subito tacciato di essere anti-islamico. L’estremismo è ormai talmente avanzato che noi che combattiamo per i diritti delle donne musulmane venia­mo quotidianamente minacciati di morte».
Pensa ad una complicità morale di una parte degli italiani?
«Alcuni sì, con il loro modo di fare, con le loro difese, finiscono per appoggiare quei musulmani che vogliono ridurre le donne in schiavitù».

CORRIERE della SERA - Mariolina Iossa : " Sbagliato agire alla festa di una religione "

Sofia Ventura dichiara : " È stata un’azione sbagliata anda­re a manifestare durante le celebrazioni per la festa della fine del Ramadan. È la prima cosa che ho pensato quando ho sentito la notizia al telegiornale ". Prima sostiene di condividere la battaglia contro il burqa, ma poi dichiara che, a suo avviso, è stata una provocazione quella di andare a manifestare mentre c'erano le celebrazioni per la festa della fine del Ramadan. Notiamo che anche i musulmani coinvolti hanno definito Daniela Santanchè una provocatrice...Ecco l'intervista:

 Sofia Ventura

ROMA — «È stata un’azione sbagliata anda­re a manifestare durante le celebrazioni per la festa della fine del Ramadan. È la prima cosa che ho pensato quando ho sentito la notizia al telegiornale».
Lo dice Sofia Ventura ( foto) , docente di Scienza della politica all’università di Bolo­gna, che scrive per il web magazine di Fare Futuro, la fondazione vicina a Gianfranco Fi­ni.
Un errore la manifestazione contro il bur­qa della Santanchè?
«Io condivido le battaglie della Santanchè contro il burqa, che è una cosa incivile e inac­cettabile. Lei è molto coraggiosa ad affrontare questi temi di cui si parla troppo poco. Ma penso che sia stata un’inutile provocazione quella di andare fisicamente lì, nel momento delle celebrazioni religio­se, per inscenare una mani­festazione che finisce sol­tanto per provocare nuove inimicizie, per innescare l’odio verso i musulmani, cosa che io trovo profonda­mente sbagliato».
Ma come si fa allora a sensibilizzare la gente su

«Bisogna parlarne di più, nei luoghi giusti, che sono quelli della politica, del Parlamento, proporre leggi, scrivere articoli di giornale, in­somma mantenere vivo il dibattito. Recente­mente anche il presidente francese Sarkozy sta ridiscutendo di burqa e niqab, vorrebbe vietarli».
Andare ad una festa religiosa per dire no al burqa, quindi, questo è stato l’errore?
«Sì, io penso proprio che la Santanchè ab­bia sbagliato il momento, la festa religiosa va sempre rispettata. Presentarsi, ripeto, fisica­mente in una situazione come quella è contro­producente. Sarebbe meglio trovare altri mo­di e altri luoghi per condurre questa giusta battaglia».

La REPUBBLICA - Piero Colaprico : " Milano, protesta contro il burqa tensione alla festa del Ramadan "

REPUBBLICA conferma la sua linea filo islamica anche in questa situazione. L'articolo di Colaprico mette in dubbio che Daniela Santanché sia stata davvero colpita : " nei video ci sono momenti di tensione, ecco dei primi piani della signora, ma botte non se ne vedono proprio. ".
Secondo Colaprico la Digos consegna un esposto in procura non per le botte ricevute da Santanchè, ma : "
 anche perché, nel frattempo, Abdel Hamid Shari, a nome di tutti i fedeli, ha denunciato la Santanché per turbativa di funzione religiosa autorizzata.". La vittima è diventata carnefice.
Colaprico si compiace nel portare le dichiarazioni di alcune donne islamiche presenti alla manifestazione : "
«Se per lei la libertà è mettersi in perizoma, per noi no», ha risposto una ragazza di seconda generazione. E una più anziana le ha risposto come risponderebbero al meeting di Comunione e liberazione: «Per noi la vera donna è la madre che ha cura dei figli, per noi la vera donna rispetta il suo corpo e lo copre».". Il compiacimento è tale che diamo per scontato che questi valori siano condivisi dall'autore. Anche Colaprico ritiene che una donna virtuosa sia quella che nasconde il proprio corpo sotto pastrani scuri e che sta in casa, schiava del marito /fratello/zio/cugino/figlio maschio?
La frase conclusiva dell'articolo rivela con quali criteri Repubblica abbia scelto chi era vittima e chi carnefice in questa situazione: "
resta sullo sfondo un tema centrale: si può o no costruire una moschea nella Milano del centrodestra e della Lega? ". Santanchè è di destra. Viene malmenata da fanatici islamisti? Deve essere per forza falso. Ecco l'articolo:

 Piero Colaprico

Daniela Santanché, ex parlamentare, lamenta di essere stata aggredita ed esibisce un referto medico, la polizia non ha visto niente (pare), mentre gli islamici trasecolano o alzano le spalle. Ieri mattina, davanti alla Fabbrica del Vapore - uno spazio culturale, diventato l´ultimo luogo prestato alla preghiera "nomade" dell´istituto culturale islamico di viale Jenner - c´era però un collaboratore di Al Jazeera. Ha ripreso tutto, dalla preghiera per la fine del Ramadan alle bandiere del "Movimento l´Italia": nei video ci sono momenti di tensione, ecco dei primi piani della signora, ma botte non se ne vedono proprio.
La Digos consegna oggi un rapporto in Procura, anche perché, nel frattempo, Abdel Hamid Shari, a nome di tutti i fedeli, ha denunciato la Santanché per turbativa di funzione religiosa autorizzata. E non solo: «Con tutte le tv e i fotografi che c´erano, speriamo - dice Shari - che qualcuno abbia ripreso la violenza contro la signora. A noi non piacciono i violenti, e nemmeno i bugiardi». Anche se il caso non è chiarissimo, due ministri, Mariastella Gelmini e il titolare degli esteri Franco Frattini, scendono in campo: «L´omicidio di Sanaa pochi giorni fa e l´aggressione a Daniela Santanché, cui va la mia solidarietà, sono segnali pericolosi e preoccupanti - dice Frattini - di un´immigrazione che fatica a riconoscere i diritti umani. Non è qui in discussione il principio sacrosanto della libertà religiosa ma la prospettiva dell´integrazione la cui strada sembra lunga e lontana».
Se di fronte a un referto medico che parla di costola incrinata e venti giorni di prognosi bisogna inchinarsi, proviamo però a raccapezzarci partendo da un dettaglio non trascurabile. Dopo aver preso un cazzotto che nessuno ha visto e prima di andare a curarsi, l´ex parlamentare, accompagnata dalla polizia, è entrata nella Fabbrica del Vapore. Ha chiesto e ottenuto di incontrare alcune donne velate, che erano state accolte da fischi e urla. Voleva spiegare come, dal suo punto di vista, il velo fosse non un simbolo religioso, ma un abuso.
Il dibattito, però, non c´è stato. Le risposte che ha ricevuto, in sintesi, sono queste: «Se per lei la libertà è mettersi in perizoma, per noi no», ha risposto una ragazza di seconda generazione. E una più anziana le ha risposto come risponderebbero al meeting di Comunione e liberazione: «Per noi la vera donna è la madre che ha cura dei figli, per noi la vera donna rispetta il suo corpo e lo copre».
La manifestazione della Santanché era stata in qualche modo accettata dagli islamici con queste parole: «L´hanno votata lo zero virgola zero degli italiani, vuole fare uno show sulla nostra pelle, lo faccia». Avevano organizzato due cordoni di protezione, per far passare senza confusione le donne, diventate bersaglio della Santanché per il velo. Tutto bene finché, ignaro di tutto, un capofamiglia è arrivato in auto davanti al cancello della Fabbrica. Ha fatto scendere la moglie che, all´improvviso, si è vista circondata da manifestanti che urlavano: «Via il velo». La donna s´è spaventata, uno dei presenti l´ha afferrata, per portarla via «dagli italiani» e lei è caduta. A quel punto, i poliziotti - tre furgoni, più una trentina in borghese - si sono messi tra i due gruppi. E nel centro del parapiglia, occhiali scuri, giacca lunga, c´era Daniela Santanché. Sostiene che nessuno dei suoi voleva strappare veli, ma forse è stata male interpretata. Anche l´imam, nella preghiera, ha detto a circa tremila fedeli: «Tenete i nervi saldi, non rispondete alle provocazioni».
Un inviato del cardinale Tettamanzi ha portato il saluto e l´augurio tra religioni, ma resta sullo sfondo un tema centrale: si può o no costruire una moschea nella Milano del centrodestra e della Lega? Shari non si scoraggia, sogna di candidare alle elezioni comunali, tra un anno e mezzo, una lista civica di immigrati: "Nuova Milano".

Il GIORNALE - Luca Fazzo : " L’imam condannato per terrorismo che a Milano predica indisturbato "

 Abu Imad

Questione di mesi. Ma, al più tardi in primavera, la moschea milanese di viale Jenner dovrà trovarsi un altro imam. Perché Abu Imad, il predicatore egiziano che da quasi quindici anni governa la comunità islamica milanese, e che ieri ha guidato la grande cerimonia finale del Ramadan, si troverà di fronte a una scelta secca: sparire dalla circolazione o trasferirsi per qualche anno a San Vittore. Perché, se la Cassazione non cancellerà tutto, diventerà esecutiva la condanna a 3 anni e 8 mesi per terrorismo pronunciata a carico di Abu Imad nel dicembre del 2007.
Tutto lascia immaginare che Abu Imad non scapperà. Un po’ perché a casa sua non può tornare: in Egitto lui e il suo collega Abu Omar, l’imam rapito dalla Cia nel 2003, non sono visti di buon occhio. Lui, Abu Imad, in particolare, è stato accusato anni fa - quando non era ancora a capo della moschea - dalla Procura di Milano di fare parte di un gruppo estremisti che raccoglieva soldi taglieggiando i commercianti arabi in Italia, e che investiva i fondi in vari progetti terroristici: tra cui quello di fare la pelle al presidente Hosni Mubarak. Da quella imputazione, per cui nel 1995 era rimasto sei mesi a San Vittore, Abu Imad venne prosciolto per prescrizione. Ma in Egitto, dove sono meno attenti ai dettagli del codice, rischia di non venire ben accolto.
Il secondo motivo per cui ad Abu Imad non conviene scappare è che il trasloco a San Vittore non lo costringerà affatto ad interrompere la sua predicazione. Da quando la popolazione islamica è divenuta la maggioranza relativa del carcere milanese, il proselitismo tra i detenuti è stato uno degli impegni più intensi dei capi di viale Jenner. Gli imam vengono eletti dai detenuti, ma su indicazione della comunità esterna. E se dovesse davvero finire in carcere, Abu Imad manterrebbe la sua leadership quasi intatta, e forse rafforzata.
Ma di che tipo di leadership si tratta? Abu Imad - alias Arman Ahmed El Hissini Helmy - è un teologo o un terrorista, un predicatore dell’Islam o della Jihad, la guerra santa? Il suo curriculum giudiziario autorizza a dire che è entrambe le cose. O, meglio, che negli anni trascorsi a Milano ha incarnato entrambi i ruoli. Prima militante terrorista. Poi uomo di confine, a cavallo tra le diverse anime dell’islam milanese, senza più esporsi in prima persona ma tollerando la presenza degli integralisti in viale Jenner.
Quando viene arrestato per la prima volta, il 26 giugno 1995, il suo nome non finisce neanche sui giornali: nella retata della Digos brillano altri nomi, primo tra tutti Anwar Shaban, l’imam dell’epoca, che - a conferma che l’inchiesta aveva visto giusto - si arruolerà poi come mujaheddin e morirà combattendo in Bosnia. Abu Imad se la cava con la prescrizione, e prende il posto di Shaban al vertice della moschea.
Ma la linea non cambia: dietro la facciata culturale e religiosa, sotto la guida di Abu Imad la comunità milanese diventa uno dei punti di riferimento più sicuri per la galassia del terrorismo islamico internazionale. In viale Jenner, racconterà il pentito Tilli Lazar, molti fedeli islamici - spesso scelti tra la parte più diseredata degli immigrati in Italia - vengono convertiti alla Guerra Santa, istruiti, inviati ai campi di Al Qaida. Abu Imad in prima persona non si espone mai. Ma chiunque abbia avuto occasione di entrare in viale Jenner sa che - dal suo ufficio apparentemente defilato, all’inizio di un piccolo corridoio - l’imam controlla tutto. Conosce uno per uno gli emissari del terrore, gli uomini che sono in viale Jenner non per pregare ma per arruolare. Sa chi è a piazzare in vendita i dvd con le prediche di Al Qaida. E non si limita a consentire. Una intercettazione tra due estremisti, quella decisiva nel farlo condannare, dice che è lui - il quieto, ieratico predicatore - a tirare le fila. Poi, progressivamente, la linea di Abu Imad cambia, si attenua. Gli estremisti sembrano scaricati. Finzione o realtà? La Procura sembra crederci, gliene dà atto, e gli concede un beneficio che solleva più di una polemica. Tra pochi mesi, Cassazione permettendo, Abu Imad entrerà in carcere a scontare la sua pena. Ma quando uscirà non verrà espulso dall’Italia. La moschea milanese avrà di nuovo il suo leader.

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