Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Testata: Il Foglio Data: 29 aprile 2025 Pagina: 3 Autore: Editoriale Titolo: «Israele non è solo»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/04/2024, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Israele non è solo".
Israele aveva scelto di non inviare rappresentanti di alto livello al funerale di Papa Francesco, segnalando un distacco diplomatico evidente. Il rapporto con il Pontefice non è mai stato semplice. Israele sembra voler ribadire la propria autonomia: è nei momenti di bisogno che si riconoscono i veri amici di Israele
Da Israele né il presidente Herzog, né il premier Netanyahu, né i ministri sono partiti per presenziare al funerale di Papa Francesco e per quanto fosse presente l’ambasciatore presso la Santa Sede, Yaron Sideman, l’assenza dello stato ebraico, dopo il pasticcio delle condoglianze, si è notata. Come ha mostrato la serie di incontri nati attorno alle esequie, il funerale non è soltanto l’occasione per ricordare il Pontefice: chi conta c’è. Anche chi non conta c’è, e c’è proprio per far vedere al mondo che ha un posto tra gli uomini che fanno la storia. Il rapporto fra Israele e il Papa non è stato semplice, il Pontefice non ha mai sostenuto lo stato ebraico neppure nei suoi momenti più duri, ha avuto un approccio di parte. Le famiglie degli ostaggi avevano molto apprezzato il giorno in cui erano state ricevute in Vaticano. Lo scorso anno, poco prima dell’attacco di aprile da parte della Repubblica islamica dell’Iran contro Israele, l’Economist pubblicò un numero con una copertina quanto mai poco visionaria: la bandiera dello stato ebraico sola nel mezzo delle sabbie del deserto. Il titolo era: Israel alone, Israele è solo. Poco dopo, la risposta all’attacco iraniano dimostrò che invece gli alleati pronti a difendere Israele erano forti e uniti. Capita di sbagliare copertina, ma oggi sembra quasi che sia Israele a voler gridare: siamo soli e stiamo bene così. Israele è accerchiato, combatte una guerra su sette fronti, le minacce come Hezbollah in Libano sono ridotte, ma deve badare che non recuperino la loro forza. Hamas continua a organizzarsi nella Striscia di Gaza. Gli houthi mandano missili, in Siria c’è un regime ancora sconosciuto. E soprattutto gli Stati Uniti sono ansiosi di firmare un accordo sul nucleare iraniano con Teheran a qualsiasi costo. Anziché chiudersi, Israele deve cercare appigli, soprattutto con chi combatte guerre esistenziali come la sua, come l’Ucraina. La collaborazione segreta è vitale, ma a volte anche la diplomazia fa la differenza.
Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante