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Il Giornale Rassegna Stampa
27.06.2021 La minaccia cinese sui diritti
Commento di Roberto Fabbri

Testata: Il Giornale
Data: 27 giugno 2021
Pagina: 16
Autore: Roberto Fabbri
Titolo: «II libretto ora è bianco, la Cina sui diritti umani pretende di dare lezioni»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 27/06/2021, a pag.16, con il titolo "II libretto ora è bianco, la Cina sui diritti umani pretende di dare lezioni", l'analisi di Roberto Fabbri.

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Roberto Fabbri

Il nuovo dittatore cinese, Xi Jinping – Orizzonti Politici –

Ma chi l'ha detto che il comunismo è morto? L'Unione Sovietica e il suo impero europeo sono scomparsi ormai da trent'anni, ma in Cina - per la gioia e l'ammirazione di tanti credenti nell'ideologia di Marx e Lenin, anche in Italia - il regime è non solo vivo e vegeto, ma in grado di porre la sua sfida all'Occidente. Certo, nei cent'anni trascorsi dalla fondazione del Pc cinese, molte cose sono cambiate: non c'è più Mao Zedong con la sua sobria giacchetta con il colletto alto identica a quella di tutti i militanti del Partito, non c'è più il suo sacro Libretto Rosso che esorta alla violenza rivoluzionaria. Oggi c'è piuttosto un Libro Bianco, appena pubblicato dallo stesso Partito, che ci racconta in toni pacati la sua idea di diritti umani. Avete capito bene. Diritti umani, in Cina.

Apple Daily: Hong Kong sends 500 officers in pro-democracy paper raid - BBC  News
Ryan Law, direttore dell'ultimo giornale libero di Hong Kong

Negli stessi giorni in cui a Hong Kong chiude i battenti l'ultimo giornale di opposizione e vengono proibite con la forza le manifestazioni «anti patriottiche» (cioè non comuniste), mentre si calcola che oltre un milione di musulmani del Xinjiang siano chiusi nei lager per «terrorismo», mentre tutta la Cina è sottoposta a uno Stato di polizia ferreo che impedisce il diritto di parola a chi solo pensa di proporre un'alternativa al regime a partito unico, Pechino pubblica un libro bianco di 18 pagine per raccontare al mondo la sua incredibile «verità»: i veri diritti umani sono quelli che il partito comunista assicura ai cinesi, mentre quelli universali altro non sono che ipocrita copertura della repressione dei diritti dei più deboli. Il governo cinese, insomma, non si limita a rintuzzare le pretese occidentali di libertà politiche e civili per i suoi cittadini, ma pretende apertamente di esportare la sua visione di diritti umani, perfettamente coerente con il marxismo-leninismo resuscitato, in versione aggiornata, da Xi Jinping. Nel libro bianco si legge che godere di diritti umani significa veder soddisfatte le aspettative sociali ed economiche: un diritto collettivo all'uguaglianza e al benessere materiale che mette in secondo piano (nella realtà: annulla completamente) quelli individuali e politici. I fortunati cittadini cinesi, secondo il documento ufficiale, hanno il privilegio di essere l'oggetto delle cure assidue dei funzionari del partito, e il dovere patriottico di sostenere le politiche che essi «propongono». Obiettivo di lungo termine (viene indicato il 2049, centenario della fondazione della Repubblica Popolare) dello Stato comunista cinese è quello di creare una società sempre più «prospera, forte, democratica, culturalmente avanzata e armoniosa», in grado di estendere al resto del mondo il suo «contributo alla protezione dei diritti umani, permettendogli di svilupparsi meglio». Insomma, diritti «alla cinese» per tutti. Un lampante esempio di questi diritti è stato offerto l'altra sera dalla Cgtn, la televisione internazionale cinese. In uno studio con luci soffuse, un distinto conduttore chiedeva in ottimo inglese ai suoi ospiti - due professori universitari cinesi, come lui azzimati e incravattati - di dialogare sul concetto di diritti umani contenuto nel Libro Bianco appena pubblicato. Il «dialogo» fluiva armonioso, senza inopportune voci discordanti: nessuno dubitava che i diritti alla cinese fossero il massimo per l'umanità intera. Il tutto sotto lo slogan del programma «Le idee contano»: solo le loro naturalmente, poiché chiunque in Cina osasse sostenerne di diverse verrebbe immediatamente arrestato. Buone maniere in studio, manganelli in strada. Così funziona la propaganda del Paese il cui ambasciatore a Roma riceve rispettose visite da parte di esponenti di forze politiche italiane proprio mentre il nostro premier coordina con gli alleati le reazioni all'invadenza dei regimi autocratici.

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