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Il Foglio - L'Opinione Rassegna Stampa
14.05.2008 Chi è davvero Barack Obama ?
articoli di Giulio Meotti e Stefano Magni

Testata:Il Foglio - L'Opinione
Autore: Giulio Meotti - Stefano Magni
Titolo: «Giallo sul presidente apostata.“Da piccolo Obama andava in moschea”»
Dal FOGLIO del 14 maggio 2008:

Roma. “Presidente apostata”, “primo presidente islamico d’America”, “rinnegato dell’islam”, “musulmano travestito da cristiano”, “favorito di Hamas”, “candidato della Manciuria” e così via. Il giallone di Barack Obama cripto musulmano si alimenta ogni giorno di rumors e di testimonianze. I grandi quotidiani hanno inviati in Indonesia per scoprirne le frequentazioni coraniche, Usa Today ha spedito un corrispondente a Kogelo, in Kenya, a parlare con la nonna Sarah. Ieri sul New York Times Edward Luttwak ha scritto del problema “apostasia” di Obama: se ha praticato l’islam ed è nato da padre musulmano, Obama è considerato apostata dagli islamisti. “Non fa differenza che suo padre abbia rinnegato l’islam”, scrive Luttwak. “La conversione di Obama agli occhi dei musulmani è un crimine”. L’accusa principale rivolta a Obama non è di aver praticato l’islam, l’America nutre e coltiva deferenza verso ogni fede (Bush elogia sempre la ‘nobile religione dell’islam’). E’ piuttosto il tentativo di occultare il proprio passato musulmano a ritorcersi contro il candidato democratico. All’inizio della campagna per le primarie, il capo addetto stampa di Obama, Robert Gibbs, disse che “il senatore non è mai stato musulmano”. Il problema era nato dal fatto che sul documento di identità di quando era ragazzo risultava invece che la sua religione fosse quella islamica. La madre di Obama divorziò dal padre e sposò un indonesiano, Lolo Soetoro, e la famiglia si trasferì in Indonesia dal 1967 al 1971. Obama frequentò la scuola cattolica San Francesco di Assisi e in base alla documentazione presentata fu iscritto come musulmano, la religione del patrigno. La documentazione richiedeva che al momento dell’iscrizione ogni allievo scegliesse una delle cinque religioni di stato: musulmana, indù, buddista, cattolica o protestante. Obama scelse la prima. O gli fu fatta scegliere dalla nuova famiglia. “Da piccoli leggevamo il Corano”, ha detto al New York Times la sorellastra, Maya Soetoro-Ng, che ha aiutato il fratello in campagna elettorale e che sul paraurti dell’auto ha un adesivo su cui è scritto “20/1/09, fine di un errore” (è la data di insediamento del prossimo presidente). Il senatore Bob Kerrey ha elogiato il “legame” di Obama con l’islam. I sostenitori di Obama dicono che il dossier islam è un complotto conservatore per screditarlo. Una ricerca del Pew Center, il più prestigioso istituto di ricerca religioso, ha dimostrato che il 45 per cento degli americani non voterebbe mai un candidato musulmano, paragonato al 25 contro il mormone Mitt Romney. Due mesi dopo la sparata del suo addetto stampa, un giornalista del Los Angeles Times scoprì che Obama aveva mentito e riportò che dal sito web di Obama era scomparsa quella dichiarazione assoluta sostituita con una più sfumata: “Obama non è mai stato un musulmano praticante”. Il Los Angeles Times ha pubblicato una lunga inchiesta sul suo passato di fedele islamico. “Sono sempre stato cristiano”, ripete sempre Obama. Ma come spiega Daniel Pipes, “i musulmani non reputano che la professione della fede islamica sia di capitale importanza. Per essi, chi è nato da padre musulmano è un musulmano di nascita”. Inoltre, tutti i bambini che portano un nome arabo basato sulla radice trilaterale “H, S, N” possono essere considerati musulmani. Pertanto, a loro dire, basta considerare il nome completo di Obama: Barack Hussein Obama per asserire che egli è musulmano di nascita. Obama senior era un musulmano che chiamò suo figlio Barack Hussein Obama junior. Soltanto ai bambini musulmani viene dato il nome “Hussein”. Anche sua nonna Sarah si definisce una “fervente fedele islamica”. Zulfin Adi, un amico indonesiano, dice che Obama “era musulmano. Egli si recava in moschea. Ricordo che indossava un sarong”, un indumento portato dai musulmani. Gli abiti islamici Obama li ha nuovamente indossati nel 2006 (fu immortalato in una celebre fotografia). Il verdetto di Pipes è chiaro: “Obama era musulmano di nascita, di padre non praticante e che per alcuni anni ricevette un’educazione sufficientemente musulmana, sotto gli auspici del patrigno indonesiano”. La storia potrebbe avere anche un risvolto positivo. Secondo Pipes, “se Obama venisse accusato apertamente di apostasia, ciò solleverebbe eccezionalmente la questione del diritto di un musulmano a cambiare religione, facendo sì che un argomento da sempre marginale diventi primario e centrale, magari a beneficio di quei musulmani che tentano di dichiararsi atei o di convertirsi a un’altra religione”. Scrive sempre l’islamologo americano che “non si dovrebbe scartare l’ipotesi che qualche islamista lo rinnegherebbe per il fatto che sia un murtadd e tenterebbe di giustiziarlo”. Intanto Robert Malley, consigliere di Obama, ha rassegnato le dimissioni dopo che un giornalista del Times gli ha fatto domande sui suoi incontri con Hamas. Proprio il fatto che il senatore dell’Illinois sia il candidato favorito di Hamas è stato al centro delle accuse mosse dal candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain, che ha preso come spunto le parole di apprezzamento espresse dal Ahmed Yousef, consigliere politico di Hamas, nei confronti di Obama. “Obama ci piace e speriamo che vinca”. Infine, pesa sulla storia di Obama, che ha sempre preso le distanze dagli agitatori afroamericani, il sostegno dei leader della negritudine con la loro teologia della liberazione islamica (era un nero il primo muezzin della storia). A cominciare da Louis Farrakhan, il leader della “Nazione dell’islam” e amico di Gheddafi che nel 1998 scrisse una lettera a Saddam Hussein, definendolo “un visionario”. Intanto Obama in un’intervista al mensile The Atlantic spiega che “non vedrete, nel corso del mio mandato, alcun calo di impegno a favore della sicurezza di Israele” e che “finché Hamas sarà un’organizzazione terroristica, non dovremo avervi a che fare”. Prese di posizioni dal peso specifico più grande dei rumors e dei lapsus di Rush Limbaugh, che usa chiamarlo “Barack Osama”.

Da L' OPINIONE  del 13  maggio un articolo di Stefano Magni

Da sabato scorso, il candidato democratico Barack Obama ha perso un altro dei suoi sostenitori “imbarazzanti”: l’esperto di Medio Oriente Robert Malley. Le dimissioni del consigliere per la politica mediorientale sono avvenute dopo mesi di polemiche sui suoi presunti contatti con Hamas, il partito islamista palestinese che, anche sul piano formale, è inserito nella lista nera delle organizzazioni terroriste del Dipartimento di Stato degli Usa. In sua difesa, Malley, ha smentito le accuse e ha dichiarato che per lavoro deve avere contatti con persone “piacevoli e spiacevoli”. Robert Malley, infatti, fu consigliere speciale per gli affari arabo-israeliani di Bill Clinton dal 1998 al 2001. Fu anch’egli coinvolto in pieno dal fiasco di Camp David, quando Arafat rifiutò l’offerta mossa dall’allora premier israeliano Ehud Barak di uno Stato palestinese comprendente il 98% dei territori contesi. Dopo il fallimento di quella mediazione, Arafat tornò trionfalmente in Palestina mostrando al mondo il segno di vittoria. Meno di un mese dopo scoppiò la II Intifadah.

E Malley ebbe il coraggio di attribuire la responsabilità del fiasco diplomatico al premier israeliano. Secondo la sua interpretazione, infatti, Barak formulò la sua offerta territoriale in un modo che “non poteva essere accettato” dalla controparte palestinese. Dopo lo scoppio delle ostilità nel Medio Oriente, Malley, membro dell’International Crisis Group (lo stesso centro studi che, nel 2006, suggeriva un ritiro delle truppe e un accordo con Iran e Siria per chiudere la partita in Iraq), ha mantenuto la sua posizione, suggerendo di estendere la trattativa anche a Hamas. L’ex consigliere di Clinton, infatti, iniziò a considerare l’Olp di Arafat come un’organizzazione ormai vetusta e non rappresentativa della reale volontà popolare palestinese, in quanto non comprendeva i movimenti islamisti. Al di là del suo “il lavoro mi obbliga a dialogare con gente piacevole e spiacevole”, Robert Malley, stando a tutti i suoi precedenti articoli e dichiarazioni, considera Hamas non come un’organizzazione terroristica (nonostante gli attentati suicidi, il bombardamento continuo di Sderot, i continui proclami sulla volontà di annientare Israele, la sua inevitabile iscrizione nella lista nera del Dipartimento di Stato), ma come un partito con cui trattare.

Barack Obama potrebbe essere “imbarazzato” per un simile sostegno, proprio nei giorni in cui dichiara che la difesa di Israele sarà una “priorità” della la sua politica estera. Ma prendere le distanze da certi suoi consiglieri o negare la paternità spirituale del pastore anti-americano Jeremiah Wright, potrebbe non bastare. Non occorre andare troppo indietro nel tempo per trovare un’altra macchia nella campagna del senatore afro-americano: l’adesione al suo blog di “Muslim Americans for Obama 08”, un sito internet, pieno di post aggressivi contro la “lobby israeliana”, linkato a tre associazioni islamiche sospette di collusione con il terrorismo islamico, in particolare con Hamas e i Fratelli Musulmani. Obama può anche dire “no grazie” a tutti questi elettori. Ma, come si chiede il candidato repubblicano McCain: “Domandatevi perché Hamas spera che sia Obama ad andare alla Casa Bianca”.

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