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Il Giornale Rassegna Stampa
28.03.2023 Israele, un Paese tagliato in due, gli errori di Bibi
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 28 marzo 2023
Pagina: 13
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Tutti gli errori di Bibi, il ruolo dei religiosi»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 28/03/2023,a pag.13, l'analisi di Fiamma Nirenstein, dal titolo "Tutti gli errori di Bibi, il ruolo dei religiosi"

A destra: Re Salomone il saggio secondo Dry Bones di fronte al bambino tagliato ormai in due. Come attaccare le due parti dopo che sono state tagliate durante la grande crisi del 2023?

PM Netanyahu Appoints Fiamma Nirenstein as Ambassador to Italy | Prime  Minister's Office
Fiamma Nirenstein

E’ stata una scelta difficile per Netanyahu decidere di annunciare quella che non è certo una vittoria. Bibi ha dovuto cedere. Ci ha messo ore prima di offrire il viso stanco alle telecamere, e la decisione di arrendersi all’usura delle manifestazioni a ferro e fuoco è stata annunciata solo dopo che il ministro Ben Gvir ha accettato di non far cadere il governo con un voto contrario. L’esempio che ha portato è stato quello delle due madri che rivendicano lo stesso bimbo di fronte a re Salomone, che offre di tagliarlo in due per contentare entrambi. È una provocazione che conduce la vera madre a rinunciare al figlio per lasciarlo intero. Così Netanyahu si è rivolto alla sua parte: è il momento di scegliere l’unità del popolo, sacrifichiamoci. Una mossa che se compiuta qualche settimana fa avrebbe evitato il surriscaldamento. E adesso che la riforma giudiziaria è stata fermata, anche gli scontri cesseranno? Ora che Benny Gantz e persino Yair Lapid, i capi dell’opposizione, hanno accettato di elaborare un nuovo testo con il governo, la politica e la società israeliana tireranno un respiro di sollievo? Difficile crederlo. La vittoria dell’inizio di novembre, che riportò Benjamin Netanyahu al potere con una maggioranza di 64 seggi, si è trasformata in un gomitolo di errori, accuse, fraintendimenti che oggi fanno del primo ministro di Israele un leader in lotta: i suoi nemici, che hanno annusato la possibilità di eliminarne la leadership, parlano di un eccesso di fiducia in sé stesso. Molti sono certi, invece, che la sua incredibile “stamina”, il carisma che lo ha portato a fare di Israele un Paese ricco, liberale, il quarto nella classifica della felicità dei cittadini nel mondo, lo condurrà fuori dalla tempesta. Ma quasi mai Israele si era trovata così lacerata dall’odio che si è scatenata nelle sue strade. Lo sciopero generale, l’aeroporto, gli ospedali chiusi, le autostrade e le università bloccate sono bombe che, innescata per esprimere un “no” furioso alla riforma del giudiziario parlano di una frattura molto più profonda. Se la riforma ha scatenato la tempesta, è la composizione di una coalizione antropologicamente aliena a metà di Israele, all’ elite storica che odia le sue componenti religiose e nazionaliste, ricambiata, come Betzalel Smotrich e Ben Gvir: in nome del “no” alla riforma, la parola “democratia” sui cartelli, parla dell’elite laica e emancipata di Tel Aviv, della gloriosa tradizione kibbutzistica. Bibi, aristocratico e laico a sua volta, non è stato perdonato per l’alleanza coi religiosi nazionalisti,cui è stato spinto dal rifiuto a sinistra. Ma i motivi della spaccatura israeliana sono anche nella negligenza della coalizione nello spigarsi: la riforma è rimasta nelle carte e interpretata al peggio. Unita al pregiudizio comune contro la destra e contro il Primo Ministro al potere da 15 anni è stata devastante. Bibi, ha sbagliato a contare sul suo impatto di statista, sul suo carisma e sulla necessità di fronteggiare l’Iran quasi nucleare. Non ha spiegato bene neppure il primo cedimento che lo ha portato a cambiare la legge. Avrebbe invece forse ottenuto ascolto, perché non c’è cittadino anche di sinistra che non concordi sulla necessaria riforma di una legge che fa dei giudici una casta intoccabile. Intorno intanto si compivano una serie di errori che svegliavano idiosincrasie, odi incancreniti, e la determinazione a ottenere la testa di Netanyahu. Bibi, da parte sua, ha lasciato che la riforma entrasse come un tank in tutti i suoi difficilissimi aspetti sulla scena politica, lasciando tutti senza fiato: avrebbe invece dovuto apparire a capitoli lievi, sottoposta a discussione, senza sottovalutare i giudici, un’oasi di potere e consenso internazionale, la vera sinistra ideale di un Paese di cui il mondo non sopporta la guerra cui è costretto; Bibi ha lasciato che il suo dotto e concentrato ministro Levin, tutto preso dalla sacra missione, dimenticasse di mostrare rispetto all’interlocutore. Bibi ha detto in un’intervista alla tv inglese due giorni fa: “Siamo nati democratici, siamo democratici, saremo sempre democratici”. Ma non l’ha spiegato. Quando ha emendato il testo sulla selezione di giudici, espandendo il numero degli elettori da 9 a 11, così da ottenere una maggioranza molto risicata per il governo, non ha spiegato nemmeno quello. Mentre la folla dava di fascista al Primo Ministro, nessuno rispondeva se non con l’offesa “anarchici” anche ai piloti in rivolta, e si affiancavano sospetti di autoritarismo su una serie di sciocchezze mai diventate legge, come la proposta di proibire ai cristiani di propagare il Vangelo, i vestiti “modesti” da imporre al Muro del Pianto, certi autobus divisi per sesso, la discussione sulla riammissione di Arieh Deri al ruolo di ministro, le uscite poco professionali contro terroristi e nemici politici dei ministri di estrema destra come Ben Gvir, o Smotrich, e infine il licenziamento del ministro della difesa Gallant. Adesso il bambino conteso dovrebbe essere stato salvato. Bibi sa che nel 70 dC, Gerusalemme venne distrutta perchè il popolo era intento a un grande scontro interno. E corre ai ripari.

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