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Il Foglio Rassegna Stampa
31.10.2023 Caccia all’ebreo mai più
Commento di Claudio Cerasa

Testata: Il Foglio
Data: 31 ottobre 2023
Pagina: 1
Autore: Claudio Cerasa
Titolo: «La caccia all’ebreo è l’essenza della intifada globale. Come smascherare (da sinistra) i grandi minimizzatori»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/10/2023, a pag. 1, con il titolo 'La caccia all’ebreo è l’essenza della intifada globale. Come smascherare (da sinistra) i grandi minimizzatori' l'editoriale del direttore Claudio Cerasa.

ClaudioCerasa
Claudio Cerasa

Siamo tutti israeliani, siamo tutti palestinesi: noi pacifisti siamo pochi  ma testardi, e non molliamo - L'Unità
"Pacifisti" per Hamas

La questione è sempre la stessa: come si fa a dire mai più? Yascha Mounk è un importante studioso della crisi della democrazia liberale. E’ professore di Practice of International Affairs alla Johns Hopkins University, è editorialista dell’Atlantic, scrive per il New York Times, è senior fellow del German Marshall Fund e due giorni fa ha offerto uno spunto di riflessione prezioso per provare a orientarci nelle ore difficili del conflitto in medio oriente. Mounk ha detto, a ragione, che non sono tutti antisemiti coloro che in queste ore criticano il governo israeliano. Che non sono tutti antisemiti coloro che in queste ore provano a collocare il conflitto tra Israele e Hamas all’interno di un contesto storico più ampio. Che non sono tutti antisemiti coloro che in queste ore piangono per la morte dei civili palestinesi. Ma poi, fatta la premessa corretta, aggiunge un elemento in più: “Se però tu descrivi il massacro di 1.400 civili come ‘azione militare’ o invochi un cessate il fuoco senza menzionare i bambini che sono ancora nelle grinfie di un’organizzazione terroristica, la gente si chiederà giustamente perché sembra che non te ne freghi niente della vita di ebrei innocenti”. Yascha Mounk, da una posizione non convenzionale, coglie un punto importante. Lo coglie nelle ore successive al pogrom registrato all’aeroporto di Makhachkala, capitale della repubblica russa a maggioranza musulmana del Daghestan, dove un gruppo di manifestanti ha preso d’assalto la pista e il terminal, dopo l’annuncio dell’atterraggio di un aereo proveniente da Israele. E lo coglie nelle stesse ore in cui la comunità internazionale dibatte ancora intorno alla risoluzione delle Nazioni Unite, non vincolante, con cui si è chiesto un cessato il fuoco a Gaza. Mounk non lo dice così esplicitamente ma il suo ragionamento è chiaro. Un cessate il fuoco, oggi, non è un gesto umanitario. Vìola il legittimo diritto di Israele all’autodifesa previsto dalla Carta delle Nazioni Unite e il suo chiaro dovere di proteggere i cittadini da un nemico genocida. Lascia intatta la vasta infrastruttura terroristica creata da Hamas negli ultimi 17 anni, comprese 300 miglia di tunnel e un potente schieramento di razzi e altre armi. E non offre elementi ulteriori per rispondere a una domanda dolorosa e drammatica: chi chiede un cessate il fuoco può spiegare in che modo alternativo si può disarmare Hamas, un modo diverso dal rimuoverlo dal potere e restituire gli ostaggi ancora a Gaza? Il Telegraph, due giorni fa, si è chiesto a quale altro paese verrebbe negato il diritto di affrontare coloro che hanno ucciso così tanti suoi cittadini e come sia possibile immaginare il modo in cui Israele possa distruggere gli islamisti se non è in grado di intraprendere un’azione militare contro di loro. Il punto è sempre quello: come si fa a dire mai più? Se lo chiede Mounk, ovviamente, e se lo chiedono anche gli ebrei che in giro per il mondo stanno vivendo sulla propria pelle cosa significhi l’internazionalizzazione dell’intifada. L’ambasciatrice Deborah Lipstadt, inviata speciale degli Stati Uniti per monitorare e combattere l’antisemitismo (Seas), ieri ha detto che forze dell’ordine e gruppi di comunità di tutti i continenti – dall’Europa al Nord America, dall’Australia al Sudafrica – hanno segnalato un allarmante aumento del comportamento antisemita. Un rapporto pubblicato venerdì, di cui ha dato conto ieri il Jerusalem Post, ha svelato “una tendenza profondamente preoccupante” dell’antisemitismo nei campus universitari di tutti gli Stati Uniti: 45 episodi di antisemitismo segnalati si sono verificati nei campus in soli tre giorni, su un totale di 134 casi documentati nelle ultime due settimane. Tra gli incidenti più inquietanti segnalati c’è quello avvenuto alla Cornell University, dove un docente classificato come “antisemita”, ha descritto il massacro di Hamas durante la celebrazione di Simchat Torah negli insediamenti del Negev occidentale come un “evento emozionante”. Nel frattempo, alla UC Davis in California, un docente si è rivolto ai social media per incitare alla violenza contro gli studenti ebrei. All’Università del Michigan, quasi mille docenti e membri dello staff hanno firmato un documento che dà la colpa a Israele delle atrocità commesse dall’organizzazione terroristica Hamas. Nel Regno Unito, ha scritto il Telegraph, gli attacchi antisemiti a ottobre sono aumentati di un terrificante 1.350 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nei giorni successivi alle atrocità del 7 ottobre, secondo il Community Security Trust, si sono verificate 24 aggressioni, 35 casi di danneggiamento e profanazione di proprietà ebraiche, 64 minacce dirette, 475 casi di comportamenti abusivi, compresi abusi verbali, messaggi di incitamento all’odio e abusi online. Secondo la Comunità ebraica di Vienna, dal 7 al 19 ottobre si sono verificati 76 episodi di antisemitismo, con un aumento del 300 per cento. Secondo Rias, la ong che registra gli incidenti antisemiti in Germania, dal 7 al 15 ottobre si è verificato un aumento del 240 per cento degli incidenti antisemiti, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Negli Stati Uniti, l’Anti Defamation League afferma di aver monitorato un totale di 193 episodi di antisemitismo in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre, con un aumento del 338 per cento di episodi legati all’antisemitismo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (7-23 ottobre). Un sondaggio nazionale pubblicato la scorsa settimana dall’Università di Chicago ha rilevato che circa 10 milioni di adulti americani detengono ciò che viene descritto come un elevato livello di antisemitismo e di sostegno alla violenza politica – un numero che, si sottolinea, è “superiore al numero totale degli ebrei negli Stati Uniti”. In Francia, ha scritto Politico, sono stati registrati più incidenti antisemiti nelle ultime tre settimane che nell’ultimo anno: sono stati denunciati 501 reati che vanno dagli abusi verbali e scritti sui muri alle minacce di morte e alle aggressioni fisiche. Dopo gli attacchi, il ministro dell’Interno ha dispiegato ulteriori poliziotti e soldati davanti alle scuole ebraiche, nei luoghi di culto e nei centri comunitari. Di fronte alla tragedia di Gaza, gli appelli per il cessate il fuoco sono comprensibili. Ma sono appelli che scelgono di aggirare il problema rifiutandosi di rispondere a una domanda chiave: come si fa a dire mai più? Come si fa a non capire che il martirio promosso da Hamas non è contro Israele ma è contro il popolo ebraico? E come si fa a non capire che se la comunità internazionale fosse davvero a favore del diritto internazionale le manifestazioni per la pace dovrebbe organizzarle sotto le ambasciate dei regimi islamisti che riforniscono di armi i terroristi di Hamas? La tragedia di Gaza è sotto gli occhi di tutti. Ma rimuovere Hamas resta l’unico modo per provare a salvare i civili israeliani, i civili palestinesi e gli ebrei di tutto il mondo dalla furia omicida di un gruppo di terroristi che combatte non per avere due popoli e due stati ma per averne solo uno e spazzarne via un altro. Caccia all’ebreo: mai più.

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