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Avvenire - L'Opinione Rassegna Stampa
18.12.2007 Uranio russo all'Iran
dopo mesi di stallo riprende la pericolosa collaborazione tra Mosca e Teheran

Testata:Avvenire - L'Opinione
Autore: Giovanni Bensi - Stefano Magni
Titolo: «Da Mosca un carico di uranio per l’Iran - Iran nucleare la Russia non lo teme»
Da AVVENIRE del 18 dicembre 2007 (pagina 17), la cronaca di Giovanni Bensi:

I l ministero degli Esteri rus­so ha annunciato che l’en­te per l’esportazione dei materiali atomici (Atom­strojeksport) ha iniziato la consegna di un primo carico di combustibile nucleare alla centrale elettronucleare che la stessa Russia sta costruendo a Bushehr, nel sud dell’Iran. Il combustibile è prodotto da un’azienda chimica di Novosi­birsk. La prima partita, 82 ton­nellate di uranio-235 arricchi­to al 3,62%, è costituita da bar­re rinchiuse in 180 contenito­ri. Il combustibile viene per o­ra immagazzinato, mentre il resto verrà consegnato dalla Russia entro i prossimi due mesi, dopo di che la centrale nucleare potrà diventare ope­rativa nel giro di altri sei mesi. Il presidente dell’Atom­strojeksport, Sergej Shmatko, ha precisato che attualmente i contrasti con l’Iran sono risol­ti, le scadenza per il termine della costruzione sono stati concordati e la data esatta di entrata in funzione della cen­trale sarà comunicata a fine di­cembre. Originariamente l’i­naugurazione di Bushehr era prevista per il settembre 2007, mentre il combustibile avreb­be dovuto essere consegnato sei mesi prima, in marzo. Ma i tempi concordati non potero­no essere rispettati a causa dei ritardi nel fi­nanziamento da parte di Teheran e del fatto che il pro­getto aveva su­scitato sul pia­no internazio­nale sospetti sulle ambizio­ni nucleari del­l’Iran. Bushehr viene costruita sotto la super­visione del­l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia a­tomica).
  Prevedendo le reazioni diplo­matiche inter­nazionali, il ministero degli Esteri russo so­stiene
che Teheran ha dato as­sicurazioni che il combustibi­le nucleare mandato a Bu­shehr non verrà usato per al­tri scopi. Nel comunicato del ministero si può leggere che «la parte iraniana ha fornito ul­teriori assicurazioni scritte sulla circostanza che il com­bustibile sarà usato esclusiva­mente per la centrale elettro­nucleare di Bushehr» e non per fini militari.
  Inoltre la Rus­sia avrebbe fatto pressioni su Teheran perché abban­doni il suo programma di arricchimento dell’uranio.
  Ma un alto funzionario i­raniano ha praticamente smentito Mo­sca, ribadendo che l’Iran in nessun caso fermerà il pro­gramma di ar­ricchimento. Il Consiglio di si­curezza delle Nazioni Unite già in due oc­casioni ha imposto sanzioni all’Iran. D’altra parte nei gior­ni scorsi è stato reso noto un documento delle agenzie di intelligence americane secon­do il quale Teheran avrebbe sospeso i tentativi di produrre
uranio utilizzabile a fini mili­tari fin dal 2003. In ogni caso il ministero degli Esteri russo ri­tiene che proprio la fornitura di combustibile nucleare per Bushehr renda superfluo il programma di arricchimento iraniano. Nel già citato comu­nicato si afferma: «Noi credia­mo che siano state create con­dizioni qualitativamente nuo­ve che permetteranno all’Iran di intraprendere i passi ad es­so richiesti per ristabilire la fi­ducia nella natura pacifica del suo programma nucleare».
  Ma l’ottimismo ostentato da Mosca viene smentito dagli stessi iraniani. Un rappresen­tante governativo a Teheran ha dichiarato: «Non si parla nep­pure di cessare l’arricchimen­to. Non vi è nulla che abbia rapporto con un congelamen­to dell’arricchimento dell’ura­nio. La consegna (da parte del­la Russia) del combustibile nu­cleare non avviene nel quadro delle risoluzioni dell’Onu o nell’ambito di altre trattative». Insomma, mentre per la Rus­sia i rifornimenti a Bushehr av­verrebbero sotto le garanzie dell’Aiea, per l’Iran esse non sono collegate agli altri aspet­ti del contenzioso nucleare i­raniano.


L'analisi di Stefano Magni da L'OPINIONE:

Ieri mattina è arrivata la conferma: il primo lotto di carburante nucleare per la centrale di Bushehr è giunto in Iran dalla Russia. La notizia è in controtendenza con quanto si era appreso fino alla settimana scorsa sui difficili rapporti tra Mosca e Teheran: la centrale nucleare in costruzione doveva essere già inaugurata da settembre, ma i Russi avevano ritirato i tecnici e sospeso le consegne perché gli Iraniani non pagavano. La settimana scorsa, l’azienda russa Atomstroiexport, impegnata nel programma, aveva dichiarato di non avere più problemi, perché erano state risolte le dispute sulla costruzione. Ma il dissidio non era solo economico. La sospensione dei lavori a Bushehr risale al marzo scorso. Lo scorso 16 ottobre, quando Putin si era recato a Teheran (la prima visita di un leader del Cremlino a Teheran dalla II Guerra Mondiale), la sua impressione sui partner iraniani era estremamente negativa. Il giornalista di origine iraniana Amir Taheri, messosi in contatto con membri dell’entourage russo di Putin, aveva definito “educativa” quella visita: “Questa era la prima volta che Putin parlava direttamente con i vertici della Repubblica Islamica.

Il presidente ha trovato come minimo ‘bizzarri’ i suoi interlocutori iraniani”. La stessa fonte del Cremlino aveva affermato che: “Gli Iraniani pensano di avere già vinto. Sono talmente intossicati dal loro entusiasmo che non hanno neppure chiesto a Putin di aiutarli respingendo eventuali nuove sanzioni dell’Onu”. Dopo quella visita, tra le altre cose, il presidente russo si era rifiutato di fissare una data precisa per l’inaugurazione dell’impianto di Bushehr. Aveva preso tempo, dichiarando la ripresa dei lavori fosse dipendente dalla “soluzione di altri problemi”, leggasi: della disputa con l’Onu per l’arricchimento dell’uranio.
Come si spiega che i Russi abbiano cambiato idea? La disputa con l’Onu non è stata affatto risolta. Anzi, proprio in occasione della consegna del primo lotto di carburante nucleare, Teheran ha immediatamente confermato che non interromperà il ciclo di arricchimento dell’uranio. Dunque, c’è solo un motivo valido che può avere indotto Mosca a riprendere la sua collaborazione con l’Iran: il rapporto di intelligence statunitense e il conseguente abbassamento del livello di guardia sul programma atomico militare iraniano.

Lo storico militare Victor Davis Hanson, in un suo recente editoriale della National Review, aveva previsto un simile effetto collaterale: gli alleati degli Stati Uniti e le altre potenze coinvolte nella questione nucleare iraniana avrebbero cambiato le loro percezioni sul problema, convincendosi che “...molto probabilmente non vi sarà un’azione preventiva americana contro i siti nucleari iraniani e, sfortunatamente, non vi sarà una forte politica statunitense per ottenere sanzioni più dure su un Iran che sembra già essere stato messo fin troppo sotto pressione”. E’ in base a questa percezione di “cessato allarme” che i Russi ora pensano di poter riprendere la loro collaborazione senza timore di vedersi coinvolti in un conflitto. Al contrario, gli alleati degli Stati Uniti minacciati direttamente da un Iran nucleare, sono ancora più preoccupati. Lo rivela l’esternezione di Avi Dichter, ministro per la Sicurezza Interna di Israele, dello scorso 16 dicembre, che ha definito “errata” la percezione americana del pericolo iraniano e, in base a questo, ha messo in dubbio la stessa validità di tutta la politica mediorientale di Washington. Il premier Ehud Olmert ha immediatamente rimproverato il suo ministro, dichiarando ieri che non sono ammissibili commenti su un tema così delicato. Ma il nuovo attaché militare israeliano a Washington, Benny Gantz, ha ribadito ieri al quotidiano Jerusalem Post che: “Il mondo capisce che l’Iran è un problema, dal momento che si parla di imporre sanzioni. Ma non sono sicuro che si comprenda sino in fondo quale sia la gravità e l’urgenza del problema”.

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