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Il Foglio - Il Giornale - L'Opinione Rassegna Stampa
07.08.2007 Eletto il candidato cristiano filo-siriano alle elezioni regionali libanesi
ma per qualcuno è una vittoria di Pirro

Testata:Il Foglio - Il Giornale - L'Opinione
Autore: la redazione - Fausto Biloslavo - Stefano Magni
Titolo: «Aoun vince le suppletive e punta alla presidenza con l’aiuto di Damasco - Libano, vittoria di Pirro per i filo-siriani - Intervista a Roger Bou Chahine / “Grazie a Unifil, Hezbollah si è riorganizzato e ha diviso i cristiani”»
Vittoria del  Free Patriotic Movement di Michel Aoun (alleato con Hezbollah) alle elezioni regionali libanesi.
Ma sulla portata del successo vi sono valutazioni differenti.
Dalla prima pagina del FOGLIO  del 7 agosto 2007:



Beirut. Le elezioni regionali del Libano sono un modello in miniatura della crisi in cui si trova il paese. Il successo ottenuto dal Free Patriotic Movement di Michel Aoun, alleato con l’opposizione prosiriana di Hezbollah, è un colpo per l’esecutivo Siniora, sostenuto da Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita. Poco meno di 80 mila elettori cristiani hanno votato domenica per eleggere un solo deputato: occuperà il seggio rimasto vacante a novembre, dopo l’assassinio del ministro dell’Industria, Pierre Gemayel, del blocco di maggioranza del 14 marzo. Suo padre, Amine, ha corso contro un candidato poco noto, Camille Khoury, del partito del generale Aoun. Il Metn, regione montagnosa a pochi chilometri da Beirut, è roccaforte maronita (i due rivali sono entrambi cristiani maroniti), ma anche antico feudo della famiglia Gemayel, fatto che rende la sconfitta più pungente. La maggioranza appoggiata dalla comunità internazionale, che accusa la Siria d’essere il mandante dell’assassinio del ministro Pierre, s’aggrappa ai numeri. Il generale Aoun ha vinto per poco più di 400 preferenze e la differenza è stata data dal voto dei cristiani armeni, suoi alleati. I detrattori di Aoun definiscono una sconfitta il successo del generale, che dichiarava, dopo le legislative del 2005, di avere il sostegno del 70 per cento dei cristiani, dato smentito dalla vittoria di misura. Edmond Rizk, ex deputato ed ex ministro cristiano del sud, un tempo membro del partito falangista di Gemayel, espone al Foglio i suoi dubbi sulla validità di un sistema elettorale, in un paese settario come il Libano, in cui il voto armeno decide il seggio in Parlamento di una regione a maggioranza maronita. Il controverso generale Aoun avrebbe dunque perso, continuano i suoi detrattori, gran parte dell’elettorato maronita a causa della sua intesa con i gruppi prosiriani e Hezbollah e se non fosse stato per un abile gioco di alleanze non avrebbe ottenuto la vittoria. Ma i conti serrati, una volta chiuse le urne, non cambiano il risultato. Pochi giorni fa, Sami Gemayel, il venticinquenne figlio di sheik Amine, aveva spiegato al Foglio perché il voto di domenica è un modello della crisi nazionale. Il Libano è diviso: c’è il blocco sciita guidato da Hezbollah, appoggiato da Damasco e Teheran; i sunniti sono con il governo Siniora, sostenuto dalla comunità internazionale; i cristiani sono frammentati e il risultato delle regionali sbilancia il quadro. “Il grande vincitore oggi è la Siria”, ha detto l’editorialista del Daily Star, Michael Young.
Alla fine, Gemayel ha perso, Aoun ha vinto ed è il momento giusto per Damasco di lavorare sul suo candidato presidente. Le piccole elezioni di domenica acquistano infatti enorme significato in vista delle presidenziali di settembre. Il mandato del rais émile Lahoud, sostenuto Damasco, scade a novembre. Il presidente non ha dato il suo assenso, necessario per legge, a queste elezioni, perché richieste da un governo che l’opposizione prosiriana considera illegale. Allo stesso modo, Nabih Berri, presidente del Parlamento libanese, alleato di Hezbollah, non ratificherà il risultato. Aoun, dal giorno del suo ritorno in patria dall’esilio, nel 2005, non ha mai nascosto di puntare alla presidenza, una poltrona riservata, nel sistema settario libanese, ai maroniti. Gemayel, assieme ad altri del blocco del 14 marzo, era uno dei possibili candidati. La Siria ha per anni avuto l’ultima parola sul posto di rais e l’alleanza con il generale Aoun ha anche fini elettorali. Il rais è scelto dal Parlamento. La maggioranza dell’Assemblea rimane al movimento antisiriano. Ma è necessaria la presenza dei due terzi dei deputati per ottenere il quorum e portare a termine la votazione. La prossima sfida tra i due blocchi sono le presidenziali. Le prospettive politiche di Aoun, dopo il successo di domenica e una campagna lunga due anni, sono in aumento. Deve guardarsi ora da un collega generale, Michel Suleiman, comandante in capo dell’esercito. Il generale era già ai vertici militari prima del ritiro delle truppe siriane dal Libano nel 2005 e ha sicuramente conosciuto la corte di Bashar el Assad. Il che non significa necessariamente che sia uomo della Siria, essendo alla testa di un esercito che ha perso oltre 100 uomini combattendo contro un gruppo terrorista prosiriano nel campo profughi di Nahr el Bared. Oggi è considerato dalla popolazione un eroe come tutti i membri dell’arma. Beirut è tappezzata di poster con i simboli dell’esercito e ci sono striscioni da un palazzo all’altro che celebrano i soldati per il loro onore e la loro lealtà al paese. Suleiman piace a Hezbollah e alleati perché non ha mai dato ordine di sgomberare la loro tendopoli di protesta contro il governo nel centro di Beirut. Ma piace anche agli esponenti del gruppo del 14 marzo per i suoi screzi con il presidente prosiriano Lahoud.

Dal GIORNALE, un articolo di Fausto Biloslavo:

Nello scontro elettorale fra cristiani la spunta per una manciata di voti il candidato dell’ex generale Michel Aoun, ma per gli alleati di Hezbollah, appoggiati da Damasco, è una vittoria di Pirro. Il 57% dei cristiani maroniti del distretto libanese del Metn, dove si è votato domenica, ha scelto Amin Gemayel, l’ex capo di Stato che con il suo partito, Kataeb, appoggia il governo filo occidentale di Fouad Siniora. Il candidato del Movimento patriottico di Aoun, Camille Khouri, ha vinto la sfida con soli 418 voti di differenza. Si trattava di elezioni suppletive per il seggio parlamentare lasciato vacante da Pierre Gemayel, il figlio di Amin, ucciso lo scorso novembre in un attentato.
«Semplicemente non possono battermi», ha commentato con un tono sprezzante Aoun. L’ex generale che combattè contro i siriani durante la guerra civile sosteneva che il 70% dei cristiani erano con lui. Nelle elezioni del 2005, quando non si era ancora alleato con Hezbollah, aveva in effetti raccolto una valanga di consensi. Confrontando i dati con il voto di ieri la marcia indietro è evidente. Gemayel ha infatti fatto subito notare che «il 57% dei maroniti del Metn hanno votato per me, a fronte di un 43% che ha votato contro». Quindi il leader del Kataeb ha riconquistato la maggioranza nel mondo cristiano maronita, che Aoun pensava di detenere grazie al suo carisma, nonostante la piroetta filo siriana.
Secondo la stampa di Beirut la differenza l’ha fatta la piccola comunità armena greco ortodossa, che avrebbe votato compatta per il candidato di Aoun. Una vittoria resa possibile da Michel al Murr, un politico tradizionalmente vicino a Damasco, leader incontrastato degli armeni concentrati in maggioranza nel fatidico distretto del Metn.
Per il leader druso Walid Jumblatt, alleato di Gemayel, le elezioni suppletive «hanno segnato una vittoria politica perché è crollato il mito di Aoun» come principale leader cristiano. Anche Saad Hariri, figlio dell'ex premier libanese Rafiq al-Hariri ucciso in un attentato, e leader del movimento politico sunnita al-Mustaqbal, ha cantato vittoria. Alleato di Gemayel nel governo ha spiegato che «la vittoria politica è stata netta». Infatti, nel voto suppletivo di un altro distretto, Mohammed Amin, il candidato sunnita, ha stravinto con l’85% dei voti.
Scontri e tafferugli sono scoppiati fra i cristiani fedeli ad Aoun e a Gemayel nel distretto del Metn, nonostante la presenza di ingenti forze antisommossa e blindati. Gli uni accusano gli altri di brogli, ma il vero problema è la sfida cruciale per la presidenza della repubblica. Il Parlamento, bloccato dalla protesta di Hezbollah, dovrà eleggere entro novembre un nuovo capo dello stato, cristiano maronita, come previsto dalla Costituzione. Aoun punta alla carica da sempre ed era sicuro di farcela fino a quando controllava il 70% dell’elettorato maronita. Gemayel è il candidato filo governativo, ma non è un buon inizio la sconfitta, seppure risicata, nel voto di domenica, che riflette il pericoloso stallo della crisi politica libanese.

Da L'OPINIONE, un'intervista di Stefano Magni all'analista libanese Roger Bou Chahine.

Il 5 agosto in Libano si è combattuto un micro-conflitto elettorale nel distretto del Metn, cuore della comunità cristiana. Si doveva eleggere un deputato che andasse a coprire il seggio lasciato vacante dalla morte di Pierre Gemayel, ex ministro dell’industria, fervente indipendentista anti-siriano, assassinato il 21 novembre 2006. Eppure il candidato teoricamente più favorito, Amin Gemayel, ex presidente libanese e padre di Pierre, è stato sconfitto per soli 418 voti da Camille Khoury, candidato fedele al generale Michel Aoun, attualmente alleato con Hezbollah e lo schieramento filo-siriano di opposizione. Benché si trattasse di una competizione tutta interna alla comunità cristiana, una forte tensione ha contraddistinto queste piccole elezioni suppletive, al punto che l’esercito è dovuto intervenire per impedire che i disordini degenerassero in scontri armati veri e propri. Ne abbiamo parlato con Roger Bou Chahine, cristiano libanese, direttore dell’Osservatorio Geopolitico Mediorientale (Ogmo).

La tensione e il sostanziale pareggio elettorale è un sintomo di una spaccatura interna ai cristiani?
La tensione per le elezioni non si esaurisce alle suppletive di ieri. Il Libano è in grande fibrillazione e il motivo di fondo è l’attesa per le elezioni presidenziali. Sia Amin Gemayel che Michel Aoun (che è alle spalle della candidatura di Khoury) sono due candidati presidenziali. Per cui chi ha vinto queste elezioni nel distretto del Metn ora ha un’arma in più per la vera competizione che si terrà il mese prossimo.

La vittoria di misura del candidato di Aoun può cambiare l’equilibrio di potere in vista delle presidenziali?
La maggioranza parlamentare è chiaramente contro Aoun e i numeri non gli lasciano alcuna speranza. A meno che l’equilibrio non venga cambiato da continue uccisioni di deputati della maggioranza, poi sostituiti alle elezioni successive con uomini dell’opposizione, come è successo ieri. Attualmente nel Paese c’è grande confusione, perché Aoun è esplicitamente alleato con Hezbollah, con la Siria e con l’Iran (e questo lo sappiamo tutti), ma continua a condurre le sue campagne elettorali come se queste alleanze non esistessero. E stranamente la gente gli crede, non lo considera un uomo della Siria. Gli elettori hanno la vista annebbiata su quel che sta accadendo in Libano. Credono che avverrà un miracolo e che vi sarà un rovesciamento di alleanze.

Perché Michel Aoun, generale cristiano, è passato all’opposizione alleandosi con Hezbollah (movimento integralista islamico) e i Siriani?
Anche durante la guerra civile il generale Aoun combatteva contro i Siriani, ma allo stesso tempo aveva tutte le carte in regola per allearsi con loro in un secondo momento. Il motivo? Il potere. Oggi Aoun crede di essere l’unico candidato vincente per conquistare la presidenza della repubblica. Come tutti i leader maroniti, dopo che è stato a capo dell’esercito, il suo sogno è quello di essere anche capo di Stato. Questo purtroppo è uno dei nodi della politica libanese e non possiamo far nulla per scioglierlo. Con la vittoria di ieri, l’unico obiettivo politico di Aoun è la conquista della presidenza della repubblica. Aveva calcolato bene la sua corsa per la conquista del distretto del Metn: è un uomo che sa quello che sta facendo. In quel distretto sono molto forti il Partito Social Nazionale Siriano (formazione favorevole all’annessione del Libano alla Siria, ndr) e la sinistra comunista libanese: è una macchina del voto (e di manipolazione) non indifferente. Agli occhi degli elettori, poi, l’alleanza di Aoun con la Siria e Hezbollah appare come un espediente tattico, quasi surreale. Tutti sono convinti che, una volta presidente della repubblica, tornerà ad essere di nuovo l’eroe cristiano del Libano.

E se dovesse vincere le elezioni di settembre, avrebbe la possibilità di rovesciare di nuovo le sue alleanze e tornare ad essere il nemico della Siria?
Il prezzo per raggiungere la poltrona presidenziale è molto alto. Se Aoun dovesse cambiare regole all’improvviso, il prezzo sarebbe ancora più alto. Certo, stiamo parlando di una persona molto emotiva e abituata a prendere di petto le questioni, ma adesso la situazione in Libano è molto più difficile. Solo in questi giorni l’Onu ha intimato a tutte le parti di non armare le milizie irregolari, svegliandosi dopo otto mesi di silenzio. Ormai non c’è alcuna formazione libanese che non sia armata. L’Onu parla di rispetto della Risoluzione 1701, come se la precedente Risoluzione 1559 non esistesse neppure. La Siria sta giocando una partita vincente proprio perché l’Onu è addormentata. E’ da illusi credere che il regime di Damasco si sia ritirato dal Libano. Gli uomini di potere filo-siriani sono ancora tutti in Libano e pesano molto nel processo decisionale. Nelle elezioni suppletive, per esempio, Aoun è stato appoggiato da Michel al Murr, uomo d’affari, padre dell’attuale ministro della difesa, che ha gestito i voti della sinistra comunista e del Partito Social-Nazionale Siriano. La Siria ha allevato in trenta anni di occupazione un’intera fascia di popolazione che la sostiene. Ha creato un vero e proprio blocco sociale, economico e culturale che condiziona tutta la politica libanese.

Gli Hezbollah avrebbero potuto rovesciare il governo di Siniora, ma è da mesi che non si sentono e non si vedono più. Sono diventati più pragmatici, o la loro è una tregua?
Né pragmatismo, né tregue: Hezbollah è un movimento fortemente ideologico e sa come muoversi. Ha approfittato della presenza di Unifil per riorganizzarsi. Dal punto di vista di un cittadino libanese, Unifil avrebbe dovuto smantellare Hamas e i servizi segreti che lo appoggiano. Invece Unifil serve solo a impedire ad Israele di sorvolare il Libano. Questo ha permesso alle milizie di Hamas di riorganizzarsi, di riarmarsi, di prendere il fiato dopo la guerra contro Israele (che aveva distrutto il 90% della loro forza militare). Se Unifil avesse avuto un altro tipo di mandato, come era giusto che fosse e coerente con quanto veniva richiesto da chi voleva la presenza di una forza multinazionale in Libano, oggi non avremmo avuto ancora un pezzo di Paese nelle mani di Hezbollah, dove nemmeno i cittadini libanesi possono entrare. Oggi il Partito di Dio è una potente macchina politica, oltre che militare, in grado di manipolare la scena politica libanese e di dividere i cristiani (come abbiamo visto ieri). Perché chiaramente gli Hezbollah sono alleati di Aoun, non perché amino un generale cristiano, ma perché la sua complicità serve loro per mettere i cristiani gli uni contro gli altri. Fino a ieri i cristiani si sono combattuti e distrutti politicamente e moralmente. Un domani si spera non accadano cose peggiori, visto che in Libano le armi circolano come qui nemmeno si può immaginare.

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