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Corriere della Sera - La Repubblica - L'Opinione - Il Riformista Rassegna Stampa
31.07.2008 L'annuncio di Olmert: lascerà il governo
cronache e analisi

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - L'Opinione - Il Riformista
Autore: Davide Frattini - Arturo Zampaglione - Stefano Magni - la redazione
Titolo: «Olmert getta la spugna «A settembre vado via» - E il team di Sharon affianca la Livni - Il negoziato continuerà»

Riportiamo  di seguito alcuni dei molti articoli pubblicati dai giornali del 31 luglio 2008 sul messaggio televisivo con il quale il premier israeliano Olmert ha annunciato che non parteciperà alle primarie del suo partito, Kadima:

Dal CORRIERE della SERA la cronaca di Davide Frattini:


GERUSALEMME — Ha scelto di parlare, mentre gli avversari sono lontani. «Ho deciso da solo, nessuno mi ha forzato», sono le parole che Ehud Olmert non ha detto e che voleva tutti gli israeliani sentissero.
In un messaggio televisivo, il premier ha annunciato che non parteciperà alle primarie di Kadima. Fra due mesi e mezzo, alla metà di settembre, lascerà l'incarico e la scommessa di formare un governo nelle mani del nuovo leader votato dal partito.
Dalla residenza a Gerusalemme, Olmert ha promesso di continuare gli sforzi per raggiungere un accordo di pace. Prima del discorso, ha telefonato a George W. Bush e gli americani (assieme ai palestinesi) hanno già commentato «di essere pronti a lavorare con qualunque premier israeliano».
Per la prima volta, ha parlato in pubblico dell'inchiesta per corruzione e della testimonianza di Morris Talansky, l'uomo d'affari che ha raccontato di prestiti e donazioni in contanti. L'ultimo colpo alla sua popolarità, dopo le critiche alla gestione della guerra in Libano nel 2006. «Sono orgoglioso di essere cittadino di un Paese che indaga sul primo ministro. Nessuno è al di sopra della legge, neppure al di sotto. Sono stato costretto a difendermi contro gli attacchi instancabili di autoproclamati "combattenti per la giustizia". Lascerò l'incarico in modo onorevole e dopo proverò la mia innocenza ».
La scelta di Olmert è stata elogiata da Ehud Barak, ministro della Difesa, che aveva minacciato di lasciare la coalizione, se Kadima non avesse fissato una data per le primarie. Il leader laburista è negli Stati Uniti, dove si trovano anche i due contendenti che si giocano testa a testa la successione.
Tzipi Livni, ministro degli Esteri, ha cancellato una conferenza stampa, avrebbe dovuto parlare dei progressi nelle trattative con i palestinesi. Shaul Mofaz è a Washington per uscire dall'ombra creata dal ministero che ha guidato in questi anni, quello dei Trasporti. L'ex capo di Stato maggiore vuole ricordare di avere l'esperienza militare necessaria per diventare primo ministro e, come Barak, ha discusso con gli americani della minaccia iraniana. La sfida per la leadership di Kadima è tra Mr. Sicurezza e Lady Onestà. Livni è impegnata a non sporcare l'immagine pulita che gli israeliani le riconoscono (negli ultimi mesi non ha quasi rivolto la parola a Olmert) e deve dimostrare di poter guidare un Paese dove i primi ministri sono spesso stati generali.
Il Likud e l'opposizione chiedono elezioni anticipate. Bibi Netanyahu, leader della destra, è in testa nei sondaggi, se si andasse al voto. Sia Livni che Mofaz potrebbero tentare di formare un governo di unità nazionale e gli offrirebbero il ministero degli Esteri o quello delle Finanze. Barak rimarrebbe alla Difesa. Livni potrebbe non riuscire a convincere gli ultraortodossi dello Shas ad accettare una donna primo ministro. Le posizioni di Mofaz su come condurre le trattative con i palestinesi (e fino a che punto concedere) sono più vicine a quelle del Likud.

Sempre di Frattini un articolo sulla squadra di consiglieri di Sharon ricostituita intorno a Tzipi Livni, e sulla campagna del rivale del ministro degli Esteri all'interno di Kadima, Shaul Mofaz :

GERUSALEMME — Gli uomini del ranch si sono riuniti attorno alla donna che vuole essere primo ministro. La campagna per le primarie di Kadima è guidata dai consiglieri che hanno seguito per anni Ariel Sharon e che ogni fine settimana si ritrovavano nella fattoria dei Sicomori per mettere a punto la strategia. Eyal Arad conosce Tzipi Livni fin da quando sono bambini e assieme a Reuven Adler ha coordinato le decisioni più importanti prese da Sharon: il ritiro dalla Striscia di Gaza nell'agosto del 2005 e la scissione dal Likud per fondare Kadima.
Adler ha raccontato agli studenti dell'università di Tel Aviv di quanto il generale-premier fosse «un candidato disciplinato » e seguisse le indicazioni dei suoi consiglieri per le pubbliche relazioni. Che scommettono sulla vittoria di Livni, anche se il ministro degli Esteri ha una popo-larità maggiore tra il pubblico israeliano che tra i 30 mila membri di Kadima, chiamati a votare il 17 settembre.
L'avversario Shaul Mofaz, considerato un candidato poco carismatico per le elezioni generali, è più forte nel partito e in queste settimane ha quasi raggiunto Livni nei sondaggi. La campagna dell'ex ministro della Difesa è guidata da Arthur Finkelstein. Ebreo americano, è stato lo stratega di Richard Nixon, Ronald Reagan e di altri politici repubblicani. Durante le primarie democratiche, ha organizzato il sito «Fermatela adesso», dove il «la» stava per Hillary Clinton.
Anche in Israele, Finkelstein si trova ad affrontare una rivale donna. «Livni non deve rinunciare troppo all'immagine femminile — scrive il Jerusalem Post —. Nel tentativo di sconfiggere Mofaz, che viene da Marte, i suoi consiglieri staranno attenti a non distanziarla da Venere».

Arturo Zampaglione su La REPUBBLICA descrive le reazioni a Washington all'annuncio di Olmert.
Non è chiaro se l'ipotesi che dopo tale annuncio " la politica interna israeliana" rischi "di prendere il sopravvento sui temi della pace" sia di ambienti dell'amministrazione americana (che comunque non vengono citati) o di Zampaglione.

WASHINGTON - Per una di quelle strane coincidenze della storia mediorientale, l´annuncio delle dimissioni di Ehud Olmert è arrivato a poche ore dalla ripresa a Washington delle trattative triangolari per un accordo di pace tra israeliani e palestinesi: che Bush spera ancora di concludere entro la fine dell´anno, ma le cui prospettive, che sembravano già incerte nei giorni scorsi, si sono ulteriormente complicate con il terremoto politico a Gerusalemme.
«Noi comunque siamo pronti a lavorare con qualsiasi leader israeliano», ha subito dichiarato il portavoce del dipartimento di Stato Sean McCormack, cercando di fare buon viso a cattiva sorte. McCormack ha anche ricordato come in Israele stia emergendo «un largo consenso per una soluzione che permetta ai due Stati (israeliano e palestinese, ndr) di convivere uno accanto all´altro in modo pacifico e sicuro». I negoziati tra le due parti erano ricominciati ad Annapolis nel novembre 2007 su iniziativa della Casa Bianca, che, dopo anni di distacco dal dossier mediorientale, si era finalmente decisa ad avviare una mediazione. Ma i colloqui erano andati a rilento. E alla vigilia dell´arrivo a Washington dei due protagonisti delle trattative, il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni e l´ex-premier palestinese Ahmed Qurei, c´erano già state dichiarazioni pessimiste. Lo stesso Olmert aveva detto lunedì di ritenere «improbabile» una soluzione al nodo di Gerusalemme entro la fine dell´anno.
Il segretario di Stato di stato Condoleezza Rice, che ieri ha cominciato a ospitare l´ultimo round di negoziati, non si è fatta prendere dallo sconforto. «Ho avuto assicurazioni precise che il governo Olmert è ancora impegnato ad arrivare a una conclusione entro la fine dell´anno, come era stato stabilito nella conferenza di Annapolis», ha detto martedì durante una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri italiano Frattini.
Le difficoltà si sono naturalmente moltiplicate con l´uscita di scena di Olmert. La politica interna israeliana rischia di prendere il sopravvento sui temi della pace. La stessa Livni, che Rice ha incontrato ieri prima dei colloqui serali «a tre», e che finora ha contribuito in modo energico e costruttivo ai negoziati, potrebbe avere delle remore se il suo ruolo nelle trattative fosse controproducente per le sue ambizioni di diventare premier. Al tempo stesso i palestinesi potrebbero essere restii su eventuali compromessi, temendo che i passi avanti nelle trattative di Washington finiscano per essere sconfessati dal successore di Olmert.

Due contrastanti bilanci dell'operato del governo Olmert

Da L'OPINIONE, quello (negativo) di Stefano Magni: 

E’ uno dei premier più odiati della storia di Israele. L’opinione pubblica del suo Paese, al 70%, voleva le sue dimissioni già da un anno. E ora le ha ottenute. Ehud Olmert le ha annunciate ieri sera, con una conferenza stampa a sorpresa. Si dimetterà dopo le elezioni primarie del partito Kadima, la formazione centrista fondata da Ariel Sharon, il prossimo settembre. Il primo ministro è sotto accusa per la ricezione di fondi illegali dal miliardario americano Morris Talansky. Succeduto al generale (colpito da ictus) alla guida del nuovo partito, Olmert si era ritrovato da subito con gravi questioni da risolvere, per le quali non ha saputo trovare una risposta adeguata. In primo luogo ha dovuto affrontare la questione di Gaza, all’indomani del disimpegno ordinato da Sharon. Il ritiro di tutti i coloni e delle truppe a loro protezione ha causato un rafforzamento di Hamas. Un problema gravissimo per gli israeliani che abitano nelle città meridionali di Sderot e Ashkelon, sottoposti ad una continua pioggia di razzi Qassam. E che non si sentono affatto protetti in modo efficace dal governo. Il peggio, per Olmert, è arrivato nel luglio del 2006, con lo scoppio della guerra contro Hezbollah nel Sud del Libano.

Il rapimento dei soldati Eldad Regev e di Ehud Goldwasser in territorio israeliano, da parte della formazione estremista sciita, richiedeva una risposta militare e Olmert ha autorizzato l’inizio dei bombardamenti. Ma dopo più di un mese di raid, Hezbollah era ancora attivo e lanciava razzi contro Haifa e le città della Galilea. Alla fine il governo ha cercato e ottenuto una soluzione internazionale, con il rafforzamento in Libano della forza di interposizione Onu (Unifil 2). La Commissione Winograd ha accertato le responsabilità di questo mezzo fallimento e Olmert è pienamente coinvolto: per non aver valutato sino in fondo le difficoltà dell’operazione e non aver fissato degli obiettivi chiari. A due anni di distanza dalla fine delle ostilità, Hezbollah è un pericolo più grave rispetto al 2006. Regev e Goldwasser sono morti e in cambio della restituzione delle loro salme Olmert ha accettato la liberazione di Samir Kuntar, un terrorista responsabile di crimini atroci, uno degli uomini più odiati in Israele. Le accuse di corruzione, dunque, sono state l’ultima goccia. “Come premier ho il dovere di difendermi – ha dichiarato ieri Olmert - Sono orgoglioso di essere il primo ministro di un Paese che indaga sui suoi premier. Il primo ministro non è al di sopra della legge, ma non è neanche sotto in nessun modo”.

Di seguito, quello più positivo del RIFORMISTA:

Non ci sarà Ehud Olmert alla guida del prossimo governo israeliano. Lo ha annunciato ieri: «Ho deciso che non correrò per le primarie con Kadima e mi dimetterò tra due mesi». Giusto il tempo di attendere che il suo partito scelga un nuovo leader, e si farà da parte per lasciar campo libero alla formazione di un nuovo esecutivo o alla competizione per nuove elezioni. Va via con dignità Olmert che, facendosi carico di tutti i suoi errori, si è assunto anche tutte le responsabilità di un ruolo difficilissimo.
A lui è toccato il testimone della leadership, venuto meno Ariel Sharon che gli ha lasciato in eredità un partito nato da poche settimane. E che ora è ancora al governo. A lui, che non è mai stato generale, è toccata la gestione della crisi libanese ricadutagli successivamente sulle spalle come una sconfitta. Eppure è sempre lui che, nelle scorse settimane, ha siglato un accordo con il Libano che chiude quel triste capitolo. Come sempre lui ha fatto da sponda al progetto Annapolis di George W. Bush, che ora produce negoziati concreti con Hamas e un po' di fiato per l'inferno di Gaza. È Olmert che, dopo anni, ha ripreso a parlare con la Siria.
Certo, Olmert è stato spronato e tallonato da un animale politico come Tzipi Livni, pronta oggi a sostituirlo. Ma questa è la politica. E se ad allontanarlo dalla scena è anche un'inchiesta giudiziaria fatta di tangenti e rimborsi gonfiati, valgono le sue amarissime parole di ieri: «Sono fiero di essere il primo ministro di un paese che mette sotto inchiesta il suo capo di governo». Quantomeno per lo stile.

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