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Il Giornale Rassegna Stampa
27.01.2023 Per ricordare davvero occorre guardare ciò che è inguardabile
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 27 gennaio 2023
Pagina: 24
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Per ricordare davvero occorre guardare ciò che è inguardabile»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 27/01/2023, a pag.24/25, l'analisi di Fiamma Nirenstein, da titolo "Per ricordare davvero occorre guardare ciò che è inguardabile"

PM Netanyahu Appoints Fiamma Nirenstein as Ambassador to Italy | Prime  Minister's Office
Fiamma Nirenstein

È difficile ricordare la Shoah, e infatti nella mia famiglia c’è voluto tempo, anni, anche se ne era stata colpita sia dalla parte materna, con espulsioni, fughe, due morti a Mauthausen, e da quella paterna, con lo sterminio quasi completo della famiglia del mio babbo Alberto (Aaron) Nirenstein. Lui si salvò con una avventurosa fuga da Baranov in Israele, Palestina mandataria, nel ‘36, e con lui due sorelle, Miriam e Ada. Del nucleo stretto, quattro sorelline e il suo adorato fratello Moshe furono sterminati a Sobibor col padre Joseph e sua moglie, e tutti gli zii e cugini. Ma quando mio padre decise coi suoi libri di condividere il fardello che rese per sempre il suo linguaggio  diretto,  nemico delle sciocchezze, quando espose i punti esclamativi e interrogativi che ne avevano fatto una persona brusca, allora la sua storia della Shoah, più che “memoria” divenne imperativo a combattere sempre, perché il rischio non si è concluso. Dice Elie Wiesel: “Ci avesse detto qualcuno, quando fummo liberati, che saremmo di nuovo stati obbligati a combattere l’antisemitismo, non avremmo avuto la forza di alzare gli occhi dalle rovine. Pensammo che se solo avessimo raccontato, il mondo sarebbe cambiato.  Bene, l’abbiamo fatto, e il mondo è rimasto lo stesso”. Gli appelli alla memoria di questi giorni, mentre il mio computer seguita a essere bombardato di episodi di antisemitismo, ormai legalizzato e anche bene accetto quando si presenta come critica allo Stato d’Israele, travestito da battaglia per i diritti umani, sono in gran parte acqua su una ferita suppurata.

Ci sono due elementi che rendono la Memoria della Shoah mal praticata. Il primo è l’impronunciabilità  di ciò che avvenne alle orecchie della civiltà pacifista. Sapere che un popolo,dagli ufficiali che rivendicarono di stare solo ubbidendo agli ordini, fino alla maggioranza di cittadini che hanno con piacere perverso collaborato a uccidere fra i sei milioni anche un milione e mezzo di bambini o assistito in silenzio all’eccidio; inghiottire il concetto che quasi tutta Europa vi ha collaborato finche gli americani hanno imposto con le armi di cessare dal rogo collettivo. É molto difficile. É quello che mio padre, intrepidamente, fa nel suo “È successo solo 50 anni fa”. Se s vuole ricordare, allora per esempio, si deve intrepidamente leggere come a Varsavia, Lodz, Byalistock, Cracovia… Nei ghetti” si nota un numero sempre maggiore di bambini dalle facce gonfie, con gambe e braccia anch’esse gonfie; dai corpicini coperti di bolle e croste…; dalle facce scheletriche da cui spiccano con violenza degli occhi grandi spaventati affamati con ossa del cranio sporgenti..; di bambini con le gambette inverosimilmente magre e dalle facce invecchiate, appassite…; bambini per le strade, rannicchiati, miseri, sofferenti- bambini affamati”. Per ricordare occorre guardare l’inguardabile: Ringelblum scrive che “nei ghetti le strade erano pieni di corpicini che una mano pietosa copriva coi giornali, e rimanevano così..”. Guardare le stragi dei bambini nelle fasi dell’eliminazione dei disabili fisici e mentali, del gas nei camion, nelle fucilazioni in braccio alle madri, della deportazione in masse di bambini separati da genitori verso le camere a gas, delle processioni di creature coi loro maestri che decidevano di morire con loro verso la loro fine, silenziosi e disciplinati. Durante i rastrellamenti i tedeschi davano la caccia ai bambini ebrei con cani lupo ammaestrati, buttavano i bimbi in aria e li infilzavano con le baionette, tagliavano le loro teste con le asce, spaccavano i neonati in due, li buttavano nei roghi, nei pozzo e nei fiumi, li seppellivano vivi. Una bimba di 7 anni riceve da un SS la promessa che se bacerà il cadavere della mamma lui non la ucciderà, lei la bacia e lui le spara. Un bimbo di 5 anni offre a un SS una matita morsicata e uno specchietto rotto, i suoi tesori più cari, l’SS gli spara addosso; una bimba tredicenne prima di essere uccisa si rivolse al capo SS dicendo “ma io sono grande posso lavorare, perché vuole fucilarmi?”. Nel  ‘46 a Lublino i bambini deportati furono ricondotti al loro orfanatrofio perché il numero non soddisfaceva gli SS. I genitori credendo il posto sicuro, lo riempirono di bambini che subito furono portati via mezzi nudi e affamati, falciati con mitragliatrici e buttati semivivi nelle fosse preparate prima nelle cave vicine. Per chi vuole ricordare la Shoah qualsiasi versione edulcorata, non è memoria, è un film scolorito che riguardano responsabilità collettive vaste, ideologiche oltre il popolo tedesco e riguardano l’antisemitismo genocida.

E questo è il secondo ostacolo. Il messaggio che generalmente è stato tramandato è che un mondo emendato e consapevole mai più, never again, avrebbe potuto avventarsi sugli ebrei in quanto tali per ucciderli.

Le cronache di questi anni ci danno una versione completamente diversa della realtà. Ma nonostante le prove siano migliaia, non c’è sostenitore dell’importanza del Giorno della Memoria che accenni nelle sue requisitorie e nelle sue promesse alla necessità di farla finita con l’intenzione da parte di Stati e di gruppi ricchi, famosi, potenti, di eliminare il Popolo Ebraico e la sua maggiore istituzione, Israele. È questa l’intenzione soprattutto dell’Iran, che ne ha fatto la sua pietra di fondazione, e di buona parte della propaganda palestinese, sia di Hamas che di Fatah, che solo ogni tanto traveste il suo terrorismo in obiettivo irredentista, ma in genere punta a uccidere gli ebrei. L’Iran è un’enciclopedia di dichiarazione e di operazioni genocide. Il caso più citato, è quello del presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2005  quando evoca il padre fondatore Ayatollah Ruhollah Khomeini: I regime di Gerusalemme “deve essere cancellato dalla mappa”, “Bayad” deve, cioè, assolutamente e secondo un comando etico. È un coro di massa: il ministro degli esteri Manouchehr Mottaki  nel 2008 che ha detto che “deve essere eliminato dalla faccia della terra”; Ahmad Khatami ha chiesto di “annichilire il regime sionista” al “magnifico risveglio islamico” nel 2012; Hassan Rohani ha promesso di “mondare il mondo dalla ferita imposta al mondo” e via via verso i nostri giorni le Guardie della Rioluzione, i basiji, i politici, Khamenei stesso… È stato lui a usare l’espressione “soluzione finale” e poi ha precisato, dato che “il mondo non seguitava a tacere” che si riferiva a Israele. Grazie.  Esmail Ghaani, capo delle guardie rivoluzionarie e dei loro “proxy” nel mondo ha precisato il piano nel 1922: “Gli hezbollah stanno per portare il colpo fatale” e con loro le altre milizie che ormai circondano gli ebrei. L’Iran ne è il maggior finanziatore, ma è l’UE che senza battere ciglio seguita ad aiutare grandiosamente Abu Mazen che paga fra i 400 e i 3500 dollari al mese chi ha tentato o a compiuto l’assassinio terrorista di un ebreo, qualsiasi ebreo. È otto volte lo stipendio minimo di un palestinese, pari a quello di un giudice della corte suprema. Hamas, resta con la sua carta il leader del terrorismo genocida che incita a uccidere qualsiasi ebreo: “O pietra se un ebreo si nasconderà..avvertimi”; per i palestinesi di Fatah ci si illude che si tratti di un sogno irredentista, anche se la suddivisione è stata respinta almeno cinque volte dal 1948, quando in cambio di due Stati per due popoli i palestinesi scelsero la guerra di distruzione per la prima volta, seguiti poi, disastrosamente, da tutto il mondo islamico. È mai possibile che l’ONU, l’Unione Europea, le istituzioni più svariate che sostengono l’Autorità Palestinese non le chieda mai conto della sua intenzione genocida, del perché i bambini imparano a odiare gli ebrei disegnandoli con tutte le caratteristiche di ferocia, perversione, egoismo, razzismo, facendone i diffusori del covid e la causa della guerra in Ucraina… Proprio come la propaganda nazista?L’UE del “never again” non è compatibile con quella dell’antisemitismo attuale, che non vede quando Israele abbia tentato ogni strada di pace invano contro un odio ideologico inestinguibile, cha da fuoco a tutto il mondo di nuovo? Che cosa pensa chi ripete never again quando Fatah vanta 7200 attacchi nel solo 2022 e si eccita annunciando di aver compiuto 76 attacchi a fuoco in un mese? Quando il paragone fra Israele e nazismo, ovvero la nazificazione di Israele diventa luogo comune insieme alla follia degli ebrei come “suprematisti bianchi”? Ma di questo abbiamo scritto molte volte. Adesso torniamo a Eli Wiesel e al never again:  è una pratica di modestia e di revisione intellettuale, di abbandono dei paradossi politici per cui Israele è uno stato coloniale, imperialista, di apartheid, gli ebrei sono suprematisti bianchi, criminali di guerra, Hitler aveva ragione, slogan sempre più frequente durante le manifestazioni contro Israele, gli ebrei uccidono i bambini per scelta, sionismo eguale razzismo di lotta a questo sfondo della più pura tradizione antisemita, la criminalizzazione degli ebrei, tipica oggi dell’Iran e dei loro alleati, che ha portato nel passato allo sterminio. Gli Europei devono saperla riconoscere, conoscere la loro stessa storia ricordandola con vergogna,e rinnegare gli stereotipi. 

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