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Il Foglio Rassegna Stampa
11.11.2023 Il giornalismo 'indipendente' che fa il gioco di Hamas
Analisi di Claudio Cerasa

Testata: Il Foglio
Data: 11 novembre 2023
Pagina: 1
Autore: Claudio Cerasa
Titolo: «Il giornalismo 'indipendente' che fa il gioco di Hamas»
Riprendiamo da Il Foglio di oggi 11/11/2023, pag. 1 dal titolo "Il giornalismo 'indipendente' che fa il gioco di Hamas", l'analisi di Claudio Cerasa

Claudio Cerasa
Claudio Cerasa

Ispettori nelle scuole dove si è inneggiato ad Hamas - Notizie - Ansa.it



Giornalisti complici: ma in che senso? L’organizzazione non governativa israeliana HonestReporting, due giorni fa, ha diffuso una notizia che ha suscitato una certa curiosità nelle redazioni di tutto il mondo. Secondo HonestReporting, il 7 ottobre i terroristi di Hamas non sono stati gli unici a documentare, con le loro telecamere, i crimini di guerra commessi nel sud di Israele, in quanto alcune di quelle atrocità sono state documentate da alcuni fotoreporter con base a Gaza, la cui presenza mattutina nell’area di confine violata, scrive la ong, “solleva serie questioni etiche” e spinge a porsi una serie di domande. Per esempio. I fotoreporter convocati sul campo che informazioni avevano avuto? I fotoreporter si sono mossi coordinandosi con Hamas? E’ verosimile pensare che i fotoreporter convocati la sera prima dello sterminio degli ebrei fossero convinti che l’operazione segnalata da documentare fosse una raccolta di margherite in un kibbutz di Israele? A giudicare dalle immagini del linciaggio, del rapimento e dell’assalto al kibbutz israeliano, scrive la ong, sembra che il 7 ottobre il confine sia stato violato non solo fisicamente, ma anche giornalisticamente. La vicenda dei fotoreporter andrà naturalmente approfondita, studiata e verificata. Ma nell’attesa di capire qualcosa di più su questa storia si può tentare di mettere a fuoco un tema speculare, che riguarda un’altra forma di giornalismo che senza aver neppure bisogno di lavorare embedded con i terroristi ha scelto di raccontare la guerra in medio oriente utilizzando un’inquadratura non troppo diversa da quella che utilizzerebbe Hamas per raccontare la sua “resistenza” contro Israele. In attesa di saperne di più dei fotoreporter convinti certamente di essere stati convocati da Hamas il 7 ottobre per documentare una manifestazione pacifica di fronte al kibbutz di Kfar Aza, è sufficiente collegarsi con una qualsiasi trasmissione tv, in Italia e fuori dall’Italia, per rendersi conto di un fenomeno crescente: il tentativo quotidiano, da parte dell’informazione libera, indipendente e a schiena dritta, di trasformare Israele nell’aggressore, non più nell’aggredito, cancellando progressivamente il 7 ottobre e facendo di ogni programma televisivo, tranne rare eccezioni, un processo a senso unico contro chi un mese fa ha subìto rastrellamenti simili a quelli che l’umanità ha visto durante la stagione della Germania nazista. Il giornalismo complice della propaganda di Hamas è quello che usa con cautela la parola “terroristi”. E’ quello che usa a sproposito la parola “proporzionalità”. E’ quello che usa le dichiarazioni di Hamas come fonti ufficiali. E’ quello che accusa Israele di genocidio, di pulizia etnica, dimenticando che differenza c’è fra una tragedia e un genocidio, dimenticando chi è che in questa guerra usa i civili come scudi umani, dimenticando di ricordare che le vittime sono tutte uguali ma la mano di chi spara no e dimenticando di ricordare che i vigliacchi di Hamas non hanno aggredito soldati nelle caserme ma hanno ucciso donne, bambini, neonati, sopravvissuti alla Shoah, bruciando vive intere famiglie, cavando gli occhi a padri, tagliando i seni a madri, mutilando volontariamente bambini di 6-8 anni prima di ucciderli. Giovedì pomeriggio, 750 giornalisti americani hanno firmato una lettera aperta per criticare la copertura della guerra da parte dei media occidentali, per invitare i colleghi a usare “termini precisi ben definiti dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani”, come l’Onu, tra cui “apartheid”, “pulizia etnica” e “genocidio”. Nelle stesse ore in cui l’appello veniva pubblicato, il Washington Post ha scelto di rimuovere una vignetta, disegnata da un premio Pulitzer, che raffigurava un leader di Hamas mentre usa civili come scudi umani, in quanto “troppo razzista”. Il cerchio si chiude. Il popolo aggredito diventa il popolo aggressore, il 7 ottobre è cancellato e l’unico giornalismo indipendente è quello che demonizza Israele e il suo diritto all’autodifesa. Da Hamas24News è tutto, a voi studio.

lettere@ilfoglio.it

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